Melanoma metastatico, la strategia vincente (con l’immunoterapia)

Paolo Ascierto all'Esmo
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Contro un nemico come il melanoma metastatico non bastano le terapie avanzate: anche la strategia è cruciale. E’ quanto testimonia il sorprendente risultato di uno studio internazionale coordinato dall’Istituto dei tumori Pascale di Napoli, il Secombit, presentati a Parigi al recente Congresso Europeo di Oncologia Medica (Esmo) da un ‘gigante del settore’, l’oncologo Paolo Ascierto.

Trattare i pazienti prima con l’immunoterapia e poi con la target terapia, si è dimostrata la strategia migliore per guarire dal melanoma metastatico. “Lo studio Secombit – ha spiegato Paolo Ascierto, direttore del Dipartimento di Melanoma e Immunoterapia dell’Istituto dei tumori di Napoli – ha l’obiettivo di individuare la giusta sequenza di terapie nelle persone con melanoma metastatico che presentano la mutazione del gene Braf. Il trial sperimenta tre opzioni per individuare la sequenza migliore”.

Per portare avanti questo studio sono state arruolate 209 persone di 30 centri in 10 Paesi europei. Il Pascale ha coinvolto più pazienti, circa 40. Ma quali erano le strategie testate? La prima è una combinazione di terapie target per proseguire con la combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab, dopo progressione di malattia. La seconda opzione è la duplice immunoterapia per proseguire con la combinazione di target therapy dopo progressione. “Infine il cosiddetto ‘sandwitch arm’, cioè la sequenza di terapie target e della combinazione delle due immunoterapie e, solo in caso di progressione, la prosecuzione con terapie target”, ha spiegato Ascierto.

Ebbene, la seconda opzione, che prevede l’avvio con la combinazione di immunoterapie, consente di raggiungere la migliore sopravvivenza globale a 4 anni, pari al 63%, rispetto all’avvio con la terapia target (46%) o con la terza opzione (59%).

I dati preliminari indicano una sopravvivenza libera da progressione totale pari al 55% iniziando con la combinazione di nivolumab e ipilimumab rispetto al 29% con la terapia a bersaglio molecolare e al 54% con la terza opzione. “La scelta dell’immunoterapia prima della terapia target è quindi sostenuta da questi dati”, ha aggiunto l’esperto.

Lo studio Secombit ha inoltre dimostrato per la prima volta che pazienti con un elevato Ldh, l’enzima che correla il carico di malattia, o che avevano molte metastasi, avevano anche un andamento migliore nella seconda e terza opzione terapeutica. “Nell’analisi dei biomarcatori – continua Ascierto – è stato osservato una correlazione tra TMB (tumour mutational burder) elevato, la mutazione nel gene JAK ed i bassi livelli della citochina interferone gamma con la sopravvivenza”.

Il gruppo di ricercatori di Ascierto, prima firma Domenico Mallardo, ha presentato a Parigi un altro studio su due proteine, Marco e Oas1. Lo studio è stato condotto su 23 pazienti con melanoma avanzato. Queste due proteine, che attivano il sistema immunitario, potrebbero verificare in anticipo quali pazienti rispondono all’immunoterapia. “Benché lo studio necessiti ancora di indagini, i pazienti che abbiamo arruolato – ha precisato Mallardo – hanno dimostrato cambiamenti sorprendenti nei gruppi responder e non responder, per cui siamo molto fiduciosi”.

La ricerca contro il melanoma avanzato non si ferma, ma promette approcci sempre più mirati ed efficaci e corrobora la speranza dei pazienti. Dall’Esmo emerge inoltre, ancora una volta, la leadership del Pascale e del team di giovani ricercatori guidati da Paolo Ascierto.  

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