Melograno miniera di benessere, super molecole dagli scarti

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Ci sono vegetali con una storia antica, che sembra preconizzare le scoperte della scienza moderna. E’ il caso del melograno (l’albero sarebbe nato dal sangue di Dioniso, mentre i chicchi sono cruciali nel mito di Persefone), una vera e propria miniera di sostanze antimicrobiche e antinfiammatorie. Tanto che gli scienziati italiani ora puntano a
estrarre molecole benefiche per produrre integratori e alimenti nutraceutici da foglie, radici e residui di lavorazione di questa pianta.

È questo l’obiettivo di NewTriPome, il nuovo progetto di ricerca Enea che vedrà la collaborazione di professionalità e piattaforme tecnologiche di quattro laboratori del Centro Ricerche Casaccia (Roma) impegnati sui temi della salute e delle biotecnologie nel settore agroalimentare. Sono tutti centri all’interno del Dipartimento “Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali”: uno è della Divisione Tecnologie e metodologie per la salvaguardia della salute (Salute e Ambiente), tre della Divisione Biotecnologie e agroindustria (Biotecnologie; Sostenibilità, qualità e sicurezza delle produzioni agroalimentari; Bioprodotti e bioprocessi).

Dal melograno, spiega Gianfranco Diretto, responsabile del Laboratorio Enea di Biotecnologie, deriva la malagrana, “un ‘super food’ per le sue proprietà antimicrobiche, antinfiammatorie e antitumorali, dimostrate in estratti ottenuti direttamente dal frutto. Ora, la novità che vogliamo introdurre con NewTriPome è quella di ricavare biomolecole attive per la protezione della salute umana anche dagli scarti della coltivazione o della lavorazione del frutto per produrre alimenti e succhi”.

Con possibili impatti anche in termini agricoli. “La valorizzazione dei sottoprodotti provenienti da attività agricole e agroindustriali – aggiunge Diretto – avrebbe significative ricadute anche in termini di economia circolare, anche in considerazione del trend in crescita sia nella coltivazione del melograno che nel consumo del suo frutto”.

Il team di ricerca si avvarrà del supercomputer CRESCO6 per analisi di dinamica molecolare in grado di identificare i principi attivi utili per la definizione della formulazione specifica dei prodotti nutraceutici e degli integratori alimentari che potranno agire su stress ossidativo e infiammazioni, responsabili dell’insorgenza di diverse patologie cronico-degenerative e dell’invecchiamento dei tessuti.

“I quattro laboratori- interviene  Barbara Benassi, responsabile del Laboratorio Enea di Salute e ambiente – lavoreranno insieme per identificare le biomolecole attive presenti negli scarti della pianta e del frutto e, successivamente, per studiare la loro attività antinfiammatoria, antiossidante e antimicrobica in modelli sperimentali umani di epitelio intestinale, tessuto epatico e componente macrofagica, ossia quelle cellule immunitarie che nel nostro corpo svolgono il ruolo di spazzini”.

Questo progetto di ricerca segue una lunga tradizione di studi sulle proprietà bioattive e sulle potenzialità nutraceutiche di matrici vegetali, come ad esempio la nocciola, lo zafferano, il pomodoro, lo zenzero selvatico, il basilico, il shiso e il crescione, ma anche di scarto come le pale del fico d’India e quelle provenienti dai fiori della Melissa officinalis.

In questo campo il Laboratorio Biotecnologie ha già collaborato con Alfasigma per identificare le componenti chimiche presenti in post biotici, ossia quei prodotti di derivazione batterica ottenuti da processi di fermentazione di matrici alimentari. Nella  nutraceutica, il Laboratorio ‘Salute e Ambiente’ sta invece portando avanti una collaborazione con l’azienda Esserre Pharma per la caratterizzazione dell’effetto antinfiammatorio e ipolipidemizzante (che abbassa la concentrazione dei lipidi nel sangue) di estratti vegetali provenienti dall’area mediterranea. Insomma, la ricerca ha messo sotto la lente piante e frutta con l’obiettivo di massimizzare gli effetti benefici.

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