Hiv, progressi e lacune in 10 tappe

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Che topica per il General Surgeon, nel 1967. L’autorità scientifica più importante degli Usa aveva annunciato che le malattie infettive sarebbero definitivamente scomparse. Senza arrivare a Covid, dopo pochi anni la previsione dell’esperto è diventata carta straccia. Basta pensare al virus, comparso quasi in sordina negli anni ’80 e diventato protagonista su scala mondiale. Parliamo dell’Hiv. La sua storia inizia nel marzo 1981, quando i Centers for Disease Control (Cdc) di Atlanta, negli Stati Uniti, ricevono la segnalazione che a New York almeno otto giovani uomini omosessuali sono stati colpiti da una forma aggressiva di sarcoma di Kaposi.

Il 5 giugno il bollettino epidemiologico dei Cdc pubblica l’articoloPneumocystis pneumonia – Los Angeles’, che segna l’esordio ufficiale dell’epidemia di Aids.

Nel maggio 1983 Luc Montagnier, dell’Institut Pasteur di Parigi, riferisce di avere isolato il nuovo virus e lo chiama Lav (lymphadenopathy-associated virus).

Nel 1986 il patogeno viene ufficialmente ‘battezzato’ con il suo nome attuale: Hiv (Human Immunodeficiency Virus). Oggi l’infezione viene controllata. Ma va scoperta precocemente. Ecco dieci parole che riassumono i progressi fatti ma anche gli step che mancano.

Vaccino.

Nonostante le previsioni iniziali, non si è ancora arrivati a un vaccino per l’Hiv. Il virus è un abile trasformista, capace di modificarsi nel corso del tempo e addirittura di cambiare le proprie caratteristiche nella stessa persona: difficile trovare un obiettivo.

Guarigione.

Di recente una persona a Düsseldorf è stata dichiarata “ufficialmente libera” dall’Hiv a distanza di nove anni da un trapianto di cellule staminali. Il caso descritto su Nature Medicine è uno dei cinque al mondo di guarigione completa dal virus.

Antivirali.

I farmaci oggi sono in grado di colpire in diversi punti il processo di replicazione del virus. E si possono associare tra loro. Quanto tempo è passato dalla scoperta dell’AZT, primo medicinale specifico per il virus. Oggi le cure sono più efficaci e soprattutto semplici da seguire.

Long-acting.

Non più compresse ogni giorno, ma iniezioni da ripetere a periodi prefissati, ad esempio a distanza di mesi. Così le persone si possono sentire più libere e tranquille nella vita di tutti i giorni, evitando di dover ricordare di prendere sempre alla stessa ora le terapie.

Carica virale.

In inglese si traduce con viral load. È l’indice utilizzato per verificare gli effetti delle terapie. In pratica, misura la quantità di virus presente nel sangue delle persone con Hiv, consentendo di valutare le condizioni iniziali del soggetto e l’efficacia dei trattamenti.

Infezioni opportunistiche.

Alcune malattie (come ad esempio la polmonite da Pneumocystis carinii) possono manifestarsi nelle persone con Hiv e malattia avanzata: queste infezioni sono quindi conseguenza del venir meno delle difese immuni per l’attività del virus.

Santuari.

Chiamati anche Reservoirs, sono i compartimenti dell’organismo in cui si insinua il virus e non riescono a penetrare i farmaci antivirali. Possono essere santuari ad esempio il cervello o anche strutture immunitarie come le cellule della memoria.

CD4.

È una proteina di superficie che si trova su specifici linfociti (T-Helper, spesso chiamati CD4+), oltre che su altre cellule. I CD4 sono molecole che entrano in gioco nei processi di segnalazione tra linfociti T e altre cellule che entrano nella risposta immunitaria.

Resistenza fenotipica.

Si tratta della riduzione della sensibilità del virus HIV nei confronti di un farmaco. Si misura con un parametro che controlla la concentrazione del farmaco necessaria a inibire il 50% dei virus in laboratorio ed è estremamente utile nel monitorare la situazione.

HAART.

La sigla sta per Highly Active Antiretroviral Therapy (terapia antiretrovirale altamente attiva). È il trattamento che in genere include la combinazione di diversi farmaci per ridurre la carica virale e inibire il più possibile la replicazione del virus.

 

 

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