Farmaci troppo cari in Italia, turisti francesi invitati a portarli da casa

Acquisto di farmaci in farmacia
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Chi non ha mai letto, spesso abbozzando un sorriso, i vademecum per turisti stranieri in Italia preparati in altri Paesi? Cosa visitare, cosa mangiare, come interpretare il linguaggio non verbale ma, soprattutto, quali quartieri evitare e quali numeri utili chiamare in caso d’emergenza. Di guide per vacanzieri, più o meno consone alla reale situazione del Bel Paese, ne esistono davvero tante. Ma non c’eravamo mai ancora imbattuti in un compendio di farmaci tanto minuzioso quanto fruibile (perché corredato di tabella con prezzi comparati) per costruirsi un’avveduta “farmacia ambulante” prima di giungere nella Penisola.

A prepararne uno, quest’estate, sono stati i cugini francesi, evidenziando che “con i prezzi elevati di certi medicinali italiani, partire preparati diventa indispensabile”.

L’invito a dotarsi di una trousse à pharmacie ben fornita prima di attraversare le Alpi è stato pubblicato non a caso in agosto da Lepetitjournal.com, testata di riferimento per la nutrita comunità francese di espatriati nel mondo, in Italia con corrispondenti a Torino, Milano e Roma.

Scopriamo così che la preparazione dei farmaci da mettere in valigia “è una tappa fondamentale” sia per i francesi che intendono traslocare nel Bel Paese, che per quelli che lo scelgono solo per le ferie. La ragione è presto detta: se il costo dei medicinali rimborsati dal nostro Sistema sanitario è mediamente inferiore a quello delle medicine mutuabili nei principali paesi Ue, sui farmaci da banco i prezzi sarebbero molto meno vantaggiosi, tanto da giustificare la necessità di farne la scorta a casa propria.

“Le farmacie italiane – si legge – applicano prezzi più elevati che in Francia sui farmaci da banco e questo scarto si è ulteriormente allargato dall’inizio della pandemia”. Secondo il giornale, alcune grandi aziende farmaceutiche francesi come Sanofi, avrebbero già corretto i loro stock al rialzo e aumentato la produzione destinata al mercato interno per riuscire a rispondere all’aumentata domanda di generici come paracetamolo, ibuprofene, prodotti disinfettanti idroalcolici, antiacidi e antidolorifici (come Maalox e Voltaren).

Ma è giustificabile questa corsa alla scorta di farmaci? La risposta di Federfarma, che di fatto ha bollato le raccomandazioni del giornale come “clamorosamente esagerate”, non si è fatta attendere. “La mini-inchiesta della testata francese – sostiene a Fortune Italia il segretario generale Roberto Tobia – da una parte, è basata su un campione di farmacie geograficamente e quantitativamente limitato”, dall’altra “non prende in considerazione l’ampia offerta italiana di farmaci da banco equivalenti e a prezzi assolutamente più accessibili”.

Sul fronte del farmaco equivalente le farmacie italiane, afferma Tobia, vantano un’offerta addirittura superiore a quella delle farmacie d’Oltralpe, inoltre il nostro Paese, come confermano le ricerche, applica prezzi più bassi di quelli registrati in media nei Paesi europei per i farmaci prescritti dal nostro Ssn, che includono anche medicine per trattare patologie importanti che altrove sono molto costose e spesso non prescrivibili.

Vale la pena ricordare che non è la prima volta che Italia e Francia si confrontano in tema di “carofarmaci”, un problema che diventa particolarmente delicato nel caso di due Paesi europei limitrofi e con economie simili. Divaricazioni importanti di prezzi nel settore farmaceutico, un mercato liberalizzato da tempo, infatti, non fanno che alimentare il ben noto fenomeno del parallel trade, la pratica (legittima per il diritto europeo) di acquistare farmaci in Paesi europei dove costano di meno per rivenderli in quelli dove costano di più, un trading che può anche determinare carenza di medicinali e quindi rischi alla salute per i pazienti di un determinato Paese.

La testata francese pubblica, a margine dell’articolo, una tabella comparata dei prezzi medi applicati Oltralpe per le stesse identiche medicine, basata sulla media dei prezzi da scaffale registrati in cinque farmacie milanesi, dove peraltro – ricorda Federfarma – i prezzi in generale sono più alti perché il costo della vita in generale al Nord è mediamente più alto che al Sud. E’ evidente quindi che se la tabella si fosse basata su prezzi medi nazionali (e non circoscritti a Milano) i risultati sarebbero stati diversi.

Ciò nonostante, gli scarti rilevati non possono che far riflettere ma su un problema ancora più spinoso: quanto sia giusto trattare i farmaci come “merci” e non come “beni essenziali” alla salute dei cittadini, da tutelare nell’interesse pubblico. Per fortuna, la riflessione recentemente avviata dalla Commissione europea in materia si sta dirigendo in quest’ultima direzione.

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