Ambiente: l’impatto di Tac e risonanze e come ridurlo

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A volte tendiamo a dimenticarlo, ma anche la sanità ha un impatto sull’ambiente. Pensiamo all‘energia che serve per le apparecchiature diagnostiche usate tutti i giorni nei nostri ospedali. Secondo il rapporto “Health Care’s Climate Footprint” il 4,4% delle emissioni climatiche globali deriva proprio dalle attività del settore sanitario. E il fatto che il ‘parco macchine’ italiano sia vetusto non aiuta, sul fronte dell’impatto ambientale e dei consumi energetici.

Qualche numero

L’imaging è una delle aree che impattano maggiormente, come ha spiegato a Fortune Italia Antonio Spera, Ad di GE HealthCare Italia. La buona notizia è che le aziende stanno cercando strategie per ridurre il consumo di energia in tutta la radiologia, e in particolare nei casi di risonanza magnetica e Tac. Si stima che a livello globale siano installati 50.000 sistemi di risonanza magnetica e che ogni anno vengano eseguite più di 95 milioni di scansioni in tutto il mondo. Inoltre, a causa del crescente invecchiamento della popolazione e della prevalenza di malattie croniche, la domanda di questi esami (e dei relativi macchinari) continuerà ad aumentare.

Antonio Spera, Ad di GE HealthCare Italia

E l’Italia? Abbiamo apparecchi obsoleti, e questo si sa. “Ma forse sono anche troppi: a dircelo è il confronto a livello internazionale. L’Italia insomma – afferma Spera – ha un eccesso di apparecchiature, vecchie e poco utilizzate rispetto ad altri Paesi di riferimento. E’ anche vero che il Pnrr mira a ridurre il gap di vetustà, sostituendo circa 3.000 grandi apparecchiature con 10 anni o più”.

Innovazione amica dell’ambiente

Un importante contributo su questo fronte arriva digitalizzazione e ricerca, che impattano su tutte le fasi di vita del prodotto. Dal canto suo GE HealthCare ha fissato un obiettivo ambizioso, “ovvero – ricorda Spera – ridurre le emissioni del 50% entro il 2030 e di raggiungere l’obiettivo emissioni nette zero entro il 2050″.

“Dobbiamo pensare – ricorda l’Ad – che queste sono apparecchiature energivore: una sola risonanza magnetica consuma come 26 famiglie di 4 persone. Ecco perché lavoriamo lungo tutto il ciclo vitale di questi beni: le fabbriche usano energie rinnovabili, i componenti sono riciclabili, il packaging diventa sempre più sostenibile per l’ambiente”.

All’atto pratico, l’azienda si impegna a contribuire alla riduzione delle emissioni di carbonio del settore healthcare grazie all’innovazione tecnologica, che consente tra l’altro di produrre nuovi sistemi di risonanza magnetica più leggeri, “che richiedono meno energia e utilizzano materiali riciclabili”. Con un impatto anche sul trasporto, lungo tutta la filiera.

Questione di digitalizzazione

L’Ad sottolinea il ricorso a “sistemi di energy saving, ma anche l’importanza della digitalizzazione, con l’utilizzo di algoritmi che aiutano a ottenere le stesse prestazioni con un consumo di energia inferiore. Altro aspetto importante: la medicina di precisione oggi consente di prescrivere una terapia a chi ne beneficerà, evitando al sistema costi ed esami inutili. E anche questo è rilevante dal punto di vista della sostenibilità”.

La digitalizzazione permette, inoltre, di intervenire da remoto risolvendo “il 60% dei guasti. L’impatto su trasporti e ambiente – assicura Spera – è evidente”.

Uno dei più recenti sistemi di risonanza magnetica di GE HealthCare, ad esempio, è significativamente più leggero e 1,4 volte più efficiente delle precedenti generazioni della sua tecnologia 3.0T e utilizza il 67% in meno di elio e questo incide anche sull’energia necessaria per il trasporto e l’installazione.

C’è poi la riduzione “di radiazioni nei nuovi apparecchi, che è un vantaggio per la salute delle persone ma consente anche risparmi”.

E ancora, c’è il tema del ciclo vitale di questi apparecchi. “Iniziamo col dire che l’uso continuativo ha benefici rispetto a quello a ‘singhiozzo’: i sistemi stessi sono più affidabili. Inoltre – aggiunge il manager – auando disinstalliamo questi sistemi vengono ‘ricondizionati’ per mercati secondari o Paesi in via di sviluppo. Le parti di ricambio, almeno quelle elettroniche, sono riparate e rimesse in circolo”.

Iodio prezioso

Un altro aspetto importante è quello della sostenibilità dello iodio impiegato come mezzo di contrasto per Tac ed emodinamica. L’utilizzo di questo elemento infatti rischia di diventare non sostenibile a livello ambientale e produttivo, a fronte di una domanda in continua crescita.

Si tratta di una risorsa non rinnovabile e che viene estratta in solo due Paesi, Cile e Giappone, con procedimenti lunghi, costosi e che impattano sull’ambiente. Negli ultimi tre anni, oltretutto, il prezzo dello iodio è aumentato del 90%. Un’opportunità per ottimizzare i consumi di iodio e ridurre di conseguenza l’impatto ambientale sarebbe il recupero del mezzo di contrasto non utilizzato.

“In Italia però oggi il materiale inutilizzato in radiologia a fine giornata viene buttato perché, in base alla regolamentazione nazionale, più stringente rispetto a quella europea, lo iodio viene smaltito come qualsiasi rifiuto speciale ospedaliero, pagando anche lo smaltimento. Nei Paesi nordici, invece, da ormai 15 anni GE HealthCare ha attivato un servizio gratuito di recupero dei mezzi di contrasto non utilizzati: il sito produttivo di GE HealthCare a Lindesness (in Norvegia) ha ottenuto la certificazione dal 2006 per il recupero dello Iodio derivato dalla raccolta degli avanzi di fine giornata nei dipartimenti di radiologia e cardiologia Interventistica”, ricorda Spera.

Prospettive per il settore

La crisi delle materie prime”ha avuto un impatto sull’approvvigiornamento dei materiali, parliamo di rame, plastiche, acciai, ma anche dello iodio. Ci siamo dovuti confrontare con difficoltà di rispondere alla domanda e con incrementi di costi che hanno sfiorato il 60% nel caso dei trasporti. Ne stiamo venendo fuori, ma a livello di supply chain è stato un momento complesso”, riconosce l’Ad.

Tra intelligenza artificiale e big data, il futuro intanto incalza. “Uno degli obiettivi adesso – concude Spera – è cercare di costruire tecnologie sempre più aggiornabili, senza dover smontare tutto: una strategia che consente di fare economia di scala, con un impatto positivo sull’ambiente”.

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