Anelli (Ordini Medici): La sanità non sia bancomat della politica

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Una crisi che non riguarda certo le ‘vocazioni’. Sono stati ben 65.378 quest’anno gli iscritti ai test per Medicina, a fronte di 14.740 posti (1.330 per Odontoiatria). Solo uno su quattro ce la farà. Potrebbe essere l’ultima volta? In queste settimane di campagna elettorale, infatti, non pochi esponenti politici hanno rilanciato l’idea di abolire l’odiato numero chiuso. Una soluzione possibile, per una professione che fronteggia ormai da anni una drammatica carenza di specialisti? Fortune Italia lo ha chiesto a Filippo Anelli, Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo).

“Da una parte – afferma – c’è una forte insofferenza nei confronti dei test per l’accesso a Medicina, che spesso sono poco comprensibili e riguardano lo scibile umano. La soluzione più semplice sarebbe quella di toglierli, far iscrivere tutti al primo anno e poi far proseguire i migliori. Non credo però che questa soluzione sia davvero attenta alle esigenze dei ragazzi e del sistema sanitario. Piuttosto, occorre rivedere le modalità di accesso a Medicina e istituire un percorso che, a partire dagli ultimi anni delle superiori, aiuti a comprendere la propria vocazione e a prepararsi: il test non sarebbe più vago e sullo scibile umano, ma più mirato”.

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Insomma, non occorre abolire la programmazione, ma perfezionarla e rendere la preparazione più mirata. “Lo diciamo sulla scorta dell’esperienza fatta all’interno dei licei a curvatura biomedica: a partire dal terzo anno di classico e scientifico vengono introdotte, in collaborazione con gli Ordini dei Medici, lezioni teoriche e pratiche aggiuntive, frequentate su base volontaria, che preparano a diventare medici. Un meccanismo – testimonia Anelli – che ha avuto un riscontro positivo non solo da parte dei ragazzi, ma anche di insegnanti e famiglie. Consente di mettere alla prova la propria vocazione e, tra l’altro, aiuta anche a  superare al meglio i test di ingresso tradizionali”.

Le proposte di abolire il numero chiuso lasciano invece perplesso Anelli. Quella che è mancata, negli anni, è stata una corretta programmazione. Iniziamo col dire che oggi non sono i medici a mancare, ma gli specialisti. Per anni infatti avevamo molti più laureati rispetto ai posti nelle Scuole di specializzazione e al Corso di formazione in Medicina generale. Così almeno 3.000 medici lanno rimanevano ‘in panchina’, intrappolati in quello che abbiamo definito ‘imbuto formativo’”. Col passare del tempo, questi medici dalle vite sospese erano arrivati a 18mila. E molti erano andati all’estero.

Un problema al quale si è cercata una soluzione. Negli ultimi 3 anni sono state finanziate 30mila borse di studio, e ora il Governo ne ha messe a disposizione 12mila lanno. “Questo vuol dire che in 5 anni avremo 30mila colleghi già specializzati più altri 60mila che staranno per specializzarsi. E che, tra 6-8 anni, avremo la disponibilità di ben 90mila specialisti”. Tutto risolto, dunque? Ora più che mai – puntualizza Anelli –  serve una programmazione nuova: il rischio, superata la fase della carenza di specialisti dovuta ai pensionamenti e agli abbandoni volontari, è quello di passare dallimbuto formativo a quello lavorativo, ritrovandoci con una pletora di specialisti”.

Oggi c’è anche il paradosso dei giovani medici specializzati che emigrano all’estero, dove vengono pagati di più. “Ricordiamo che formare uno specialista costa circa 150mila euro: diventeremo il ‘granaio’ d’Europa per quanto riguarda i medici specialisti”, prevede Anelli. Oggi più che mai, dunque, dobbiamo curare la programmazione: i posti letto devono aumentare, il rapporto fra posti letto e medici deve essere definito con uno standard e occorre formare un numero corretto di specialisti. La soluzione è semplice: prevedere, per legge, che a ogni laurea in medicina corrisponda una borsa per le specializzazioni o per la medicina generale, considerando il percorso formativo dallimmatricolazione alla specializzazione e calcolando, di conseguenza, gli accessi”.

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Ecco allora il messaggio del Presidente dei medici italiani alla politica: “La sanità non può più essere un bancomat, e una corretta programmazione significa anche aumentare i posti letto e ricalibrare il numero di specialisti e di professionisti sanitari per paziente. Solo così potremo davvero incidere in termini di qualità di assistenza”. E dar vita a un Sistema Sanitario Nazionale davvero resiliente.

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