Nuovo test svela l’età biologica, ecco come funziona

Claudio Giorlandino
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Si fa presto a parlare di invecchiamento. Tutti conosciamo coetanei super-sprint e altri che, fin da giovani, arrancavano a salire le scale. Non è solo una questione di buona salute o di allenamento. La colpa (o il merito) è del Dna. E a ‘svelare’ la presenza di caratteristiche da ‘Highlander’ (un po’ come il protagonista immortale del celebre film con Christopher Lambert) è oggi un test, brevettato da un centro italiano.

“Una delle più importanti scoperte della genetica è consistita nel comprendere che il nostro progetto costitutivo è realizzato a partire da un Dna praticamente identico per tutti, differenziandosi al massimo nello 0.1% della sequenza genomica. Ciò che invece ci distingue (oltre allo 0.1%) è l’attivazione o disattivazione delle sequenze del Dna contenute nella porzione eucromatinica (quella attiva), potenzialmente capaci di codificare per le proteine costituenti la struttura del nostro organismo, anzi l’azione epigenetica delle strutture molecolari che lo regolano: i gruppi metilici, il metiloma“, spiega a Fortune Italia Claudio Giorlandino, direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca Scientifica Altamedica.

“I geni sono regolati da una miriade (quasi un milione) di microinterruttori, chiamati gruppi metilici, in grado di accendere o spegnerne l’attività. I diversi pattern di metilazione regolano infatti l’accensione e lo spegnimento di specifici geni. E l’insieme di tali interruttori viene oggi chiamata metiloma“.

Altamedica ha brevettato un test, da effettuare sul sangue o sulle mucose, ‘battezzato’ Highlander Test, che valuta l’età biologica, non quella anagrafica, calcolando il ritmo di invecchiamento. Ma come funziona? L’analisi si basa sui livelli di metilazione del Dna, misurando l’accumulo di gruppi metilici sulla sequenza del nostro genoma, come si legge in uno studio che ha permesso di arrivare al nuovo test, ed è stato sottomesso alla rivista Epigenomes.

Questione di metilazione

Gli effetti dell’età sui livelli di metilazione del Dna sono noti dalla fine degli anni 1960, ma molto più recentemente si è appreso anche che la metilazione non è stabile come si pensava e agisce sul funzionamento del nostro Dna.

Il primo orologio epigenetico multi-tessuto è stato sviluppato da Steve Horvath, professore di genetica umana e biostatistica presso l’Ucla nel 2013. Horvath ha trascorso oltre 4 anni a raccogliere dati di metilazione del Dna con sequenziatori Illumina.
Una seconda generazione di orologi epigenetici è emersa pochi anni dopo e ha migliorato la prima nella stima dell’età. Ciò è stato dovuto all’incorporazione negli algoritmi di varianti ambientali che hanno permesso di “leggere” con maggior precisione cosa è scritto nelle sequenze di geni metilati nel nostro organismo.

Nuovi algoritmi

“Oggi siamo molto più avanti. Nuovi più sofisticati algoritmi, come quello che abbiamo brevettato, sono in grado di associare all’età cronologica i fattori che la influenzano in un soggetto rispetto all’altro, permettendo di correggere l’andamento epigenetico del singolo individuo al fine di rallentarne l’invecchiamento”, assicura Giorlandino.

La metilazione agisce anche sulla lunghezza della vita, “essendo alcuni geni in grado di ricomporre la normale sequenza, ad esempio, del telomero, quella porzione del cromosoma che si danneggia ad ogni replicazione cellulare e che, ad un certo punto, non può essere più ricostruita determinando il “fine vita”, in genere dopo sole 60 volte che una cellula si riproduce. Si chiama limite o fenomeno di Hayflick – spiega il ricercatore – ed è correlato alla lunghezza della regione telomerica alla fine dei cromosomi”.

La ricerca dell’eterna giovinezza si correla, quindi, alla comprensione e modulazione dei geni che sovraintendono all’invecchiamento.  “Confrontando l’età di metilazione del Dna (età stimata) con quella scritta sulla carta d’identità, si possono definire misure di accelerazione dell’età – continua l’esperto – L’accelerazione dell’età può essere definita come la differenza tra l’età di metilazione del Dna e l’età cronologica. L’analisi si spinge talmente in avanti che oggi, con questi test, è già possibile stabilire la data del ‘fine vita’”, aggiunge.

Il test

“E’ uno degli aspetti più sconvolgenti, ma anche inquietanti, di questo studio epigenetico basato sull’analisi del metiloma . Abbiamo studiato un test che, ovviamente, non fornirà l’informazione sul ‘fine vita’ – precisa il medico – Conoscere la propria vera età, quella biologica, certificata con un documento incontestabile è senz’altro elemento di grande valore nella documentazione medica che viene normalmente richiesta nei rami salute e vita delle assicurazioni o alla stipula di un mutuo”.

Spostare le lancette

“Al momento possiamo certamente comprendere la nostra vera età. Possiamo capire se stiamo invecchiando più o meno velocemente del tempo che trascorre, e possiamo anche agire sul metiloma per rallentare il ritmo di invecchiamento. Purtroppo ci è ancora impedito di utilizzare quei supporti biochimici che possono entrare nel Dna e modulare l’attività del metiloma. Dobbiamo accontentarci – continua Giorlandino – di utilizzare strategie mirate ma indirette”.

Ovvero? “Innanzitutto correggere lo stile di vita e aiutarci con supplementazioni o sottrazioni di sostanze che sono attive sul metiloma. Somministrare integratori a cascata, senza senso, invece non è utile. I risultati di un test di ricerca clinica da noi realizzato e condotto per oltre 10 anni, il multivitamin-test, ci ha insegnato che la somministrazione irrazionale e di integratori non solo non è sempre necessaria, ma addirittura dannosa, costringendo l’organismo a un lavoro di smaltimento”.

Un cambio di paradigma

“Sofisticati algoritmi bioinformatici pubblicati (Hannum, Grim, Pheno, Altamedica) e di nostra proprietà, permettono oggi all’Highlander Test di scoprire il ritmo di accelerazione di età (detta Age acceleration) che può essere positiva (si invecchia di più del tempo che passa), ma anche negativa (si invecchia di meno). In modo da operare per rallentare l’invecchiamento agendo sui gruppi metilici che controllano i geni, ricostruendo l’attività codificante dei geni dunque. E non – conclude – ‘restaurando’ l’organismo come finora si è fatto”.

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