Oncologia, in Italia mancano specialisti e spazi

Aiom Libro Bianco
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La domanda in oncologia ha da tempo superato l’offerta. Basta recarsi presso la sala d’aspetto di qualunque day hospital di un grande centro italiano per fare un bagno di realtà scomoda, se non drammatica. “Mancano oncologi – afferma Saverio Cinieri, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) – e spazi. A livello spannometrico, servirebbe circa il doppio degli oncologi attualmente in servizio, un gap da colmare nei prossimi anni con l’abolizione del numero chiuso nelle facoltà di medicina e aumentando i posti di specializzazione in oncologia, anche alla luce di quelli che restano vacanti in tante altre specialità”.

“Quanto agli spazi, diciamo da tempo che almeno il 30% dei pazienti oncologici potrebbe essere seguito al di fuori dell’ospedale. Ma perché questo si possa realizzare è necessario rafforzare l’assistenza domiciliare, uno strumento sul quale meno del 70% delle oncologie italiane può oggi contare”.

E i ‘buchi’ di personale non si limitano agli specialisti oncologi. Solo metà delle strutture ha uno psiconcologo ‘dedicato’, mentre gli altri si arrangiano come possono; solo l’81% ha una nutrizione clinica di riferimento e solo il 70% un laboratorio di biologia molecolare di riferimento. Certo, guardando al passato, tanti passi avanti sono stati fatti (ad esempio nella definizione dei Pdta: sono 1.240 quelli deliberati dalle reti oncologiche) e a testimoniarlo è soprattutto il fatto che la sopravvivenza per tumore a 5 anni è oggi del 65% tra le donne e del 59% tra gli uomini.

Sono questi alcuni dei numeri dell’oncologia italiana che emergono dal ‘Libro Bianco 2022’, presentato durante il congresso nazionale Aiom – ‘Oncologia e Complessità. Le nuove sfide per gli oncologi’, appena tenutosi a Roma. Una ricognizione preziosa delle 323 Oncologie italiane, 88% delle quali dotata di Day-Hospital, 65% di ambulatorio, 58% di reparto di degenza.

Numeri che servoiranno anche ad imbastire una base di dialogo concreta con i decisori politici. “Chiederemo al prossimo Governo e al Ministro della Salute – anticipa Cinieri – di inserire in agenda come obiettivo prioritario un potenziamento dell’oncologia in tutti i campi, dall’assistenza domiciliare, alla ricerca clinica, passando per la prevenzione, visto che il 40% dei casi di tumore (sono 377.000 le nuove diagnosi ogni anno nel nostro Paese) e il 50% dei decessi correlati potrebbero essere evitati. L’oncologia italiana, se ben supportata dalle Istituzioni, ha le carte in regola per diventare un driver di sviluppo, sia in ambito scientifico, che economico e sociale”.

Ma la partita non si gioca solo in ospedale. Potenziare il territorio significa anche venire incontro al cittadino-paziente in tanti modi; poter essere seguiti, almeno per una parte del percorso di cura, vicino a casa ha un impatto importante sulla qualità di vita e alleggerisce il peso della cosiddetta ‘tossicità finanziaria’.  “Le difficoltà economiche causate dal cancro – spiega Francesco Perrone, presidente eletto Aiom – sono un fenomeno sempre più evidente anche in Italia. Se negli Usa sono legate al rimborso solo parziale (o a totale carico del cittadino) delle cure oncologiche, anche l’Italia, nonostante un servizio sanitario a impianto universalistico, non è al riparo da questo flagello. Da un’analisi di 16 sperimentazioni condotte su oltre 3.760 pazienti oncologici, tra il 1999 e il 2015, emerge che più di 1 su 5 è incappato nelle maglie della tossicità finanziaria, che si traduce in un aumentato rischio di morte del 20%, rispetto alle persone senza problemi economici. I più colpiti sono i pazienti del Sud Italia e gli under 65”.

“Sono ancora troppi – ricorda Massimo Di Maio, Segretario Nazionale Aiom – i pazienti costretti a lunghi spostamenti casa-ospedale per potersi curare e anche questo contribuisce alla tossicità finanziaria. Potenziare le cure territoriali e l’assistenza domiciliare, realizzare una miglior integrazione tra oncologia e medicina di famiglia, offrire precocemente interventi di supporto lungo il percorso di cura, potrebbe aiutare ad elidere almeno in parte questo capitolo di spesa, con un impatto favorevole sulla qualità di vita del paziente e delle famiglie”.

Un elemento cardine per il successo delle cure oncologiche è la diagnosi precoce, che fa leva su screening e informazione. Di fronte ad una diagnosi di tumore, le persone sono spesso smarrite e non sanno dove andarsi a curare. Una Google map delle 256 Breast Unit attive sul territorio italiano, corredata di una serie di importanti informazioni sul tumore del seno, si può trovare sul portale www.breastunit.info che sarà parte integrante della campagna ‘Breast-carcinoma del seno’ lanciata da Aiom in occasione del congresso nazionale e realizzata con il supporto di Novartis.

