Sport e morti improvvise, come ridurre i rischi dei giovanissimi

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Sono tragedie che colpiscono famiglie e atleti nel fiore degli anni. Parliamo delle morti improvvise sui campi di calcio o di ragazzi impegnati in vari sport. Secondo le stime su 100.000 giovani atleti apparentemente sani 1-3 muoiono improvvisamente, durante l’esercizio fisico. Ma queste giovani vite si potevano salvare?

A rispondere a questa domanda è un nuovo studio italiano, che ha coinvolto decine di migliaia di giovanissimi sportivi, consentendo diagnosi precoci e salvando potenzialmente molte vite.

La risposta dei ricercatori è positiva: sarebbe possibile prevenire molti di questi eventi, grazie a controlli già nei ragazzini e a un monitoraggio attento e soprattutto regolare. Ben il 74% delle patologie cardiovascolari a rischio morte improvvisa, infatti, sono state diagnosticate in bambini e ragazzi con meno di 16 anni dai ricercatori veneti. 

Il maxi studio

La Medicina dello Sport dell’Ulss 2 ha condotto uno studio in collaborazione con l’Università di Padova sul significato dello screening medico sportivo nella prevenzione delle “morti improvvise” nello sport, monitorando più di 22.000 giovani atleti.

La ricerca, pubblicata sull’European Heart Journal, è stata guidata dall’équipe di Patrizio Sarto, direttore della Medicina dello Sport dell’Ulss 2, in collaborazione con i Domenico Corrado, direttore dell’Uosd Centro genetico per le cardiomiopatie aritmiche e Cardiologia dello sport, e Alessandro Zorzi, entrambi del Dipartimento di Scienze toraco-vascolari e Sanità pubblica dell’Università di Padova.

Lo screening

“Alla base dello studio ci sono i dati scientifici raccolti dalla nostra équipe su 22.324 atleti trevigiani tra i 7 e 18 anni, che sono stati sottoposti nel corso degli anni a 65.397 valutazioni mediche – spiega Sarto – La nostra modalità di screening differisce da quella proposta in altri Paesi come il Regno Unito, dove i giovani calciatori vengono sottoposti a un’unica valutazione cardiovascolare all’età di 16 anni: i nostri atleti vengono presi in carico in giovanissima età e ripetono la valutazione ogni anno”.

“Ciò – continua lo specialista – può consentire l’identificazione molto precoce delle malattie cardiovascolari a rischio di morte improvvisa durante l’attività sportiva e, quando la prima valutazione non è in grado di evidenziare la patologia, risultano fondamentali i controlli successivi. In particolare, lo screening ha individuato patologie del muscolo e del sistema elettrico del cuore, forme aritmiche ventricolari gravi e cardiopatie congenite nei soggetti a rischio di morte improvvisa”.

Giovani vite salvate

Grazie screening sviluppato dal team, sono state potenzialmente salvate le vite di 69 giovani atleti. Su 22.324 sportivi valutati, uno soltanto è stato colpito da arresto cardiaco durante l’attività sportiva, ed è sopravvissuto grazie alla rianimazione cardiopolmonare con l’uso del defibrillatore. “Questo è un caso molto complesso perché, nonostante i tanti esami eseguiti non è stato ancora possibile individuare la causa dell’arresto cardiaco”, precisa Sarto.

“Dopo la diagnosi, i giovani sportivi cardiopatici già da diversi anni non vengono “abbandonati” ma grazie al programma ‘Il secondo tempo di Julian Ross’, continuano a essere seguiti dell’équipe di specialisti, che offre loro l’opportunità di avere tutte le informazioni necessarie per continuare in sicurezza l’attività fisico-sportiva più indicata alla loro nuova condizione clinica”, aggiunge Sarto.

La prova da sforzo

“Dallo studio – dice Zorzi – emerge il ruolo fondamentale della prova da sforzo nella valutazione medico-sportiva. In Italia, la prova da sforzo viene eseguita sempre durante la visita medico-sportiva, mentre all’estero viene di solito ci si ferma all’Ecg a riposo. Nel nostro studio si dimostra che la prova da sforzo, particolarmente per la valutazione delle aritmie, ha consentito di sospettare una patologia cardiaca in diversi giovani sportivi con Ecg di base normale e che sarebbero altrimenti sfuggiti”.

“Siamo certi – conclude Corrado – che i risultati di questo lavoro contribuiranno a cambiare il ruolo dello screening medico sportivo a livello internazionale”. A tutela dei giovani amanti dello sport.

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