Biciclette intelligenti amiche dell’ambiente

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Fa bene, muoversi in bicicletta. Al singolo e all’ambiente. Così, capita sempre più spesso di vedere persone che corrono ad appuntamenti di lavoro o di piacere spostandosi con biciclette o moto prese alle classiche stazioni di bike-sharing. Per poi depositarle, nella miglior tradizione della condivisione, nelle aree dedicate.

Ma con il diffondersi di questa buona abitudine, accade sempre più di frequente che nelle aree di sosta si debbano aspettare diversi minuti prima che giunga un mezzo a disposizione, così come può capitare che ci siano punti di recupero completamente pieni, per cui occorre attendere prima di avere a disposizione lo stallo presso cui fissare il mezzo. E’ possibile ottimizzare la distribuzione delle bici, siano esse elettriche o tradizionali, per fare in modo che questi potenziali disagi siano ridotti ai minimi termini?

E’ questa la domanda che si sono posti alcuni studiosi dell’Università Norvegese della Scienza e della Tecnologia (NTNU), nell’ottica di sviluppare modelli in grado di rispondere in modo sempre più efficace ai bisogni degli utenti. I risultati delle loro analisi, dalla parte dell’ambiente, sono stati pubblicati su European Journal of Operational Research (primo nome Marte D. Gleditsch). 

La sfida da vincere è senza dubbio complessa. Ma potrebbe rivelarsi vitale in termini di qualità dell’aria ambientale e di sviluppo urbanistico dei grandi centri dove, sia pure se con modalità e impatto diversi, la condivisione dei mezzi di trasporto non inquinanti si sta diffondendo sempre più. I

l problema reale sta nella difficoltà di fare previsioni affidabili per fare in modo che la soddisfazione del cliente sia massima e che ci siano sempre bici a disposizione dove realmente servono, piuttosto che accumularsi in aree in cui la richiesta è minima, con conseguenti tempi d’attesa e potenziale insoddisfazione del servizio.

Immaginare cosa può accadere, come ad esempio si può fare per i classici mezzi di trasporto come treni o bus, è praticamente impossibile. La casualità regna nel definire i bisogni. E allora, per favorire al massimo l’offerta e la fruibilità di questi mezzi, occorre mettere a punto modelli che siano in grado di avvicinarsi più possibile alle necessità, ricordando che gli amanti del bike sharing per definizione prendo il mezzo in un punto per lasciarlo in un altro, secondo un processo non preventivabile. 

L’ottimizzazione passerebbe, stando alla ricerca, su una sorta di modello capace di facilitare il ribilanciamento, cioè lo spostamento dei mezzi con furgoncini per rispondere alle necessità. Il tutto con un aggiornamento costante che informi i conducenti dei furgoni stessi ad “adattare” i propri spostamenti in base alle richieste dell’utenza.

Il sistema si chiama Pilot-T e diventa una sorta di algoritmo decisionale che guida, momento per momento, le scelte su dove posizionare le bici carenti ed evitare sovraffollamenti di mezzi di trasporto dove non servono, ritardando la riconsegna.

Grazie a questo modello intelligente, in fase di studio viste le innumerevoli variabili che diventano parametri per il processo, si punta a migliorare del 30% quanto si vuole ottenere dai furgoni che spostano le bici, allungando al contempo anche la vita delle biciclette stesse. L

a soluzione, in termini organizzativi, potrebbe quindi risiedere in un gemello digitale dei sistemi in studio, per valutare non nel traffico ma nei laboratori di analisi attraverso simulazione al computer l’impatto di questa nuova strategia.

Siamo solo all’inizio, ma i primi test dicono che oltre il 40% dei problemi (sia pure solo se in fase sperimentale) potrebbe essere risolto con questa strategia di studio. Così, forse, ci saranno biciclette a sufficienza dove servono e non ci saranno code per il parcheggio nello stallo ufficiale, grazie al continuo movimento sempre più intelligente dei trasportatori di velocipedi.

L’importante è superare lo scoglio dei punteggi di criticità, ovvero allo score assegnato a diverse aree di parcheggio per il bike sharing in base al numero di biciclette attualmente contenute o necessarie. Offrendo queste informazioni ai conducenti dei furgoni trasportatori, sarà più facile ottimizzare il servizio per l’utenza ed agevolarne il ricorso. 

Stiamo parlando della Norvegia, è vero. Ma questi strumenti computazionali potrebbero diventare utili anche a Milano, Roma, Firenze o Torino, solo per citare qualche esempio. La sfida è arrivare ad un modello urbanistico che agevoli questa mobilità pulita e aiuti a stare in salute.

Non dimentichiamo mai che il movimento e l’utilizzo quotidiano e regolare dei nostri muscoli, fanno parte della nostra vita, tanto che sin da quando il bambino è nell’utero, l’attività fisica della madre ha influenza positiva sul proprio figlio. E che non praticare attività fisica e condurre uno stile di vita sedentario, può portare ad alterazioni e disfunzioni metaboliche, dell’apparato cardio-circolatorio e dell’apparato muscolo-scheletrico. In pratica la cosiddetta sindrome ipocinetica.

L’esercizio moderato ha, invece, un’azione positiva anche a livello cognitivo: previene l’insorgenza dell’Alzheimer, migliora la qualità della memoria e libera endorfine con un’azione antiansia e antidepressiva. Prima di una riunione importante, insomma, una pedalata può aiutare!

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