“Fare informazione – afferma Cinieri – può contribuire a salvare più vite, grazie alla diagnosi precoce e a cure di livello. La Breast Unit deve essere l’unico centro che segue una donna con tumore del seno, in tutto il suo percorso di cura, garantendo un’assistenza qualificata e multidisciplinare. È questo ‘lavoro di squadra’ di livello che ha consentito di aumentare i tassi di sopravvivenza, oltre naturalmente alla disponibilità dei nuovi farmaci, efficaci anche nelle forme più avanzate. Le Breast Unit oggi ci sono (sono 256) e sono diffuse in modo capillare in tutto il territorio nazionale, ma è necessario migliorqre l’organizzazione di alcune e monitorare che siano rispettati tutti i parametri previsti, quali il numero di casi assistiti per anno e la presenza di almeno sei professionisti nel team: radiologo, chirurgo, patologo, oncologo, radioterapista e data manager”.

E sempre di diagnosi precoce si occupa il nuovo programma RISP sul tumore del polmone, uno dei big killer soprattutto tra i maschi. L’identikit del soggetto a rischio è un fumatore di un pacchetto al giorno da oltre 30 anni o un forte fumatore che ha smesso da meno di 15 anni, di età compresa tra i 55 e i 75 anni. È lui il candidato ideale del programma ministeriale RISP (Rete Italiana Screening Polmonare) che, lanciato questi giorni, coinvolgerà 7.300 persone a rischio di tumore del polmone, monitorandole periodicamente   attraverso una TAC spirale a basso dosaggio di radiazioni.

Si tratta di un progetto pilota, il primo di questo tipo in Italia, che dovrebbe gettare le basi per l’inserimento dello screening polmonare all’interno dei Lea, aggiungendosi agli attuali programmi di prevenzione secondaria per il tumore del seno, del colon retto e cervicale. “Sono 18 i centri distribuiti su tutto il territorio nazionale che rientrano nella RISP – spiega la professoressa Silvia Novello, Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Torino e responsabile Oncologia Polmonare all’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano – Nei forti fumatori (anche ex) disporre di uno screening periodico può consentire di riscontrare precocemente la malattia e quindi di permetterne la presa in carico tempestiva, con maggiori possibilità di cura e guarigione. Nel nostro Paese si contano ancora 12 milioni di fumatori e il 20% di questi fuma più di 20 sigarette al giorno. All’interno del programma RISP, la prevenzione primaria si sposa poi con quella secondaria; a tutti partecipanti, ancora fumatori attivi, verranno infatti offerti programmi di disassuefazione dal fumo”.

Si stima che la popolazione candidabile allo screening polmonare con la Tac a basso dosaggio in Italia sia dell’ordine di 600-800.000 persone. Chi rientra nelle caratteristiche dell’identikit ‘ad alto rischio’ può chiedere di aderire al programma RISP iscrivendosi sul portale www.programmarisp.it e indicando il centro più vicino a quello di residenza, oppure recandosi presso le oncologie, pneumologie e cardiologie coinvolte nella fase di reclutamento. Nel 2020 in Italia sono state stimate circa 41.000 nuove diagnosi di tumore del polmone; la sopravvivenza a 5 anni è bassa (del 16% tra gli uomini e del 23% tra le donne), anche perché 32.800 casi l’anno vengono purtroppo diagnosticati in fase avanzata. “Anche per questo tumore – commenta Cinieri – la diagnosi precoce potrebbe ridurre del 20% la mortalità. Ci auguriamo dunque che lo screening attraverso la Tac spirale a basso dosaggio entri presto nei programmi di prevenzione secondaria rimborsati dal Ssn ”.

Il programma RISP si avvale del sostegno di Astra Zeneca, membro fondatore di Lung Ambition Alliance, una partnership tra associazioni quali International Association for the Study of Lung Cancer, e Global Lung Cancer Coalition, che ha l’obiettivo di migliorare la condizione delle persone affette da tumore del polmone.

La diagnosi tardiva è un problema appannaggio anche dei tumori gastro-intestinali, in particolare delle persone affette da tumori di stomaco, pancreas e vie biliari, seguiti da quelli del colon retto. A loro è dedicata la campagna nazionale Aiom ‘Qualità di vita nel Paziente con Neoplasia Avanzata nei Tumori Gastro-intestinali’, supportata da un educational grant del Gruppo Servier Italia.

La campagna viaggerà sui social Aiom e prevede anche quattro webinar a ridosso delle giornate mondiali dedicate a queste neoplasie (novembre: pancreas e stomaco; febbraio: colangiocarcinoma; marzo: colon retto). “Come sempre in oncologia – ricorda Giordano Beretta, presidente di Fondazione Aiom – bisogna puntare su diagnosi precoce e terapie efficaci. Ma solo per il tumore del colon retto sono previsti programmi di screening nazionali per la popolazione al di sopra dei 50 anni. Per le altre neoplasie gastrointestinali non esistono esami di prevenzione secondaria e in più si tratta di malattie ‘silenti’ che si manifestano con sintomi evidenti quando è ormai tardi. Se la sopravvivenza per tumore del colon a 5 anni è del 65%, questa scende al 30% per lo stomaco, al 15% per il colangiocarcinoma e al 10% per il pancreas”. Attraverso i social Aiom e il web, la nuova campagna ribadirà l’importanza di rivolgersi ai centri di riferimento per la gestione di queste malattie in fase avanzata per avere la garanzia di essere seguiti da un team multidisciplinare, che comprenda anche nutrizionista e psicologo”.

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