Il Pnrr e la sfida degli asili nido

Tra milestone di natura qualitativa e target di natura quantitativa, una delle linee di intervento del Pnrr più interessanti, perché tocca direttamente il cuore di un tema antico e mai risolto, è quella relativa al contrasto alla povertà educativa minorile e agli asili nido. Anche se ad alcuni potrà apparire poco rilevante, è uno dei grandi temi di oggi, essendo il nostro Paese il secondo più vecchio al mondo, con conseguenze rilevantissime sul piano economico, sociale, pensionistico, prima che culturale, di progresso e di futuro. D’altronde, aggiungiamo anche un elemento ulteriore non da poco: il livello di istruzione di una comunità è la prima misura del destino di quella realtà. Innanzitutto di una democrazia.

Dunque il PNRR, anche su questo, è un’opportunità unica sia per ridurre le ampie disparità interne che caratterizzano l’esperienza italiana in tema, sia per adeguare la società italiana ai migliori standard europei.

Il quadro di partenza – inutile dirsi – è assai scoraggiante. Infatti, come emerge dall’incrocio dei dati Istat, di Open Polis e del report dell’impresa sociale ‘Con i Bambini’, tre sono i nostri elementi drammatici di partenza: se per la prima infanzia il 59,3% dei Comuni italiani offre asili nido o servizi integrativi, questa quota scende al 46% nel Mezzogiorno; la de-scolarizzazione aumenta, perché nel 2021 ha abbandonato la scuola, fermandosi alla licenza media, il 12,7% dei giovani (dato che in Sicilia sale al 21,2%); ogni 100 bambini residenti vi sono 27,2 posti nei nidi e nei servizi per la prima infanzia, di molto inferiore alla soglia obiettivo europea del 33%.

In questo quadro, le risorse impiegabili sono davvero incredibili: 4,6 mld di euro, di cui 3,1 messi dal solo Pnrr e 1,6 di progetti già attivi. Nello specifico, dei fondi Pnrr, ben 2,4 mld riguardano la costruzione di asili nido, e 600 mln quella delle scuole e poli dell’infanzia.

Beh, cosa sta accadendo?

Innanzitutto i Comuni – riferimenti iniziali in primis sul versante progettuale, e poi terminali finali dell’investimento – hanno mostrato scarso interesse per gli asili nido in favore delle scuole dell’infanzia, anche per il timore di avere asili senza studenti. Per fortuna, contro la paura di ‘cattedrali nel deserto demografico’ del Paese, vi è stato l’ulteriore progressivo ampio finanziamento in tema dell’ultima legge di bilancio, quella 2022, per sostenere questi costi ulteriori (1,1 mld) nella speranza intanto che si inverta il calo demografico (mantenendo al tempo stesso un collegamento appunto tra la copertura attuale e il finanziamento futuro).

Tuttavia ancora non si è prevista una norma che incentivi i Comuni di piccole dimensioni – che in genere hanno un numero di bambini inferiore al necessario per costituire un plesso scolastico d’infanzia – ad aggregarsi gli uni con gli altri. Si favorirebbe la creazione di dinamiche educative preziose in quelle realtà, ma sarebbe anche un utile strumento contro lo spopolamento delle aree interne; soprattutto se queste, a poco a poco, iniziano a essere servite anche da infrastrutture digitali adeguate, anzitutto per il lavoro a distanza.

Ultimo, ma non da ultimo, non si può escludere il rischio che molte di queste risorse non verranno spese perché il tema – nonostante l’impegno di molti – ancora non è vissuto fino in fondo come una vera opportunità, in primis per il Mezzogiorno (basti pensare che a maggio 2022 Friuli-Venezia Giulia, Basilicata, Molise e Sicilia non avevano ancora proposto progetti per utilizzare interamente le risorse potenzialmente loro destinate). Luigi Einaudi nel 1956 sottolineava che “nella vita delle nazioni di solito l’errore di non saper cogliere l’attimo fuggente è irreparabile”. Non perdiamo allora questa occasione, a maggior ragione perché siamo ancora in tempo – grazie al Piano REPowerEU, che si innesta su questo, per poter rimodulare entro aprile 2023, aggiornando i vincoli, nelle forme e nelle modalità, il Pnrr. Non poco, se fatto bene.

 

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