Messina Denaro, il medico tra Giustizia e diritto alle cure

Alfonso Tumbarello
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La notizia dell’iscrizione del medico in pensione Alfonso Tumbarello, 70 anni, nel registro degli indagati per favoreggiamento con aggravante mafiosa apre un nuovo capitolo nella storia della cattura del boss Matteo Messina Denaro.

Il medico di Campobello di Mazara aveva in cura il vero ‘Andrea Bonafede’, la cui identità è stata utilizzata da Messina Denaro per esami e terapie oncologiche presso la clinica La Maddalena di Palermo. Ma se è dovere del medico prestare le cure, quale posizione deontologica devono tenere i ‘camici bianchi’ nei confronti di persone ricercate dalla Giustizia?

“Voglio essere chiaro: nessun medico può mettere in atto atteggiamenti di favoreggiamento della mafia, questo è assolutamente escluso”, ha detto a Fortune Italia Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri).

Il giuramento d’Ippocrate

Nel giuramento d’Ippocrate il medico si impegna a “prestare soccorso nei casi d’urgenza e mettermi a disposizione dell’Autorità competente, in caso di pubblica calamità;
rispettare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che osservo o che ho osservato,inteso o intuito nella mia professione o in ragione del mio stato o ufficio; prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della professione“.

“Quello che il Codice dice – spiega Anelli – è che il medico ha come obiettivo quello di curare i cittadini, ed è in questo bilanciamento tra il curare e il non ostacolare la Giustizia che deve improntare il suo comportamento”. Per il presidente della Fnomceo, insomma, “il favoreggiamento alla mafia di per sè costituisce un comportamento molto grave del medico”.

Il diritto alla salute

In linea generale, ragiona Anelli, “il medico non può negare una prestazione ad alcuno. Considerando però la situazione particolare, è chiaro che l’operatore non può mettere in atto condotte che possono in qualche modo ostacolare le indagini o deviarle. Insomma, il diritto alla cura va sempre salvaguardato, ma il medico non può frapporsi tra la Giustizia e il cittadino-paziente“.

Nel caso del medico che ha seguito Messina Denaro, precisa Anelli, le valutazioni “dipenderano da quello che la Magistratura e gli inquirenti avranno acquisito. Sulla base di questo, ci sarà la discussione, che dovrà tener conto di due principi: da una parte il diritto alla salute, dall’altro il dovere del medico di non ostacolare in nessuna maniera indagini in corso”.

La continuità delle cure

“Ogni caso è a sè: nelle sentenze della Cassazione sono raffigurate una serie di caratteristiche valutate dagli inquirenti. La continuità delle cure può rappresentare un problema, se il medico sa di chi si tratta e continua a curarlo”, dice Anelli.

“Ma bisognerà anche tener conto del problema rappresentato dalla tutela della salute. Insomma, i singoli atti” del professionista “andranno valutati  attentamente”. Per dire, il dottore ha visitato mai personalmente Messina Denaro, o si è limitato a valutare gli esami, prescrivendo le terapie sulla base della documentazione che gli forniva il suo vero paziente?

In ogni caso, l’Ordine dei medici entrerà in gioco al temine delle indagini. “Noi non abbiamo un’attività di carattere inquirente – ricorda Filippo Anelli – Ciò che la Magistratura ci trasmetterà, sarà valutato dall’Ordine territoriale di riferimento”.

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