Pediatri, la mappa delle carenze in Italia

pediatri

E’ emergenza pediatri. Ne mancano almeno 840
 in tutta Italia: tra il 2019 e il 2021 sono diminuiti del 5,5%.
 Così medici e famiglie sono già in difficoltà, in particolare in alcune regioni, dove gli specialisti si trovano a dover seguire un esercito di piccoli pazienti. A ‘stilare’ la mappa della carenza di pediatri è Fondazione Gimbe, in un’analisi che non stupirà troppo le famiglie con bambini tra 0 e 14 anni.

Lombardia, Piemonte e Toscana guidano la ‘classifica’ delle regioni afflitte dalla peggiore carenza di questi specialisti, ma la situazione è difficile anche in Veneto e Campania. Ed è destinata a peggiorare, dal momento che entro il 2031 dovrebbero andare in pensione circa 3.500 dottori dei bambini.

Criticità da Nord a Sud

A ogni bambino, sin dalla nascita, deve essere assegnato un pediatra di libera scelta per accedere alle prestazioni sanitarie incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) e garantite dal Ssn. Ma ormai trovare un pediatra è diventata un’odissea.

L’allarme, sottolinea Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, “oggi è lanciato da genitori di tutte le Regioni, da Nord a Sud, con narrative dove s’intrecciano questioni burocratiche, mancanza di risposte da parte delle Asl, pediatri con numeri esorbitanti di assistiti, sino all’impossibilità di esercitare il diritto d’iscrivere i propri figli al pediatra di famiglia con potenziali rischi per la salute, in particolare dei più piccoli e dei più fragili”.

Nel nuovo report Gimbe ha stimato l’entità della carenza di pediatri nelle diverse Regioni italiane. “Su carenze e fabbisogno è possibile solo fare stime a livello regionale à avverte Cartabellotta – perché la reale necessità di pediatri viene stimata dalle singole Aziende Sanitarie Locali (Asl). Sui numeri relativi ai nuovi specialisti in pediatria che intraprendono la carriera di pediatra di libera scelta e su quelli che vanno in pensione possono solo essere fatte delle stime”.

Le regole e i numeri dei pazienti

Sino al compimento del 6° anno di età i bambini devono essere assistiti per legge da un pediatra, mentre tra i 6 e 14 anni i genitori possono scegliere tra questo specialista e il medico di medicina generale. Al compimento dei 14 anni la revoca del pediatra è automatica, tranne per pazienti con documentate patologie croniche o disabilità, per i quali può essere richiesta una proroga fino al compimento del 16° anno.

Queste regole “rappresentano un enorme ostacolo per un’accurata programmazione del fabbisogno di pediatri”, nota Cartabellotta. Infatti, secondo i dati Istat al 1 gennaio 2022 la fascia 0-5 anni include più di 2,6 milioni di bambini e quella 6-13 (iscrizione facoltativa pediatra) quasi 4,3 milioni: ovvero oltre il 62% della fascia 0-13 anni potrebbe iscriversi a un medico di medicina generale in base alle preferenze dei genitori.

Il massimale

Il numero massimo di assistiti di un pediatra è fissato a 800, ma esistono varie deroghe nazionali, regionali e locali, che portano spesso a superare i 1.000 iscritti: indisponibilità di altri pediatri del territorio, fratelli di bambini già in carico ad un pediatra, scelte temporanee (es. extracomunitari senza permesso di soggiorno, non residenti). “Le politiche sindacali locali hanno sempre mirato a innalzare il massimale (e i compensi) dei pediatri già in attività, piuttosto che favorire l’inserimento di nuovi colleghi”, sottolinea Cartabellotta.

C’è da dire che la bozza del nuovo Accordo Collettivo Nazionale propone di rivedere il calcolo del rapporto ottimale tenendo conto degli assistibili di età 0-14 anni, decurtati dagli assistiti di età >6 anni in carico ai medici di famiglia e di innalzare il massimale da 800 a 1.000 assistiti.

Questione di zona

I nuovi pediatri vengono inseriti nel Ssn previa identificazione da parte della Regione delle cosiddette “zone carenti”, ovvero i territori in cui occorre colmare un fabbisogno assistenziale e garantire una diffusione capillare degli studi dei pediatri. Attualmente, tuttavia, la necessità della zona carente viene calcolata solo sulla fascia di età 0-6 anni tenendo conto di un rapporto ottimale di 1 pediatra ogni 600 bambini. Questo metodo di calcolo, però “sottostima il fabbisogno: paradossalmente, facendo riferimento alle regole vigenti, i pediatri sarebbero addirittura in esubero perché il loro fabbisogno viene stimato solo per i piccoli sino al compimento dei 6 anni. Mentre di fatto assistono oltre l’80% di quelli della fascia 6-13 anni”, rileva Cartabellotta.

