Tecnologie e persone, Tanese racconta i suoi anni alla Asl Roma 1

Angelo Tanese
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Dopo 9 anni alla guida di una grande Asl della Capitale, Angelo Tanese si prepara al trasloco: lascia infatti la sanità per un incarico dirigenziale apicale all’interno della Presidenza del Consiglio.
Un radicale cambio di prospettiva per il manager, laureato in Economia aziendale all’Università Bocconi, che ha diretto dal 2013 la maxi-fusione tra la Asl Roma E, l’Azienda Ospedaliera San Filippo Neri e la Asl Roma A, che ha portato alla nascita della Asl Roma 1.
Un’azienda con oltre 7.500 operatori, su un territorio di circa 1.100.000 abitanti e strutture sanitarie ‘gioiello’, dal punto di vista delle cure ma anche dell’architettura (e dell’arte). Fortune Italia ha chiesto a Tanese un bilancio dell’esperienza di questi anni, con un occhio al futuro e alla luce della ‘lezione di Covid-19’.  Scoprendo un mantra (‘fare’ le cose le cose in modo sempre positivo), e una forte convinzione: “Chi resta fermo nello stesso posto, resistendo al cambiamento, prima o poi si trova nel posto sbagliato”.

In 9 anni molte cose sono cambiate alla Asl Roma 1, quali considera i risultati più importanti ottenuti, e dove invece avrebbe voluto fare di più?

Nove anni sono davvero tanti. Fui nominato Commissario dell’allora Roma E il 19 aprile 2013. Era un’altra era. Mi misi subito al lavoro con l’idea che potevamo e dovevamo ripartire con slancio per restituire forza e credibilità a un’azienda sanitaria e a un servizio sanitario che era in grande difficoltà, provato dal Piano di Rientro ma anche da un deficit di programmazione e di organizzazione che era palpabile. Sono stati anni straordinari. Nel 2017 avevamo già fuso tre aziende, passando da 2.000 a 6.000 dipendenti, risanato i conti e la gestione dei processi amministrativi affetti da tante criticità, anche gravi, messo mano ad una riorganizzazione totale di tutti i servizi, iniziato ad assumere in modo più significativo nuove leve, cambiato molti dirigenti apicali e posizioni organizzative del comparto, avviato 48 importanti progetti di innovazione contenuti nel Master Plan Aziendale.

Ci sembrava già di aver scalato una montagna. Poi è arrivato Covid e abbiamo capito che la parte difficile doveva ancora venire. Il biennio 2020-2021 resterà nella storia come la più drammatica e difficile prova che il nostro Servizio sanitario abbia mai vissuto. Da un lato il lockdown ha interrotto un piano di sviluppo avviato e obbligato e ridurre delle prestazioni, dall’altro però ci ha resi più flessibili, più digitali e pronti ad affrontare le sfide del Pnrr.
In sintesi la Asl Roma 1 è oggi un’azienda solidissima, ma sul piano dell’integrazione dei servizi e della capacità di essere sempre in grado di aiutare le persone ad orientarle e accedere ai servizi possiamo e dobbiamo ancora fare meglio.

In pandemia siete andati a cercare la popolazione fragile nelle case, quale lezione dell’esperienza pandemica è importante non perdere?

Covid ha fatto emergere alcune carenze strutturali e organizzative del nostro sistema sanitario, che hanno ovviamente avuto ripercussione soprattutto sulle persone più fragili e sole, che sono anche in costante aumento in una grande città come Roma. In questi due anni abbiamo fatto uno sforzo enorme per integrare maggiormente i nostri servizi di prevenzione con le cure primarie e con i medici di medicina generale, attraverso le centrali operative distrettuali, per contattare e gestire al meglio le persone a casa. Durante la campagna vaccinale siamo andati nei campi rom, nelle comunità straniere, oltre che nelle case, nelle scuole e nelle decine di Rsa e Case di riposo, per mettere in atto un servizio proattivo, che va verso il cittadino nei suoi luoghi di vita, che possa essere percepito vicino e affidabile. Abbiamo raggiunto migliaia di senza fissa dimora, profughi e persone senza permesso di soggiorno. E’ un modello di assistenza che dobbiamo mantenere, insieme ad una grande semplificazione nelle modalità di accesso ai servizi, sul portale Salute Lazio o con una semplice App. La lezione che Covid ci lascia è quella della necessità di ribaltamento delle logiche del passato. Non sono le persone che devono andare in cerca del servizio di cui hanno bisogno, ma il Servizio sanitario che le conosce, le guida e le raggiunge o le orienta.

Roma è una metropoli difficile, e la vostra Asl ha strutture ospedaliere antiche. Avete iniziato un’opera di ammodernamento delle tecnologie, ma continuerà?

Il piano di ricambio delle apparecchiature effettuato in questi anni è senza precedenti. Abbiamo già acquistato e attivato  Tac, angiografi e risonanze magnetiche nei nostri presidi (come San Filippo Neri, Santo Spirito, Nuova Regina Margherita) e, grazie alla sensibilità della Regione Lazio, per la prima volta abbiamo anche rinnovato e potenziato le apparecchiature nei distretti per le attività diagnostiche e implementato la radiologia a domicilio e la riabilitazione a domicilio.

