Sensori ‘spaziali’ in ospedale per monitorare i pazienti

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Metti insieme l’Agenzia spaziale europea (Esa), l’Irccs Santa Lucia di Roma e un’azienda specializzata nell’Internet of Things (Davra): qualcosa di buono uscirà fuori sicuramente. E così è stato, grazie a una sinergia che ha permesso di prevenire cadute e di intervenire tempestivamente in caso di necessità utilizzando sensori indossabili per monitorare i pazienti all’interno dell’ospedale romano specializzato nella neuroriabilitazione.

Ma andiamo con ordine e capiamo quale è stato il ruolo rivestito dai tre partner del progetto di sperimentazione Lifesaving Location Service (LifeLos) che ha recentemente compiuto il giro di boa annuale.

Da un lato l’ospedale ha selezionato alcuni smartwatch e braccialetti tecnologici da far indossare ai pazienti fragili più a rischio di cadere, con l’obiettivo di valutare se rendere più sicura la loro deambulazione grazie a questi sensori indossabili potesse incidere favorevolmente sulla loro qualità di vita.

Dall’altro Devra ha fornito la piattaforma tecnologica necessaria per ricevere in tempo i dati provenienti dai sensori e comunicarli ai referenti dell’ospedale per consentire di soccorrere i ricoverati in caso di bisogno.

E l’Esa? L’Ente spaziale europeo ha messo a disposizione la propria rete Galileo per la localizzazione satellitare dei pazienti negli spazi esterni dell’ospedale.

Ebbene, la sinergia espressa nel progetto LifeLos, che permette di rilevare in tempo reale se un paziente è caduto o se si trova in aree sovraffollate rischiose per la sua deambulazione, ha avuto gli sperati effetti benefici sulle persone ricoverate per la neuroriabilitazione. A spiegarlo è Roberta Annicchiarico, geriatra e direttrice del laboratorio di Tecnologie e Metodologie formative per l’Assistenza alla Disabilità del Santa Lucia: “Nei pazienti che hanno impiegato i device per un periodo di otto settimane abbiamo rilevato un impatto sui livelli di ansia e sul tono dell’umore, che si sono ridotti, così come la paura di perdere l’equilibrio e cadere. Dal punto di vista dei nostri pazienti, il costante monitoraggio e il senso di sicurezza garantiti dal sistema LifeLoS hanno rappresentato un valore aggiunto durante il ricovero presso la struttura”.

Sorprendentemente le criticità principali che sono state affrontate in questo progetto non sono state quelle relative agli aspetti hi-tech. Ciò che più ha impegnato gli esperti del Santa Lucia è stata la selezione dei dispositivi che garantissero una maggiore carica della propria batteria, così da permettere limitate ricariche da parte dei pazienti.

“Abbiamo individuato le tecnologie più adatte per vestibilità e comfort per il paziente confrontandole con quelle che sono le necessità dell’organizzazione del reparto – precisa Emiliano Mazzi, ingegnere dei Servizi IT del Santa Lucia – Ad esempio è stato necessario individuare dispositivi con una batteria che durasse a lungo, in modo da essere sempre certi che il paziente avesse con sé un dispositivo carico e funzionante. La tecnologia consumer in questo ci è venuta incontro con una vasta selezione di smartwatch e smartband che è stato possibile mettere alla prova grazie ai nostri partner tecnologici. La nostra sperimentazione ha evidenziato i benefici degli smartband rispetto agli smartwatch perché, a fronte di un minor numero di sensori e quindi di funzioni, la capacità di mantenere una carica sufficiente, anche per diverse settimane, è la priorità per il successo di questo progetto”.

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