De Rosis: Gamification per dar voce ai bimbi in ospedale

Sabina De Rosis Fortune
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Emoji, immagini colorate e fumettose e un’app per una sorta di ‘caccia al tesoro’ digitale aiuteranno bambini e adolescenti a raccontare la loro esperienza in ospedale. Dando una voce (forte e chiara) a chi oggi non ce l’ha. Con l’obiettivo di migliorare in concreto il servizio sanitario e l’esperienza dei giovanissimi con problemi di salute.

A raccontare a Fortune Italia il progetto VoICEs (Value of including the children experience for improving their rights during hospitalization) è Sabina De Rosis, ricercatrice in Economia aziendale presso il Laboratorio di Management e Sanità della Scuola Sant’Anna di Pisa. Il progetto, che testa strumenti innovativi e tecnologie, è stato cofinanziato dalla Commissione europea nel programma Rights, Equality and Citizenship 2014-2020, ed è attualmente in corso.

De Rosis, nata a Taranto nel 1982, ha studiato Comunicazione d’impresa e marketing alla Lumsa di Roma e ha poi ottenuto un dottorato in Management alla Sant’Anna di Pisa. Proprio la sua formazione umanistica, racconta, l’ha portata a “capire l’importanza del punto di vista di chi vive un’esperienza direttamente. La possibilità di apprendere in prima persona ne fa, in pratica un esperto, che si tratti di un servizio o di una condizione. E proprio questo è stato al centro dei miei studi, insieme a temi come la responsabilità sociale d’impresa, o la gestione delle buone pratiche. Poi c’è un altro aspetto, più personale: sono nata e cresciuta nella provincia di Taranto, città con una storia particolare, anche a livello ambientale. Così mi sono interessata al processo di partecipazione in relazione alle decisioni pubbliche e alla sanità, e in particolare a quella dei gruppi di cui è più difficile raccogliere feedback”. Come i bambini o i soggetti fragili.

VoICEs nasce durante la pandemia. “Io e la collega Manila Bonciani, che oggi lavora presso il Meyer di Firenze, lo abbiamo concepito dopo un’esperienza con l’Osservatorio pazienti di Toscana e Veneto. Il fatto è che quando chiediamo a un paziente pediatrico di raccontarci la sua esperienza, a rispondere sono quasi sempre i genitori. C’era un gap nel modo in cui cerchiamo di raccogliere le indicazioni di bambini e adolescenti. Questo progetto – spiega De Rosis – nasce proprio per sviluppare uno strumento valido a livello internazionale, che consenta a bambini e adolescenti di fornire il loro punto di vista su un’esperienza delicata come il ricovero, attraverso modalità adeguate alla loro età e alle loro preferenze. Puntiamo a strumenti flessibili e adattabili: se i più piccoli hanno bisogno a un aspetto giocoso, gli adolescenti chiedono qualcosa di più snello”.

Umanizzazione, tecnologia e tanta ricerca. “Abbiamo iniziato a coinvolgere bambini, genitori, pediatri, psicologi e ricercatori per capire quale potesse essere lo strumento più adatto. Puntavamo, inoltre, ad avere strumenti efficaci e realmente utilizzabili, anche in continuo, per averli a disposizione in momenti di crisi come, ad esempio, i mesi più duri della pandemia. Non solo: l’obiettivo è anche quello di ricavare dati confrontabili fra le strutture e i sistemi sanitari”. Perché ormai lo sappiamo bene, se non c’è confronto, i dati restano ‘lettera morta’.

Il progetto VoICEs , scritto nel 2020, ha vinto un grant della Commissione europea ed è partito di fatto un anno fa. “Abbiamo coinvolto direttamente genitori e bambini di varie età e varie condizioni cliniche, nonostante la pandemia”. Da settembre partirà un questionario nei 4 ospedali coinvolti – Helsinki, Riga, Rotterdam e Firenze – in cui si usano a seconda dell’età immagini, scenette, video o emoji che permettono al bambino di comprendere facilmente la domanda e di rispondere.

“Nel frattempo, abbiamo iniziato a lavorare allo strumento innovativo, che stiamo studiando con bambini e adolescenti, ma anche con gli psicologi, per evitare qualsiasi influenza sulle risposte. Sarà un’applicazione – anticipa De Rosis – con meccanismi di gamification, come fumetti per bimbi piccoli, e realtà aumentata per preadolescenti, con incentivi per spingerli a finire il questionario e magari a fare gruppo”.

“Proporremo un gioco con personaggi colorati per i bimbi, mentre i più grandicelli potranno guardare attraverso la realtà aumenta all’interno dell’ospedale, sfidandosi in una caccia al tesoro virtuale in reparto, in cui ogni oggetto scoperto dà accesso alle varie domande. Il punteggio finale – spiega la ricercatrice – deriverà dal tempo di raccolta degli oggetti e da quello di risposta (che non deve essere troppo breve). Alla fine, potrà esserci una classifica confrontabile con quella di altri reparti e altri ospedali”. E i piccoli pazienti si saranno distratti e (si spera) anche divertiti, mentre aiuteranno gli operatori a capire come intervenire per migliorare l’esperienza in ospedale.

E i teenager? Qui le cose cambiano. “Nel caso degli adolescenti abbiamo visto che preferiscono qualcosa di snello, pulito, veloce, senza fronzoli”, conclude De Rosis. Qualcosa di rapido e immediato, come le chat che usano nella vita di tutti i giorni. Che possono diventare uno strumento per rendere meno dura l’esperienza della malattia. VoICEs , infatti, punta a dar voce ai giovanissimi pazienti, ma soprattutto parte dal loro ascolto.

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