Riabilitazione e genetica, il ruolo del Dna e il recupero degli atleti

sport e salute
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Il progetto riabilitativo è un percorso che viene creato per il singolo paziente in base alla patologia da trattare e alle caratteristiche dello stesso, partendo da protocolli che nascono da linee guida e adattandoli a ciascun individuo.

La riabilitazione prevede un lavoro combinato di diverse figure specialistiche, poiché il paziente viene preso in carico globalmente, tenendo conto non solo del deficit o della patologia da riabilitare, ma anche delle eventuali problematiche presenti o connesse (aspetto cognitivo, stato umorale, comorbidità, predisposizione familiare, habitus genetico). Proprio per questo, un’equipe multidisciplinare comprenderà non solo le figure specifiche della riabilitazione (fisiatra ed operatori sanitari del settore), ma anche medici di diverse specialità, per inquadrare la migliore cura e garantire il miglior recupero funzionale.

Il lavoro riabilitativo viene definito da una serie di azioni indicate ed elaborate da una valutazione integrata, multidimensionale e multidisciplinare, che tiene conto dei bisogni socio-sanitari del paziente, delle sue abilità residue e recuperabili, del contesto in cui egli vive, soprattutto nei casi in cui residui una disabilità, fornendo al paziente delle strategie compensatorie che gli permettano di riadattarsi all’ambiente circostante (integrazione), nella prospettiva di un contesto sociale che riesca ad accogliere le disabilità adattandosi ad esse (inclusione).

La presa in carico del paziente e lo studio allargato della sua condizione, spesso richiedono anche un approfondimento di tipo genetico. L’ impiego di test genetici nell’approccio al paziente in ambito riabilitativo fornisce un importante apporto laddove, senza analisi invasive, sia possibile capire “a monte” a quali danni è esposto un paziente, o valutando, a danno avvenuto, quali strategie possono essere utilizzate per ottenere un recupero migliore attraverso cure più efficaci.

A tal proposito, lo studio del Dna, che normalmente viene utilizzato per la ricerca e la diagnosi di patologie genetiche rare o familiari, progressive e degenerative, è stato introdotto anche nella riabilitazione sportiva per programmare percorsi personalizzati degli atleti, valutandone eventuali predisposizioni agli infortuni o per conoscerne, dopo un infortunio, la prospettiva di recupero.

In questo lavoro, finanziato dalla Sbarro Health Research Organization, abbiamo selezionato calciatori professionisti in base ad un diverso profilo genetico e studiando le variabili presenti di ciascuno di cinque geni esaminati che portano ad un diverso fenotipo (e quindi una diversa predisposizione agli infortuni).

Questo ci ha permesso di capire quali fossero le esigenze di ciascun atleta in termini di recupero funzionale. Parlando di multidisciplinarietà, in un altro studio abbiamo utilizzato una tecnica neurocognitiva (associata ai classici protocolli riabilitativi) per il recupero di calciatori che avevano subito la rottura del legamento crociato anteriore, sfruttando la plasticità neuronale e la strategia dei neuroni a specchio, riducendo i tempi di ripresa e favorendo il mantenimento delle capacità propriocettive, coordinative e condizionali del gesto tecnico.

L’approccio globale e plurispecialistico in ambito riabilitativo è la nuova frontiera, così da integrare tutte le strategie possibili in protocolli personalizzati, tenendo conto del fenotipo (e, dove necessario, del genotipo), del genere (maschio/femmina), della patologia, delle comorbidità, dello stato cognitivo e psicologico del paziente.

A tal proposito lo Sbarro Institute, in collaborazione con la Temple University di Philadelphia e con l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, ha organizzato un workshop intitolato “Personalized Rehabilitation: combining mind, body and genetics” che si terrà a Napoli il 19 dicembre, nel quale diversi specialisti affronteranno l’argomento della presa in carico globale del paziente con disabilità, vista e discussa in termini di caratteristiche motorie, cognitive e genetiche.

*Patrizia Maiorano è medico fisiatra della Sbarro Health Research Organization

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