Al San Filippo Neri abbiamo operativo da giugno il robot utilizzato dall’otorino, dall’urologia e dalla chirurgia oncologica. E abbiamo anche un piano di investimenti nelle tecnologie informatiche che ci sta consentendo di gestire su un’unica piattaforma un grande hub di Laboratorio e di integrare progressivamente tutta la rete dei servizi ospedalieri e territoriali. Senza un investimento nelle tecnologie e la costruzione di un’unica rete il servizio sanitario a Roma rischia di essere frammentato in decine e decine di punti di erogazione scollegati. Non ce lo possiamo più permettere, ed è un obiettivo prioritario a livello regionale e aziendale.

Come si sente alla vigilia di questo nuovo incarico?

Sono sereno per quello che ho fatto e che lascio. A questa azienda in questi anni ho dato tutto, come penso debba fare un manager, con l’esempio quotidiano e tracciando la rotta, per consentire alle persone di lavorare all’interno di un progetto di medio periodo. Il fatto di essere stato chiamato a ricoprire un incarico importante presso la Presidenza del Consiglio dei ministri mi onora, ritengo sia il risultato di trent’anni di esperienza professionale al servizio della pubblica amministrazione, in cui credo.

Mi considero un manager che crede nella possibilità di realizzare e gestire l’innovazione e il cambiamento anche nel settore pubblico. Per questo le sfide non mi fanno paura e sono pronto a iniziare un nuovo percorso, in questo momento della mia vita professionale. Anche se mi dispiace enormemente lasciare tanti miei collaboratori, l’azienda che amo e in cui ho vissuto anni straordinari dal punto di vista professionale e umano.

In questa fase come vede il futuro della sanità territoriale?

Vedo, in generale, la sanità del futuro più vicina e digitale. E’ anche lo slogan della nostra Azienda per i prossimi quattro anni. Le risorse del Pnrr, se spese bene, ci consentiranno di fare un salto: una presenza sul territorio più riconoscibile e meglio organizzata, centrali operative che intercettano il paziente e ne garantiscono la presa in carico integrata, sistemi di relazioni con il cittadino improntati su piattaforme di Crm (Citizen Relationship Management).

Sono fiducioso su questo, perché abbiamo le idee, le competenze e le risorse per realizzare questa trasformazione. Tuttavia le aziende sanitarie sul territorio italiano non sono tutte uguali, ci sono ancora grandi gap in termini di “maturità organizzativa”, siamo indietro nell’integrazione tra servizi socio-sanitari e servizi sociali, e vedo spesso anche molte ‘resistenze’ da parte degli stessi professionisti legate a mio avviso a modelli e schemi del passato. Quindi non sarà un cambiamento facile e scontato. Per questo serve investire sulle competenze manageriali e di change management, non solo per le direzioni aziendali ma anche per molti ruoli professionali e tecnico-amministrativi intermedi.

La Asl Roma 1 sotto la sua guida ha avviato un percorso nuovo di comunicazione, quali erano gli obiettivi e come giudica i risultati ottenuti?

Nei servizi la comunicazione è fondamentale per creare una relazione costante di informazione, di ascolto, di scambio e di fiducia tra l’erogatore e il beneficiario. Quando è nata la Asl Roma 1 per effetto della fusione, abbiamo colto l’occasione del nuovo portale aziendale per dare impulso a una comunicazione di servizio più diretta e pervasiva. Poi abbiamo via via rafforzato la nostra presenza sui social e creato una comunità di follower, esterna e interna, che è cresciuta con noi, gioendo dei nostri successi e partecipando delle nostre difficoltà, soprattutto nella gestione di Covid.

I risultati a volte sono straordinari, perché i cittadini ci riconoscono e ci rispettano per come cerchiamo di dare sempre risposte rapide a tutti. Essere trasparenti e sinceri rende credibili. Su questo, però, possiamo e dobbiamo fare ancora tanto, perché la comunicazione non è una competenza di un servizio o dell’ufficio stampa, è un modo di relazionarsi e di prendersi cura delle persone, che deve essere adottato e agito da ogni singolo operatore.

Infine le chiediamo un auspicio per il futuro della Asl che lascia (e gli uomini e le donne che hanno collaborato con lei).

L’auspicio è che questa forte cultura organizzativa orientata al ‘fare’ le cose in modo sempre positivo, con spirito di collaborazione e di aiuto reciproco, resti e si consolidi ulteriormente. Un’azienda è come un organismo vivente, se si alimenta cresce. Quindi nel saluto finale chiederò a tutti di proseguire con lo stesso impegno di questi anni a portare avanti il progetto di una Asl unita, responsabile e innovativa. Sono certo che sarà così.

Vede, all’inizio di questo viaggio ci definimmo la “Asl in Movimento”, per dichiarare che il cambiamento non volevamo subirlo, ma anzi era desiderato, progettato e guidato. Il mio augurio è di vivere anche le sfide che ancora ci aspettano allo stesso modo. Chi resta fermo nello stesso posto, resistendo al cambiamento, prima o poi si trova nel posto sbagliato.

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