Sanità e Lea: 10 anni di disuguaglianze. Il ritardo del Sud

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Se il Servizio sanitario in Italia è nazionale, l’erogazione delle cure è da troppo tempo a macchia di leopardo, con cittadini più fortunati e altri costretti a spostarsi lontano da casa per visite, diagnosi o interventi. A ‘fotografare’ 10 anni di diseguaglianze regionali è una nuova analisi realizzata da Fondazione Gimbe sugli adempimenti dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), ovvero le prestazioni ergoate dal Ssn (gratis o tramite il pagamento di un ticket), nel corso del decennio 2010-2019.

A scorrere la ‘pagella’ redatta da Gimbe emergono importanti diseguaglianze regionali, ma anche un dato economico pesantissimo: il 24,3% delle risorse assegnate alle regioni per la sanità non ha prodotto servizi per i cittadini. Insomma, non è solo una questione di denari, ma anche di saperli spendere.

Fra le regioni che hanno garantito le cure, in testa c’è l‘Emilia Romagna (il fatto che l’analisi monitori un periodo di 10 anni evidenzia come i ‘primi della classe’ tendano ad essere sempre gli stessi). 
Altro dato di rilievo: tra le prime 10 regioni non ce n’è nessuna del Sud, mentre se guardiamo al Centro troviamo solo Marche e Umbria.

Lea

Come si ‘misurano’ le cure per i cittadini

Ma in che modo possiamo misurare la salute della sanità regionale? Il ministero della Salute pubblica ogni anno un report, il ‘Monitoraggio dei Lea attraverso la ‘Griglia Lea’. Questa griglia, attraverso l’assegnazione di un punteggio, attesta l’erogazione delle prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire ai cittadini.

E’ “una vera e propria ‘pagella’ per la sanità – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – che permette di identificare Regioni promosse (adempienti)”, e dunque meritevoli di accedere alla quota di finanziamento premiale, “e quelle bocciate”.

Queste ultime, definite ‘inadempienti’, sono sottoposte ai Piani di rientro, che prevedono un affiancamento da parte del ministero della Salute che può sfociare sino al commissariamento della Regione. Non sono sottoposte alla verifica degli adempimenti: Friuli Venezia-Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Prima della pandemia la presentazione del monitoraggio dei Lea era un momento importantissimo per la sanità: una sorta di termometro che permetteva di capire non solo lo stato di salute della sanità dei territori, ma anche il margine d’azione a livello regionale per il futuro. Negli anni abbiamo visto regioni entrare nel novero delle inadempienti e altre uscirne, ma le ‘prime della classe’ sono rimaste sempre le stesse.

I dati del report Gimbe

La Fondazione guidata da Nino Cartabellotta ha analizzato i risultati dei monitoraggi annuali del ministero di Lungotevere Ripa relativi al decennio 2010-2019. Quindi prima della pandemia.

A partire dai singoli indicatori sono stati computati i punteggi totali, calcolando quelli non disponibili: quelli delle Regioni non sottoposte a verifica degli adempimenti per gli anni 2010-2016 e quelli relativi a tutte le Regioni per gli anni 2010-2011.

Le percentuali di adempimento, spiegano da Gimbe, sono state calcolate come rapporto tra il punteggio totale ottenuto nel periodo 2010-2019 e il punteggio massimo di 2.250 raggiungibile nel decennio analizzato.

La classifica finale è stata elaborata secondo le percentuali cumulative di adempimento 2010-2019 e suddivisa in quartili.

La classifica

In testa, come anticipato, troviamo l’Emilia-Romagna con il 93,4% di adempimento, in coda invece c’è la Sardegna con il 56,3% (si tratta di una Regione esclusa dal monitoraggio Lea).

Tra le prime 10: Toscana (91,3%), Veneto (89,1%), Piemonte (87,6%), Lombardia (87,4%), Umbria (85,9%), Marche (84,1%), Liguria (82,8%), Friuli Venezia-Giulia (81,5%) e Provincia autonoma di Trento (78,8%).

Agli ultimi 6 posti, oltre alla Sardegna, Provincia autonoma di Bolzano (57,6%), Campania (58,2%), Calabria (59,9%), Valle d’Aosta (63,8%) e Puglia (67,5%).

Nella prima metà della classifica si posizionano dunque solo due Regioni del Centro e nessuna del Sud, a riprova – dicono da Gimbe – di una “questione meridionale” in sanità.

E ancora, in 10 anni la percentuale di adempimento delle Regioni è del 75,7% (range tra Regioni 56,3%-93,4%). “In altri termini, se a fronte delle risorse ripartite alle Regioni la Griglia Lea è lo strumento utilizzato dal Governo per monitorare l’erogazione delle prestazioni essenziali, il 24,3% delle risorse assegnate nel periodo 2010-2019 non ha prodotto servizi per i cittadini, con un range tra le Regioni che varia dal 6,6% dell’Emilia-Romagna al 43,7% della Sardegna”, sottolineano da Gimbe.

Quanto alle Regioni non sottoposte alla verifica degli adempimenti, Friuli Venezia-Giulia e Provincia autonoma di Trento raggiungono percentuali di adempimento da metà classifica, mentre Valle D’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano e Sardegna registrano le performance peggiori.

Il Nuovo sistema di garanzia

Dal 1 gennaio 2020 la Griglia Lea è stata sostituita dal Nuovo Sistema di Garanzia (Nsg), con 22 indicatori definiti Core. Gimbe ha analizzato i risultati della sperimentazione 2019 (gli unici disponibili al momento della redazione del report).

Il nuovo sistema considera adempienti le Regioni che raggiungono la sufficienza su tutte e tre le aree di assistenza: prevenzione, distrettuale e ospedaliera. Dalla sperimentazione 6 Regioni risultano inadempienti: la Calabria non raggiunge il punteggio minimo in nessuna delle tre aree; la Provincia autonoma di Bolzano in due aree e Valle d’Aosta, Molise, Basilicata e Sicilia in una sola area.

Emerge, dicono da Fondazione Gimbe, una classifica simile a quella ottenuta con la Griglia Lea, e l’Emilia-Romagna si conferma in prima posizione.

Tutto sommato si conferma la presenza, in Italia, di una sanità che funziona e di una che non c’è. Con cittadini di Serie A e Serie B.

“Senza una nuova stagione di collaborazione tra Governo e Regioni e un radicale cambio di rotta per monitorare l’erogazione dei Lea, diseguaglianze regionali e mobilità sanitaria continueranno a farla da padrone. E il Cap di residenza delle persone condizionerà il diritto alla tutela della salute”, conclude Cartabellotta.

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