Superbatteri, cosa sono e perchè devono preoccuparci

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Per tre anni un virus ha tenuto in scacco il mondo. Così abbiamo finito per ‘dimenticare’ un altro pericolo: quello dei superbatteri. Eppure qualche anno fa la stessa Organizzazione mondiale della sanità aveva lanciato l’allarme apocalisse antibiotica: un’epoca in cui questi preziosi farmaci avrebbero perso di efficacia, rendendo insidioso ogni piccolo intervento.

Uso degli antibiotici, allevamenti intensivi, guerre, crisi climatica, disuguaglianze sanitarie. È un tema trasversale quello trattato nel libro ‘I superbatteri. Una minaccia da combattere‘, scritto da Fabrizio Pregliasco e Paola Arosio ed edito da Raffaello Cortina.

L’idea degli autori è quella di parlare un po’ a tutti, per divulgare la scienza in modo coinvolgente. Quasi 300 pagine in cui vengono raccontate tante storie, non solo di superbatteri. Ma di che microrganismi parliamo? L’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato l’elenco dei 12 batteri più pericolosi al mondo, divisi in 3 categorie: a priorità assoluta, alta e media.

Al primo gruppo appartengono Acinetobacter, Pseudomonas ed Enterobacteriaceae, che colpiscono particolarmente in ospedali e luoghi di cura in genere, causando vari tipi di infezioni, come polmoniti e setticemie. La seconda categoria contiene, fra gli altri, i microrganismi responsabili di salmonella e gonorrea, l’H. pylori che si annida nello stomaco e lo stafilococco aureo. Al terzo gruppo lo Streptococcus pneumoniae, contro il quale la penicillina si sta rivelando sempre meno efficace e che provoca fra l’altro polmoniti e meningiti, l’Haemophilus influenzae, capace di causare otiti, e la Shigella.

Si tratta di nomi che, forse, abbiamo già sentito. Ebbene, nel libro gli autori ci ricordano scienziati e ricercatori, come Robert Koch, che identificò il batterio della tubercolosi, ricevendo il premio Nobel per la medicina. O Alexander Fleming, che scoprì, per una fortuita coincidenza, la penicillina, il primo antibiotico, un presidio fondamentale che accompagnò perfino lo sbarco degli Alleati in Normandia. Ma anche di tanti pazienti vittime di infezioni: dalla polmonite alla sifilide, dalla dissenteria al tetano. Alcune storie sono a lieto fine, altre purtroppo no.

Nel libro si parla anche degli antibiotici. Usarli in modo appropriato (giusto farmaco alla dose giusta per il tempo giusto) è fondamentale per “tenere a freno” i germi più aggressivi, che, proprio a causa dell’uso smodato di questi medicinali si stanno rafforzando sempre di più: per questo li chiamiamo superbug, superbatteri.

Un’arma utile contro i microrganismi patogeni è senza dubbio la vaccinazione, che – come ha ricordato più volte Pregliasco ai lettori di Fortune Italia – giocando d’anticipo, previene la malattia, limitando di conseguenza l’utilizzazione degli antimicrobici.

Alla diffusione dei superbatteri hanno contribuito, per lungo tempo, anche gli allevamenti intensivi, all’interno dei quali era prassi somministrare agli animali mangime addizionato con antibiotici con un duplice obiettivo: farli crescere più in fretta e prevenire eventuali malattie. Così, durante la macellazione, residui dei farmaci finivano nella carne destinata alle nostre tavole.

La questione non riguarda, però, solo gli antibiotici che assumiamo o gli alimenti. Ma si estende a problemi globali. Uno su tutti: i conflitti, come quello che insanguina l’Ucraina. Le ferite dei soldati, sporche di fango, polvere, frammenti metallici, sono il luogo ideale in cui i batteri possono proliferare, per poi migrare ovunque, visto che non conoscono barriere, né confini.

Anche la crisi ambientale non andrebbe sottovalutata. In questi giorni abbiamo visto le drammatiche conseguenze in Emilia Romagna, con l’alluvione che ha causato morti e sfollati, seminando ovunque distruzione. Ebbene, molte ricerche hanno dimostrato che proprio il surriscaldamento del pianeta è in grado di favorire le mutazioni che rendono i batteri più resistenti.

Per fare fronte a ciò, alcuni ricercatori stanno cercando di rintracciare molecole con azione battericida in nuovi habitat naturali, come abissi oceanici, deserti, foreste tropicali, mentre altri hanno testato varie sostanze da somministrare in combinazione con gli attuali antibiotici per aumentarne l’efficacia.

Una soluzione interessante potrebbe arrivare dai batteriofagi, detti semplicemente fagi, virus specializzati nel colpire a morte i batteri. Un’altra dai batteri predatori, che, come suggerisce il nome stesso, aggrediscono e annientano altri batteri, pur essendo innocui per gli esseri umani. Un’altra ancora dagli anticorpi, farmaci già utilizzati contro il cancro, le malattie infiammatorie e anche Covid-19, sotto forma di plasma convalescente.

Infine, una strategia promettente e mirata potrebbe venire dall’ingegneria genetica.
Nel frattempo, ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte, con responsabilità. A partire dall’uso dei farmaci, ma non solo: in ballo infatti c’è la salute di tutti.

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