Danila De Stefano, Unobravo e il benessere mentale accessibile a tutti

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La telemedicina è il settore di riferimento di Unobravo, la startup nata dall’intuizione di Danila De Stefano, psicologa e paladina dell’abbattimento del tabù sociale che avvolge il tema della salute mentale. Dopo gli studi in psicologia clinica alla Sapienza di Roma, Danila si trasferisce a Londra per lavoro, e quando prova a rivolgersi ad uno psicologo scopre un mondo di lunghe liste d’attesa e prezzi esorbitanti. L’idea che sta cambiando lo stigma della salute mentale in Italia nasce quindi proprio nel grigiofumo di Londra. Il servizio che Danila mette su nel 2019, a soli 26 anni, è pensato per svolgersi interamente online, consentendo a chiunque voglia intraprendere un percorso di psicoterapia di poterlo fare serenamente ed a prezzi accessibili. Abbiamo voluto intervistare Danila De Stefano, perché raccontasse alla community di MPW della sua esperienza, lei che interpreta in pieno i valori della generazione Z ma sta realizzando uno strumento al servizio di tutti.

Normalizzare l’accesso al supporto psicologico per tutti, oltre che rompere il tabù che ancora troppo spesso avvolge la salute mentale e l’idea del benessere psicologico. Questo l’obiettivo di Unobravo, ma come e quando nasce l’idea?
L’idea di Unobravo nasce da una mia esperienza personale. Mi sono trasferita a Londra nel 2016 ed ho iniziato a lavorare come educatrice, in una casa di cura psichiatrica. Tra lavoro e inserimento in un nuovo Paese ho sentito l’esigenza di rivolgermi a uno psicologo, ma non è stato semplice. È stato così che mi sono chiesta come gli italiani all’estero si comportassero nel momento in cui avevano bisogno di intraprendere un percorso di terapia, ma non potevano accedere facilmente al servizio. Ho quindi creato un sito molto semplice e riunito un ristretto gruppo di professionisti. Insieme abbiamo iniziato a erogare le sedute di terapia, tramite il sito. Subito dopo, grazie al sostegno delle colleghe Corena Pezzella e Valeria Fiorenza Perris, oggi rispettivamente HR Manager e Supervisore Clinico di Unobravo, e Gregorio Maria Diodovich, oggi COO, il servizio Unobravo ha iniziato a prendere la forma di una vera e propria azienda in fase di startup.

Complimenti per l’originalità del nome
È nato in modo un po’ casuale: continuavo a fare giochi di parole, prendevo appunti e chiedevo pareri. Un pomeriggio ero con il mio compagno e ho esclamato “Unobravo”! Eccolo lì: lo avevo trovato. Ho sempre pensato fosse il naming perfetto: fa sorridere, aiuta chi lavora con noi a  riconoscersi in un brand, butta giù le barriere e la perenne seriosità, che spesso si associa alla salute mentale. Inizialmente ho avuto anche il timore che i colleghi psicologi lo interpretassero in maniera sbagliata: magari avrebbero preferito un nome ‘standard’ e più istituzionale. Alla fine questa scelta si è rivelata un successo: i pazienti hanno identificato il nostro nome con un nuovo modo di fare psicoterapia.

A fine estate l’annuncio del round di investimento pari a 17 milioni, guidato da Insight Partners, società di venture capital e private equity con sede a New York. Unobravo rappresenta il primo investimento in Italia del Fondo. Come è stato costruito questo percorso?
Il traguardo che abbiamo raggiunto è il risultato di tre anni di scelte strategiche, e della crescita che abbiamo costruito con le nostre forze. Uno degli elementi che ha conquistato Insight Partners è stata la nostra crescita in bootstrap: gli investitori ci hanno monitorato per mesi e una volta convinti della validità del business, ci hanno inviato una proposta. In questo particolare momento, soprattutto a causa dei cambiamenti del mercato, chi investe è interessato alle aziende economicamente sostenibili e a quelle che mostrano risultati stabili, mese dopo mese. In questo la nostra traction, solida grazie a un servizio che funziona molto bene e viene scelto da sempre più persone, è sicuramente stata uno dei fattori di maggior impatto. Siamo molto felici di scrivere questo nuovo capitolo della storia di Unobravo e oggi, come principale operatore del settore, crediamo che sia una nostra chiara responsabilità rafforzare l’impatto sociale di questa attività, forti e orgogliosi della fiducia che Insight Partners ci ha accordato.

