Sanità, sale la spesa degli italiani per le cure

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Stiamo toccando con mano la difficoltà della sanità pubblica, sottofinanziata per anni e provata dalla pandemia, nel recuperare i ritardi dovuti alla ‘grande fuga’ dei pazienti per Covid-19.

Carenza di personale, burnout e problemi organizzativi trasformano in un’impresa prenotare visite ed esami. Così non stupisce troppo come, dopo il calo registrato nel 2020, la spesa privata per curarsi sia tornata a salire (e non poco) nel 2021.

A fare i conti è il 18.mo Rapporto Sanità del Crea (Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità), presentato al Cnel. La spesa dei cittadini per le cure ha segnato un +9% nel 2021, circa 1.800 euro a famiglia rispetto ai 1.700 dell’anno precedente. Una crescita più rapida di quella dei consumi totali, pari 4,7%.

Tutto questo a fronte del fatto che la spesa per la sanità pubblica in Italia è molta più bassa rispetto ad altri grandi Paesi europei. Dal 2000 al 2021 è cresciuta solo del 2,8% medio annuo.

Se in molti si sono visti costretti a mettere mano al portafogli, il disagio economico causato dalle eccessive spese ‘out of pocket’ nel 2020 ha riguardato circa 1,3 milioni di famiglie in Italia che hanno rinunciato alle cure per motivi economici o si sono impoverite per sostenerle, pari al 5,2% del totale (lo 0,6% in più rispetto al 2019). E, di queste, circa 610.000 sostengono spese sanitarie definite ‘catastrofiche’.

Questione di risorse e personale

Senza risorse e senza personale – si legge nel report – è impossibile recuperare il 65% di prestazioni perse durante la pandemia, che ha inciso soprattutto sugli anziani: il 70% degli over 80 registra un peggioramento dello stato di salute, soprattutto nei centri maggiori e nel Nord-Ovest, e il 50% ha speso di più privatamente per bisogni sanitari e sociali.

L’impatto della pandemia

“L’accesso universale alle cure è regredito con la pandemia e non accenna a riprendersi”, ha commentato Tonino Aceti, presidente di Salutequità. In questa situazione “è necessario agire sul riparto della spesa corrente, mettere in pista politiche per l’accesso alle cure, a partire da una vera strategia per il governo delle liste di attesa, l’aggiornamento del Piano nazionale della cronicità. Ma anche rafforzare il ruolo del livello centrale nel controllo alle Regioni e affrontare il problema delle carenze di organico”.

AAA operatori cercasi

Scarseggiano medici e infermieri. Lo scriviamo da tempo: secondo questo report la sanità pubblica conterebbe 3,9 medici per 1.000 abitanti contro i 3,8 della media di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna: ma, correggendo per l’età media della nostra popolazione (con più over 75 rispetto ad altri), a mancare sarebbero ben 30.000 medici.

Per gli infermieri il problema è ancora più rilevante: ne abbiamo 5,7 per 1.000 abitanti contro i 9,7 dei Paesi Ue. Qui la carenza supera le 250mila unità rispetto ai parametri europei e, comunque, solo per attuare il modello disegnato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, ne servirebbero 40-80.000 in più. “I dati – ha detto Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) – confermano in nostro allarme. Nel 2021 abbiamo toccato il fondo, laureando meno di 10.000 infermieri. Solo l’1% degli studenti sceglie questo corso di laurea contro una media del 3% negli altri Paesi dell’Unione”.

E’ anche una questione di soldi. “Da noi guadagnano il 40% in meno dei colleghi europei, pur avendo carichi di lavoro molto gravosi”, ha detto Mangiacavalli.

Medici in pensione a 72 anni

Senza risorse e senza personale – sostengono gli autori del rapporto – è impossibile recuperare il 65% di prestazioni perse durante la pandemia. Ma trovare infermieri e specialisti non è semplicissimo e soprattutto occorre tempo (come dimostra il caso dei medici a gettone e di quelli cubani ‘arruolati’ in Calabria). Così si è pensato di prolungare su base volontaria il servizio dei ‘camici bianchi’.

La soluzione, che ne giorni scorsi ha visto la levata di scudi dei sindacati medici, sembra invece piacere all’Enpam. L’Ente di previdenza dei medici e dei dentisti, è “pronto a recepire l’eventuale norma” che permetterà, ai medici convenzionati disponibili, di restare in servizio fino a 72 anni nell’attesa che arrivino giovani a sostituirli. Il presidente Alberto Oliveti la definisce una misura straordinaria che “sembra inevitabile per il Servizio sanitario nazionale e, per quanto questo possa essere controintuitivo, è nell’interesse dei giovani medici”.

Data l’attuale carenza, senza un prolungamento provvisorio per i convenzionati anziani, infatti, “tanti cittadini rischierebbero di restare senza servizio pubblico, mentre i futuri medici di famiglia vedrebbero scomparire i loro spazi professionali poiché nel frattempo, come abbiamo già visto accadere, verrebbero occupati da medici importati da Paesi extra-europei se non addirittura cancellati da riorganizzazioni forzate dell’assistenza primaria”.

Il pensionamento “massivo era ampiamente previsto, tanto che l’Enpam lancia l’allarme da più di 10 anni. Oggi questa misura consentirebbe di dare maggiore solidità al sistema previdenziale della categoria senza togliere lavoro ai giovani. È anzi fondamentale che nei prossimi tre anni vengano formati tutti i nuovi medici di medicina generale e i pediatri di cui c’è bisogno”.

Nel frattempo, Enpam può contribuire a tamponare la situazione permettendo ai convenzionati con determinati requisiti di anzianità di continuare a lavorare fino a 72 anni, ma riducendo il carico di attività e venendo affiancati, per la restante parte, da giovani medici già formati o ancora in formazione.

L’App, l’anticipazione di prestazione previdenziale, permette al medico di rinunciare a una quota di introiti, iniziando però a ricevere una parte di pensione. Ad esempio chi continuasse a svolgere il 60% dell’attività professionale, comincerebbe a percepire il 40% dell’assegno pensionistico.

Più soldi alla sanità

Resta aperta la questione delle risorse. Per avere un’incidenza media sul Pil analoga a quella di altri Paesi Ue, la spesa sanitaria pubblica italiana dovrebbe crescere di 50 miliardi, ovvero almeno 10 miliardi per 5 anni. Ma “nei documenti di finanza pubblica – ha detto Federico Spandonaro, presidente del Comitato scientifico Crea Sanità – sono previsti meno di 2 miliardi per anno, troppo pochi per un riallineamento”.

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