Inquinamento, ecco come raggiungere gli obiettivi (e risparmiare 33 mld)

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Riduzione delle emissioni dei principali inquinanti atmosferici, con benefici in termini di salute (-50% di decessi rispetto al 2010) e di economia (33 miliardi di euro risparmiati rispetto allo stesso anno). Sono gli obiettivi dell’Italia entro il 2030, con le misure previste dal PNCIA, il Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico del ministero della Transizione Ecologica in linea con gli altri Paesi Ue. E i dati che emergono da uno studio Enea pubblicato sulla rivista scientifica ‘Atmosphere’ appaiono piuttosto confortanti: siamo sulla buona strada.

Nonostante i risultati ottenuti nell’affrontare alcuni fattori di rischio ambientale, l’impatto dell’inquinamento sulla mortalità in Europa rimane ancora elevato: si stima che 1 decesso su 8 sia attribuibile all’inquinamento ambientale.

Secondo l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) nel 2012 il 13% di tutti i decessi in Europa era imputabile all’ambiente. Si oscilla dal risultato migliore – il 9% di Norvegia e Islanda –  fino ai fanalini di coda dell’Albania e della Bosnia Erzegovina, rispettivamente al 23% e 27%. In numeri, si parla di 630.000 morti. Una cifra enorme. Con decessi prevenibili ed evitabili attraverso una diminuzione dei fattori di rischio.

Entro il prossimo decennio grazie alle misure previste dal Piano, il nostro Paese potrà centrare gli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti stabiliti dall’Unione europea?

Fortune Italia lo ha chiesto a Ilaria D’Elia, ricercatrice del laboratorio ENEA Inquinamento Atmosferico, che ha spiegato: l’Italia sarà in grado di ridurre le emissioni inquinanti a patto che “le azioni da intraprendere saranno di tipo strutturale e non saltuario”.

Ilaria D’Elia, ricercatrice del laboratorio ENEA Inquinamento Atmosferico

“Partiamo da un presupposto. Il Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico è un obbligo della nuova Direttiva NEC, recepita in Italia dal decreto 81/2018, che il ministero della Transizione ecologica deve predisporre proprio per ottemperare agli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride solforosa, ossidi d’azoto, particolato atmosferico, composti organici volatili e ammoniaca entro il 2030. Le azioni previste dal piano, elaborate di concerto con gli altri ministeri, prevedono un insieme di interventi dalla decarbonizzazione della produzione di energia, all’efficientamento energetico nel settore del residenziale, alla diffusione della mobilità elettrica e all’adozione di nuove pratiche nel settore agricoltura. Tali misure sono state elaborate prima dell’instabilità nazionale e internazionale in corso per cui andranno inevitabilmente aggiornate”.

Il nostro recente passato ha dimostrato che le misure per combattere le emissioni, seppur stringenti, non funzionano quando vengono applicate in maniera saltuaria e con un raggio di azione limitato. “Questo vale soprattutto per inquinanti la cui formazione chimica risulta particolarmente complessa (come ozono e particolato di origine secondaria). Ciò vuol dire una sola cosa: le misure devono necessariamente agire su più fronti, considerando settori diversi e intervenendo sull’intero sistema. Bisognerà avviare politiche integrate su aspetti e su scale spaziali differenti”.

Quali sono i fronti di cui parla l’esperta Enea? Come si evince dal report, al 2030 la riduzione delle emissioni di biossido di zolfo sarà trainata da alcuni comparti, in particolare quello marittimo (-89% rispetto ai valori del 2010) e della produzione di energia (-59%). È previsto un forte calo anche per le emissioni degli ossidi di azoto, soprattutto nel settore del trasporto su strada (-74%) e della generazione elettrica (-46%).

Sul fronte del PM 2.5, il settore che fornirà il maggiore contributo in termini di abbattimento delle emissioni di particolato ultrafine è il settore civile (-46%) che continuerà a mantenere il primato per tali emissioni al 2030.

Mentre l’ammoniaca rimarrà l’inquinante con le riduzioni più basse (-9% rispetto ai valori del 2010): un risultato ottenuto soprattutto grazie al minore impiego di fertilizzanti a base di urea nel settore agricolo e delle emissioni zootecniche.

“L’adozione di politiche e misure di qualità dell’aria potrebbe portare ad una drastica riduzione della mortalità causata da patologie sviluppate per effetto dell’inquinamento. Secondo le nostre simulazioni, entro il 2030 i decessi dovrebbero scendere a 4,43 casi ogni 10 mila abitanti rispetto ai 7,25 del 2010 e la riduzione più significativa, a livello regionale, si verificherebbe soprattutto nella Pianura Padana e nelle aree urbane di Firenze, Roma e Napoli”, ha precisato D’Elia.

L’impatto economico del Programma

Il Piano nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico avrà anche un grosso impatto dal punto di vista economico.

Lo studio di ENEA rivela come azioni di contrasto all’inquinamento atmosferico siano in grado di apportare benefici in termini di impatto sanitario. E di conseguenza, come tali azioni incidano positivamente sull’economia e sul Pil.

“Troppo spesso si parla di costo delle azioni di un programma senza valutarne adeguatamente i benefici delle azioni stesse. Seguendo un approccio e una metodologia riconosciuti in letteratura, sarà possibile monetizzare l’impatto sanitario evidenziandone i guadagni sul Pil”, ha continuato D’Elia.

Più nello specifico, Enea ha quantificato in circa 33 mld di euro il risparmio complessivo per l’Italia: pari al 2% del PIL nel 2010, anno di riferimento dello studio. A guidare la classifica c’è la Lombardia con 13,6 miliardi di euro risparmiati. Poi il Lazio (4,4 miliardi), il Veneto (3,2 miliardi) e l’Emilia-Romagna (2,9 miliardi).

Ormai da anni ENEA sviluppa modelli di previsione della qualità dell’aria a tre giorni, a scala nazionale ed europea, e scenari di qualità dell’aria a lungo termine con i quali fornisce supporto al MITE per le politiche nazionali sull’inquinamento atmosferico.

“Il lavoro, in questo caso è stato condotto con il sistema ‘MINNI’ (Modello Integrato Nazionale a supporto della Negoziazione Internazionale sui temi dell’inquinamento atmosferico)’, sviluppato dall’ENEA con le società Arianet e IIASA per conto del Ministero della Transizione Ecologica”, ha sottolineato l’esperta.

“In ‘MINNI’, la scienza dell’atmosfera è legata agli impatti delle misure di abbattimento delle emissioni sulla salute umana e sugli ecosistemi e ai relativi costi, attraverso diverse componenti indipendenti e interconnesse: il modello ‘AMS’ (Atmospheric Modeling System) e il modello ‘GAINS-Italy’ (Greenhouse Gas and Air Pollution Interactions and Synergies Model over Italy). In questo studio, MINNI è stato  implementato con simulazioni annuali ‘AMS’ complete per il caso base 2010 e alimentato dalle emissioni 2030 prodotte con il modello GAINS-Italia in due diversi scenari (2030 ‘With Measures’, corrispondente allo scenario tendenziale e 2030 ‘With Additional Measures’, lo scenario di policy), per ottenere campi di concentrazione di NO2, PM2.5 e O3 a risoluzione di 4 km, utilizzati per la successiva valutazione dell’impatto sulla salute e dei costi”.

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