Boehringer Ingelheim, mezzo secolo in Italia all’insegna dell’innovazione

50 anni Boehringer Ingelheim Italia
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Mezzo secolo di impegno e ricerca farmaceutica nel nostro Paese, all’insegna dell’innovazione. Sono importanti i numeri di Boehringer Ingelheim, azienda fortemente impegnate nei farmaci innovativi, che conta in Italia circa 1.000 dipendenti diretti (3.143 considerato anche l’indotto), per il 43% donne, tre sedi e due stabilimenti produttivi – a Fornovo Sangiovanni (BG) e Noventa Padovana (PD) – impegnati su fronte della salute umana e animale.

Sono ‘targati Boehringer Ingelheim’ i medicinali che hanno permesso di trattare nel 2021 più di un miilione di connazionali. Ma l’azienda, con un fatturato da 750 mln di euro l’anno scorso, continua a investire in ricerca e punta a portare all’approvazione 15 nuovi farmaci entro il 2025. Con una crescente attenzione all’ambiente: l’obiettivo è quello di diventare carbon neutral entro il 2030.

Il bilancio dei primi 50 anni in Italia è stato tratteggiato ieri, nel corso di un evento celebrativo presso le Corsie Sistine dell’Ospedale Santo Spirito in Sassia a Roma. L’azienda ha assicurato che continerà a investire nel nostro Paese, con l’obiettivo di superare le sfide che si prospettano per la sanità e il pharma.

“La sfida principale – ha detto a Fortune Italia il presidente di Boehringer Ingelheim Italia, Morena Sangiovanni – è assicurare un equo accesso alla salute a tutti i cittadini, superando le barriere di un sistema sanitario che presenta diversità regionali e un finanziamento della salute pubblica al di sotto della media europea, aspetto che si trascina dietro un sottofinanziamento cronico dell’investimento sulle terapie innovative”. Non solo, in Italia il processo di rimborso per l’innovazione “richiede spesso tempi più lunghi rispetto ai Paesi europei più evoluti”, ha osservato la manager.

Sangiovanni però è ottimista. Queste sfide “sono ben presenti a chi governa il Paese. Abbiamo di fronte un’opportunità unica per risolverle con il Pnrr, ma anche lavorando insieme – ha detto – perché solo così si possono trovare soluzioni ai problemi più importanti”.

Il pharma post-Covid punta, dunque, sulle alleanze. Forte anche del fatto che Germania e Italia sono leader europei nella farmaceutica. “Il valore del nostro interscambio commerciale è a livelli record e sta crescendo ancora – ha sottolineato Jörg Buck, consigliere delegato Camera di Commercio italo-tedesca – è un bel segnale anche per l’Europa, perché siamo tra le principali realtà industriali” del continente. “Crediamo che anche grazie a questo partenariato si possa contribuire a disegnare l’Europa. È importante fare squadra e fare sistema nell’innovazione e nella ricerca”.

“Al ministero – ha precisato Massimo Bitonci, sottosegretario di Stato al ministero delle Imprese e del Made in Italy, convinto che il Pnrr possa contribuire a finanziare l’attività di ricerca e sviluppo – abbiamo importanti fondi di sviluppo e iniziative volte a incentivare l’attrazione di capitali di aziende come questa, che vengono in Italia a investire”.

Tutto bene allora? Sul settore non mancano le ombre, legate in particolare alla crisi dell’energia e delle materie prime. “Quello delle matierie prime per la farmaceutica è un tema importante: sono essenziali per la vita e la salute delle persone – ha detto Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria – Oggi siamo in Boehringer Ingelheim, un’azienda tedesca che produce anche materie prime in Lombardia, e questo è positivo. Ma il tema è serio: in Italia il 70% delle materie prime arriva dall’estero. Abbiamo avuto un momento di grossa difficoltà – sottolinea – ora il commercio è ripreso, ma con costi molto alti”. Insieme alla questione del caro energia “questo è un problema molto serio, perché noi – ha ricordato Giorgetti – siamo un settore che non può toccare il prezzo per adeguarsi ai costi di produzione aumentati”.

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