Tumore al seno, farmaco a bersaglio molecolare riduce il rischio di recidiva

michelino de laurentis e fabio puglisi
Aboca banner articolo

Il tumore del seno, del quale si registrano ogni anno in Italia 55.700 nuovi casi, è sempre più trattabile, con tassi di sopravvivenza a 5 anni tra i più alti tra tutti i tumori (fino al 90%). Purtroppo il rischio di recidiva persiste per tutta la vita e ogni anno si contano 6.000 nuove recidive tra le donne che, al momento della diagnosi erano in stadio iniziale a rischio moderato-elevato. E dunque si deve fare di più.

E si può, come dimostra lo studio Natalee, presentato all’ASCO di Chicago davanti ad una platea di 30 mila oncologi da tutto il mondo e di prossima pubblicazione sul New England Journal of Medicine. I risultati di questo trial evidenziano che in queste pazienti è possibile ridurre di un ulteriore 25% il rischio di recidive, aggiungendo alla terapia ormonale in adiuvante (cioè dopo l’intervento chirurgico) il ribociclib, farmaco a bersaglio molecolare.

Michelino De Laurentiis
Michelino De Laurentiis

“La popolazione arruolata nel Natalee – spiega il professor Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori Irccs Fondazione G. Pascale di Napoli – rappresenta una platea di donne molto comune nella nostra pratica clinica, stimabile in circa 20mila donne con neo-diagnosi di tumore del seno ogni anno. E i risultati di questo studio dimostrano che l’aggiunta di ribociclib allo standard di terapia attuale rappresenta un importante passo avanti verso la guarigione, riuscendo a ridurre di un quarto il rischio residuo di recidiva, rispetto alla terapia attuale. Questo trattamento, somministrato per tre anni in fase post-operatoria, ha insomma la potenzialità di aumentare i tassi di guarigione della malattia; ma questo lo vedremo solo nei prossimi anni con il maturare dei dati”.

Fabio Puglisi

“Avere a disposizione un farmaco per le donne a maggior rischio di recidiva è molto importante – sottolinea il professor Fabio Puglisi, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica all’Irccs Cro di Aviano, ordinario e Direttore della scuola di specializzazione in Oncologia Medica all’Università degli Studi di Udine – perché ci consente di evitare la comparsa di metastasi, quindi di recidive, con l’auspicio che questo si traduca in un miglioramento significativo in termini di sopravvivenza; ci auguriamo dunque che questo farmaco si renda presto disponibile per le nostre pazienti”.

Un farmaco molto efficace ma anche ben tollerabile. “Abbiamo una vasta esperienza dell’uso di ribociclib nelle donne in fase avanzata di malattia, cioè metastatica – rassicura De Laurentiis – e, tra i vari inibitori delle cicline, ribociclib è quello in grado di mantenere la migliore qualità di vita, rispetto al solo trattamento ormonale e a volte addirittura di migliorarla. Ed è quello che ci aspettiamo anche quando ribociclib, al momento approvato solo per le donne con malattia metastatica, verrà usato in fase più precoce, come nello studio Natalee. Il profilo di tollerabilità osservato nello studio è addirittura migliore dell’atteso, perché si è adottata la strategia di somministrare una dose lievemente inferiore del farmaco. Anziché i classici 600 mg al giorno che si utilizzano nella malattia metastatica, si è optato per una dose di 400 mg al giorno, visto che il trattamento viene prolungato per tre anni. E questo di certo ne aumenta la tollerabilità nelle donne candidate a riceverlo”.

“Ribociclib – spiega il professor De Laurentiis – è un farmaco della classe degli inibitori delle cicline, o inibitori di CDK4/6, che agisce su una sorta di semaforo molecolare che regola l’attività proliferativa di tutte le cellule, il complesso CDK4/6. Gli inibitori bloccano questo complesso e attivano la luce arancione o rossa del ‘semaforo’; nel primo caso la cellula tumorale va in ‘quiescienza’, nel secondo la cellula va in senescenza e muore. Al momento abbiamo tre composti in grado di agire su questo semaforo molecolare (ribociclib, palbociclib e abemaciclib), ma non tutti hanno la stessa potenza, la capacità cioè di far scattare la luce rossa; quando ci si ferma all’arancione, l’inibizione può essere temporanea e può ripassare al verde, cioè alla proliferazione della cellula tumorale. Ribociclib è in grado di inibire efficacemente questa proliferazione”.

“Ribociclib – ricorda il professor Puglisi – per ora è autorizzato per il trattamento del tumore del seno in fase metastatica; ha dimostrato di essere efficace nella patologia endocrino-sensibile, ma anche in quella endocrino-resistente (nelle due forme di endocrino-resistenza primaria o endocrino-refrattarietà e nell’endocrino-resistenza secondaria). È l’unico tra i tre inibitori delle cicline oggi a disposizione, ad aver dimostrato un vantaggio in termini di sopravvivenza libera da progressione, di sopravvivenza globale e di impattare in modo favorevole sulla qualità di vita”.

“Lo studio Natalee – ricorda il professor Saverio Cinieri, presidente dell’Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) – ha coinvolto 12 centri italiani, uno sforzo importante di partecipazione della comunità scientifica italiana e l’Italia in questo si è sempre distinta. Non a caso il premio scientifico più importante assegnato nel corso dell’Aiom è intitolato al nostro Gianni Bonadonna. Dunque, si conferma l’eccellenza della ricerca italiana, che si traduce anche in risultati clinici: i dati di sopravvivenza e di cronicizzazione dei pazienti italiani sono tra i migliori del mondo. È fondamentale però aumentare l’adesione ai programmi di screening del tumore della mammella, che soprattutto al Sud non ricevono ancora una buona risposta da parte delle donne”.

Lo studio

Lo studio Natalee è uno studio globale di fase III, randomizzato, in aperto, condotto su 5.101 mila pazienti con tumore del seno in fase iniziale ad alto rischio di recidiva (II-III stadio) con recettori ormonali positivi e HER2 negativi (HR+/HER2). Obiettivo principale era la valutazione dell’efficacia e della sicurezza dell’aggiunta di ribociclib alla terapia endocrina adiuvante in termini di sopravvivenza libera da malattia invasiva (iDFS). Dopo un follow up di 34 mesi, le donne trattate con ribociclib ha ridotto il rischio di recidiva del 25,2%, offrendo un beneficio consistente in termini di iDFS.

Oltre il 90% delle pazienti con tumore del seno viene diagnosticato in fase iniziale; nonostante la terapia adiuvante, circa un terzo dei pazienti con diagnosi di stadio II e oltre la metà di quelli in stadio III va incontro a recidiva di malattia nel corso della vita. Ogni anno, circa 20 mila donne italiane vengono diagnosticate con un tumore del seno con le stesse caratteristiche della popolazione Natalee e potrebbero, dunque, essere candidate alla terapia con ribociclib in adiuvante.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.