Email fuori orario di lavoro, la ‘dipendenza’ fa male al capo

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Domanda per tutti. E a tutte le latitudini. Quando il vostro superiore invia una mail ben oltre l’orario d’ufficio, magari richiedendo anche una rapida risposta, come vi comportate? Ma soprattutto, a prescindere dalla reazione, come considerate il capo? Le ritenete un valido leader o piuttosto considerate questo suo aspetto che si insegue anche dopo che avete terminato le vostre mansioni come un segno di debolezza o di scarsa organizzazione personale che si trasmette poi nell’attività professionale?

Insomma, a vostro parere smanettare di continuo su smartphone, tablet o Pc per inviare/rispondere a messaggi di posta elettronica è buono e giusto per chi ha la responsabilità di una struttura? Qualche che sia il vostro pensiero, dal massimo bisogno di staccarsi dagli strumenti di lavoro, fino alla disponibilità 24 ore su 24 se l’azienda chiama e invia messaggi in tal senso, sappiate che la dipendenza dalla messaggistica psicologicamente non fa propriamente bene.

Anzi, in chi gestisce il lavoro o comunque l’attività di altri collaboratori, riuscire a disconnettersi forse dovrebbe diventare una necessità per il benessere, anche sotto l’aspetto dell’efficacia e dell’efficienza professionale.

Almeno, va detto, per i leader che vengono giudicati dai collaboratori. A disegnare la necessità di una vera e propria moratoria oraria nell’invio/ricezione di mail è uno studio che ha come coordinatrice Klodiana Lanaj dell’Università della Florida.

La ricerca è stata pubblicata su Journal of Applied Psychology e arriva ad una conclusione davvero interessante, che svela contorni forse non troppo chiari del rapporto tra vita professionale e mondo privato, in costante ricerca di equilibrio di fronte alle necessità e al tempo che non basta mai.

Ebbene, l’indagine pone una parola chiara, che diventa anche un confine che non andrebbe valicato, specie per chi detiene la leadership. Essere capi significa anche essere in grado di lasciare da parte le problematiche lavorative una volta chiuso l’ufficio, per rilassarsi e fare una vita piena e soddisfacente tra le mura domestiche.

Insomma: se si vuole essere leader efficienti sul lavoro bisogna tenere un motto riportato dalla stessa autrice della ricerca: “Lascia il lavoro al lavoro”. Da aggiungere, poi la classica postilla. Sempre leggendo lo studio, si scopre che chi è in un percorso di crescita dovrebbe far particolarmente sua la regola di evitare l’invio di missive informatiche in ore sconvenienti.

Lo studio, va detto, ha oltrepassato le barriere che classicamente si sono manifestate in corso di pandemia, con il necessario distanziamento e lo smart-working. I dati raccolti si riferiscono infatti a manager e dipendenti si aziende negli Usa, con analisi effettuate sia nel periodo pre-pandemico che nell’infuriare della bufera dell’infezione da Sars-CoV-2.

Cosa ne emerge? Quando chi comanda è stato in grado di staccare completamente la spina senza pensare al lavoro la notte, nella giornata successiva si è sentito più in forma e soprattutto più riconosciuto come “guida” da parte dei collaboratori.

Al contrario, chi invece non è riuscito a togliersi dalle mente le preoccupazioni, magari anche rimanendo a chattare o a rispondere ai messaggi di posta elettronica nelle ore notturne, il giorno dopo è risultato con meno energie. E questo è stato notato da chi lavorava con lui/lei.

Impariamo insomma a resettarci, anche se ovviamente il nostro cervello non è come un computer. Ma certo non ci fa bene rimanere sempre connessi, per inviare (o attendere) messaggi professionali. Il relax è fondamentale, anche per non precipitare nel “phubbing”. Tendere a trascurare le persone per controllare compulsivamente il cellulare è un pericolo da evitare, per il bene nostro e degli altri, e non solo in azienda.

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