Obesità, numeri da record in Italia

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Sulla bilancia non siamo tutti uguali. Ma se fino a qualche decennio fa i dati che arrivavano dagli Stati Uniti ci sembravano lontanissimi, ormai è chiaro che anche l’Italia ha un problema di chili di troppo, che contagia adulti e bambini. Se guardiamo ai numeri, il 46% dei connazionali over 18 – oltre 23 milioni – è obeso o in sovrappeso, come il 26,3% dei giovanissimi tra i 3 e i 17 anni (2,2 milioni).

E’ una ‘fotografia’ sempre più preoccupante quella che arriva dal 4° Italian Barometer Obesity Report, realizzato da IBDO Foundation in collaborazione con Istat, Coresearch e Bhave e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk.

Anche perché una larga parte di italiani non riconosce affatto di avere un problema: l’11,1% degli adulti con obesità e il 54,6% degli adulti in sovrappeso ritiene di essere nella norma e ben il 40,3% dei genitori di bambini in sovrappeso oppure obesi considera i propri figli normopeso. Sottovalutare le cause e le conseguenze di questa malattia, o convincersi che si risolverà con la crescita, porta purtroppo a complicanze anche in giovane età, con lo sviluppo di malattie croniche come problemi di salute mentale, disturbi cardiaci, diabete di tipo 2, nonché alcuni tumori e problemi a scheletro e articolazioni. E un impatto non certo trascurabile sul Servizio sanitario. 

Si tratta di un problema complesso, in cui i geni giocano un ruolo non semplice. “I grandi studi di popolazione effettuati negli ultimi anni hanno permesso di dimostrare che il modello ‘taglia Unica’ per la predisposizione genetica al diabete e all’obesità non funziona”, ha spiegato il genetista dell’Università di Tor Vergata Giuseppe Novelli. 

Ce lo dicono anche alcuni dati: fra gli adulti le donne mostrano un tasso di obesità inferiore (11,1%) rispetto agli uomini (12,9%); una differenza che si fa più marcata nei bambini e adolescenti, dove il 23,2% delle femmine è in eccesso di peso rispetto al 29,2% dei maschi. Ma bambine e ragazze fanno anche meno sport.

Se guardiamo al territorio, resiste lo storico svantaggio del Sud e Isole: qui l’eccesso di peso risulta  più diffuso, e preoccupa soprattutto tra i minori: sono ben il 31,9% al Sud e il 26,1% nelle Isole i bambini e gli adolescenti in eccesso di peso, molti di più quindi rispetto al 18,9% dei residenti del Nord-Ovest, al 22,1% del Nord-Est e al 22 per cento del Centro. Diseguaglianze che si confermano anche per gli adulti.

“L’obesità è una sfida irrisolta di salute pubblica, che colpisce e condiziona la vita di troppe persone, i problemi di salute correlati si riflettono quotidianamente sulla qualità di vita, sui casi di assenteismo dal lavoro, sulla produttività, impattando sui bilanci economici delle famiglie e della spesa pubblica e sanitaria”, ha affermato Paolo Sbraccia, vicepresidente IBDO Foundation e ordinario di Medicina interna dell’Università di Roma Tor Vergata. “Si stima che questa malattia causi il 58% dei casi di diabete tipo 2, il 21% dei casi di cardiopatia ischemica e fino al 42% di alcuni tumori e porta a circa 57mila morti annuali solo nel nostro Paese”.

Numeri che fanno davvero impressione. “Secondo le attuali stime dell’lnstitute for Health Metrics and Evaluation, all’eccesso ponderale in generale sarebbero attribuibili 5 milioni e 19mila decessi in tutto il mondo nel 2019 (pari al 9% di tutti i decessi) e complessivamente oltre 40 milioni di anni vissuti con disabilità. In Italia si stima l’obesità sia responsabile di oltre 64 mila decessi (ovvero del 10% di tutti i decessi) e di oltre 571mila di anni vissuti con disabilità”, ha spiegato Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss). Ecco perchè “occorre creare contesti di vita che favoriscono scelte salutari, in un impegno multisettoriale e multidisciplinare”.

L’obesità è una malattia multifattoriale in cui l’apporto alimentare e l’attività fisica svolgono un ruolo rilevante. Per questo è importante promuovere nella popolazione stili di vita sani. “Oggi però il 33,7% della popolazione italiana adulta (quasi 20 milioni di persone) non pratica né sport né attività fisica, con importanti differenze di genere”, ha detto Roberta Crialesi, dirigente Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia dell’Istat. Non solo “Nel caso dei bambini poco attivi, il 59,1% delle madri ritiene che il proprio figlio svolga sufficiente attività fisica. Lo stesso accade per quanto riguarda l’alimentazione dove solo il 18% della popolazione adulta dichiara di consumare 4 o più porzioni di frutta e verdura al giorno”.

C’è poi il problema dello stigma sociale. L’obesità deve essere considerata “una malattia cronica che richiede una gestione di lungo termine, e non una responsabilità del singolo. Ciò – ha detto Antonio Nicolucci, direttore di Coresearch – oltre a incidere sulle cure e sui trattamenti per l’obesità e per lo sviluppo di nuove direttive politiche, potrebbe anche contribuire a ridurre la disapprovazione sociale e gli episodi di discriminazione verso chi ne è affetto”.

“È giunto il momento di mettere in atto soluzioni di politica sanitaria e di governance clinica che siano in grado di dare risposte concrete alle persone con obesità – ha concluso Andrea Lenzi, coordinatore Italia dell’Obesity Policy Engagement Network – Dal report si evince una drammatica correlazione tra le aree più svantaggiate e periferiche della città e una maggiore prevalenza di obesità e come questo valore sia notevolmente aumentato negli ultimi 20 anni, durante i quali nelle aree metropolitane il valore è aumentato dal 6,8 al 8,8%”. Le nostre città dovranno essere ripensate, perché la prevenzione dell’obesità è fondamentale e inizia da piccoli.

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