«È molto più facile vendere sedute online che abbattere lo stigma di una cultura intera», lei lo ha dichiarato di recente. Come pensa si possa definitivamente abbattere lo stigma, con quali strumenti e quali tempi?
Quello della salute mentale è un tema di cui non si parlava liberamente, anche solo fino a pochi anni fa,  e purtroppo ancora oggi molti continuano a non farlo. Il primo passo per abbattere il taboo è sicuramente quello di iniziare a parlare di benessere psicologico, ma anche conoscere realmente cosa uno psicologo può fare per ciascuno di noi. Spesso, infatti, soprattutto le generazioni più adulte soffrono molto e arrivano al limite prima di rivolgersi a uno psicologo. Purtroppo non esiste il concetto di prevenzione, del prendersi cura della propria salute mentale sempre, a 360 gradi. È importante anche eliminare la credenza per cui confidarsi con un amico è come parlare con uno psicologo: rispetto a un amico pronto ad ascoltare le nostre storie, infatti, lo psicologo è un esperto che conosce bene le dinamiche che una persona mette in atto durante una determinata situazione e ne riconosce quelle disfunzionali.

A due anni dallo scoppio della pandemia, il tema della salute mentale si è fatto strada nel dibattito pubblico. Quali sono le fasce d’età più colpite, e chi si rivolge principalmente ad un servizio come il vostro?
In Unobravo l’età media dei pazienti è di 33 anni (rispetto ai 40 per quanto riguarda la terapia in presenza): questo significa che raggiungiamo moltissimi giovani, anche grazie all’utilizzo dei social network. Questi ci permettono di aumentare l’accessibilità del servizio, e di raggiungere una grande quantità di persone, che può cominciare così a cambiare davvero il modo di percepire la salute mentale nel nostro Paese.

Il suo percorso personale l’ha portata da Napoli a Londra, passando per Milano. Che consiglio darebbe Danila alle giovani che volessero avviare la loro carriera nell’ambito tech?
Sicuramente il mio primo consiglio è quello di essere sempre curiosi, non soltanto verso quello che si avverte come più affine, ma andando oltre e scoprendo tutto ciò che si trova fuori dalla propria ‘comfort zone’. Studiare tanto è importante, non soltanto nel corso della carriera scolastica, ma è fondamentale anche per arricchire le conoscenze personali. Allo stesso modo credo sia utile fare nuove esperienze – anche completamente diverse fra loro – e a volte rischiare: da una forte passione possono nascere numerose e inedite possibilità che non avevamo considerato e che potrebbero essere quelle che apriranno la strada per il nostro futuro.

Unobravo ha anche fatto incetta di premi e riconoscimenti, e lei Danila è fra le sette finaliste di GammaDonna 2022 (che fa parte del network Mpw – Most Powerful Women).
Quali sono i suoi programmi per il futuro?
I primi tre anni di Unobravo sono stati ricchi di grandi soddisfazioni per tutta l’azienda! Ci troviamo adesso in una nuova fase di crescita in cui puntiamo all’incremento dell’organico e al consolidamento della posizione di leadership in Italia per il settore della psicologia online, ma non solo. Obiettivi importanti riguardano infatti lo sviluppo del nostro modello vincente all’estero – a cominciare dalla Spagna dove è nata la piattaforma Buencoco – e il potenziamento dei servizi per il mondo corporate, proponendo soluzioni tailor-made rivolte alle aziende e ai propri dipendenti in un’ottica di welfare.

 

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