Pensionamenti e programmazione

Secondo le stime dell’Enpam al 31 dicembre 2021 più del 50% dei pediatri aveva oltre 60 anni. E’ atteso un pensionamento massivo nei prossimi anni: ovvero, considerando un’uscita a 70 anni, entro il 2031 dovrebbero andare in pensione circa 3.500 dottori dei bambini.

Nuovi specialisti

A fronte di queste uscite, il numero di borse di studio ministeriali per la scuola di specializzazione in pediatria, dopo un decennio di sostanziale stabilità, è nettamente aumentato negli ultimi 5 anni: da 440 nel 2016-2017 siamo passati a 841 nel 2021-2022, con un picco di 973 nell’anno accademico 2020-2021.

“Tuttavia – spiega Cartabellotta – se da un lato è impossibile sapere quanti specializzandi in pediatria sceglieranno la carriera di pediatra di libera scelta e quanti quella ospedaliera, dall’altro è certo che i nuovi pediatri non saranno comunque sufficienti per colmare il ricambio generazionale”. L’Enpam stima che il numero dei giovani formati o avviati alla formazione specialistica coprirebbe solo il 50% dei posti necessari.

Quanti sono oggi i pediatri

Secondo l’ultimo aggiornamento del report Agenas in Italia nel 2o21 i pediatri in attività erano 7.022, ovvero 386 in meno rispetto al 2019 (-5,5%).

Inoltre, secondo quanto riportato dall’Annuario Statistico del Ssn 2021, gli specialisti con oltre 23 anni di specializzazione sono passati dal 39% nel 2009 all’80% nel 2021. “Un dato – commenta Cartabellotta – che aggiunge alla carenza il mancato ricambio generazionale che con i pensionamenti dei prossimi anni rischia di creare un vero e proprio baratro dell’assistenza pediatrica”.

La mappa

Secondo le rilevazioni della Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati (Sisac), al 1 gennaio 2022, 6.921 pediatri avevano in carico quasi 6,2 milioni di iscritti, di cui il 42,3% (2,62 milioni) della fascia 0-5 anni e il 57,7% (3,58 milioni) della fascia 6-13 anni, pari all’83,3% della popolazione 6-13 anni.

In termini assoluti, la media nazionale è di 896 assistiti per pediatri di libera scelta e a livello regionale solo Umbria (784), Sardegna (788), Sicilia (792) e Molise (798) rimangono al di sotto del massimale senza deroghe; 17 Regioni superano invece la media di 800 assistiti a specialista, di cui Piemonte (1.092), Provincia Autonoma di Bolzano (1.060) e Toscana (1.057) vanno oltre la media di 1.000 assistiti per pediatra.

Ecco dove mancano i pediatri

“Lo scenario – afferma Cartabellotta – è molto più critico di quanto lasciano trasparire i numeri: infatti, con un tale livello di saturazione non solo viene meno il principio della libera scelta, ma in alcune Regioni diventa impossibile trovare disponibilità di pediatri, in particolare nelle aree interne o disagiate dove i bandi per le zone carenti vanno spesso deserti”.

Utilizzando i dati della Sisac al 1° gennaio 2022 e ipotizzando una media di 800 assistiti a pediatra (pari all’attuale tetto massimo) si stima appunto a livello nazionale una carenza di 840 pediatri, con notevoli differenze regionali.


Errori di programmazione del fabbisogno, miopi politiche sindacali, variabili locali non sempre prevedibili sono nel ‘mirino’ di Cartabellotta. Convinto che innalzare l’età pensionabile a 72 anni e aumentare il massimale a 1.000 servono solo a mettere “la polvere sotto il tappeto”.

La ‘ricetta’

Secondo il presidente Gimbe servono un’adeguata programmazione, modelli organizzativi che puntino sul lavoro di team, grazie anche alle Case di comunità e alla telemedicina, “oltre che accordi sindacali in linea con i reali bisogni della popolazione. Perché guardando ai numeri di pensionamenti attesi e dei nuovi pediatri è ragionevolmente certo – dice il presidente Gimbe – che nei prossimi anni la carenza non potrà che acuirsi ulteriormente”.

Vero è che il numero dei nuovi nati in Italia è in continuo declino. Ma è proprio assicurando servizi e assistenza alle famiglie che possiamo sperare di invertire una tendenza che mette a rischio il futuro del nostro Paese.

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