L’odio corre sul web per ‘colpa’ del clima

odio via web
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Dimmi se fa freddo o fa caldo. E ti dirò cosa puoi aspettarti nelle discussioni sul web. O almeno, se avrai la possibilità di incontrare polemiche virtuali al vetriolo o utenti che, proprio sulla base del clima, tenderanno ad essere più o meno pronti a scatenare campagne di attacco e odio nei confronti di altri utenti. Infatti pare proprio che la realtà termica ambientale possa davvero diventare una sorta di fattore di rischio per gli attacchi via web.

E non pensate solamente al grande freddo. Sia se il clima si fa eccessivamente rigido sia se, come accaduto quest’estate, si ripetono le ondate di caldo estremo, si possono avere ripercussioni non solo sul fisico ma anche sulla psiche. E di conseguenza, atteggiamenti più violenti e fortemente polarizzati nella presenza sul web.

Volete conoscere le condizioni ideali per il “benessere” psicologico sui social? Quanto più la temperatura ambientale si discosta da una sorta di zona di confort, più o meno tra i 12 e i 21 gradi, tanto maggiore è il rischio che sui social ci si avvii a vere e proprie liti virtuali con contumelie inopportune ed attacchi personali. 

Insomma, anche la meteorologia e il clima giocherebbero un ruolo nel favorire tweet di odio e comunque post non proprio ragionevoli. La prova viene da una ricerca apparsa su Lancet Planetary Health (prima autrice Annika Stechemesser). A segnalare questo curioso rapporto che approfondisce lo sguardo su una possibile conseguenza del mutamento climatico nei rapporti interpersonali mediati dai social e sul tessuto sociale è infatti un’analisi di miliardi di tweet effettuata dagli studiosi del PIK (Potsdam Institute for Climate Impact Research), sfruttando uno speciale algoritmo di intelligenza artificiale che ha correlato il tono degli stessi tweet con i dati derivati dalle stazioni meteorologiche nell’area.

Cosa emerge? Semplice. Negli Usa se si sale sopra i 21 gradi centigradi o i scende sotto i 12 cresce la tendenza all’aggressività dei leoni da tastiera. Ma non basta. Gli studiosi hanno anche valutato la componente sociale di questa sorta di tendenza ad incitare verso atteggiamenti non proprio amichevoli. E si sono accorti che il clima può facilitare un potenziale conflitto nella sfera digitale, con implicazioni sia in termini di popolazione, con potenziali difficoltà nella coesione sociale, sia per il benessere psicologico del singolo. 

Per giungere a questa conclusione gli esperti hanno analizzato più di quattro miliardi di tweet a partenza dagli Usa, selezionando quelli che in qualche modo riportavano messaggi aggressivi e carichi di odio. Dall’indagine, guidata da algoritmi di intelligenza artificiale, sono addirittura giunti ad osservare un un comportamento online più aggressivo quando fuori fa troppo freddo o troppo caldo.

In particolare, il minor numero di tweet caratterizzati da contenuti aggressivi e carichi di odio si ha quando la temperatura si aggira tra i 15 e i 18 gradi centigradi e, come detto, nella decade tra i 12 e i 21 gradi.

Ma se si scende sotto i 12 gradi o si sale ben oltre i 30, il numero dei tweet malevoli e verbalmente violenti può crescere esponenzialmente. Temperature superiori a 30 gradi appaiono costantemente legate a forti aumenti dell’odio online in tutte le zone climatiche e differenze socioeconomiche come reddito, credenze religiose o preferenze politiche. A fare la differenza quindi sarebbe soprattutto il gran caldo, con una crescita di oltre un quinto dei messaggi fortemente negativi.

La crescita è invece del 10% circa quando il termometro scende. Nel definire l’incitamento all’odio, i ricercatori sono stati guidati dalla definizione ufficiale delle Nazioni Unite. Quindi hanno evidenziato episodi di linguaggio discriminatorio con riferimento a una persona o un gruppo sulla base della religione, etnia, nazionalità, razza, colore, discendenza, genere o altro fattore di identità.

Insomma: non per tutti è semplice adattare l’organismo alle condizioni climatiche. C’è da pensare che in futuro, l’attenzione ai cambiamenti si concentri anche sulla psiche umana. In un panorama di relazioni sempre più complesse, la temperatura ambientale potrebbe diventare una variabile sociale da non sottovalutare per il benessere del singolo e la coesione sociale.

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