Un robot soft alleato dei pazienti con Sla e ictus

robot soft Sla
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Più che un robot, ai non addetti ai lavori ricorda una sorta di giubbotto di salvataggio. E’ sottile come una maglietta, leggero e sembra dotato di una cintura speciale, ma in realtà si tratta di un innovativo robot soffice indossabile, sperimentato per supportare i movimenti delle braccia nei pazienti con sclerosi laterale amiotrofica (Sla), ma anche per la riabilitazione delle persone che hanno subito un ictus. 

Lo studio su 10 pazienti con Sla è stato pubblicato di recente su ‘Science Translational Medicine’. Ma il robot è già stato sperimentanto anche su altri gruppi di pazienti, ed è il risultato di un progetto triennale guidato all’Università di Harvard dall’italiano Tommaso Proietti.

Proietti e un paziente mentre testano il robot soft/Fonte Tommaso PROIETTI

La buona notizia è che si tratta di un ‘cervello di ritorno’: oggi Proietti, 34 anni, è Assistant Professor all’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Rientrato in Italia da marzo 2022, Proietti ha mantenuto una posizione di associato nel laboratorio dell’Università di Harvard, “con la quale collaboro ancora. Il mio obiettivo – racconta a Fortune Italia – è quello di trasferire conoscenze e tecnologie soft e indossabili in Italia, dove sto creando un nuovo laboratorio, per concentrarci non solo sulla Sla, ma anche su altre popolazioni di pazienti”.

“Probabilmente – anticipa – attiveremo anche delle collaborazioni a livello locale: siamo in contatto con l’Ospedale Careggi di Firenze per un lavoro sui pazienti con lesione spinale e stiamo ragionando sulla possibilità di usare questi dispositivi su pazienti pediatrici”.

Il prototipo

Come dicevamo, il robot soft “è stato sviluppato ad Harvard. E’ un giubbotto per l’assistenza dei pazienti con alcuni tipi di disabilità. Mentre la versione per la riabilitazione è destinata a persone che hanno possibilità di re-imparare un gesto o il controllo del proprio corpo come ad esempio dopo un ictus, nel caso dell’assitenza questa possibilità non c’è. Pensiamo a persone con malattie neurodegenerative: il robot deve compensare capacità motorie che peggiorano” nel tempo, spiega Proietti. “Quello che cambia – precisa – è come controlliamo il robot, se per compensare i movimenti o per rieducarli”.

Materiali elastici, attuatori pneumatici (una sorta di ‘palloncini’ messi sotto le ascelle delle persone) e sensori inerziali danno vita a un dispositivo leggero e flessibile, “molto diverso, ad esempio, rispetto a un esoscheletro”. Proprio i sensori avvertono quando il paziente sta provando a fare un movimento e lo supportano, gonfiando gli attuatori. In questo modo il movimento diventa più ampio.

La sperimentazione

Nel trial appena pubblicato “sono stati coinvolti prima 10 pazienti con Sla in una sessione effettuata  nell’estate 2021, poi due di loro sono tornati circa sei mesi dopo per confermare i risultati. Abbiamo visto che il robot migliorava l’ampiezza del movimento in media del 30%. Il prototipo é stato sperimentato in Usa anche sui pazienti con ictus: in questo caso sono state coinvolte circa 20 persone”, precisa Proietti, che ha firmato già alcune pubblicazioni scientifiche in merito.

Robot Soft/Foto Tommaso PROIETTI

“In realtà – dice il ricercatore – si tratta di due prototipi un po’ diversi: nel caso della Sla si tratta di un robot soft bi-manuale, mentre per l’ictus, che colpisce metà del corpo, abbiamo sviluppato più moduli che, a seconda delle necessità, si possono integrare”.

Un robot ‘economico’ e adattabile

Quanto ai costi di questi dispositivi, trattandosi di prototipi è difficile fare una stima, ma si tratta di ordini di grandezza “ridotti rospetto a quelli degli esoscheletri tradizionali – assicura Proietti – Inoltre il robot soft è molto più facile da customizzare sulla base delle dimensioni dei pazienti, un po’ come una maglietta. Pensiamo ai bambini”. Per loro il robot soft potrebbe rivelarsi particolarmente utile.

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