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Parkinson, esercizio fisico intenso mette un freno alla malattia

Il Parkinson è una delle malattie neurdegenerative destinate a crescere nei prossimi anni, con l’invecchiamento della popolazione. Oggi in Italia secondo le stime sono circa 300.000 le persone con malattia di Parkinson, ma nei prossimi 15 anni si stima che si arriverà a 6.000 nuovi pazienti l’anno. Ebbene, dalla ricerca italiana arriva oggi una buona notizia: l’esercizio fisico intenso nelle fasi precoci della malattia aiuta a tenerla a bada.

La scoperta dei neuroscienziati della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, Campus di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs mostra che l’esercizio fisico intensivo potrebbe rallentare il decorso della malattia di Parkinson. Una scoperta che potrebbe aprire la strada a nuovi approcci non-farmacologici mirati.

Lo studio

Il lavoro, pubblicato su ‘Science Advances’, è stato condotto da studiosi della  Cattolica, campus di Roma e della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs, insieme a Università telematica San Raffaele Roma, Cnr, Tigem, Università degli studi di Milano e Irccs San Raffaele Roma. Finanziato dal Fresco Parkinson Institute to New York University School of Medicine and The Marlene and Paolo Fresco Institute for Parkinson’s and Movement Disorders, dal ministero della Salute e del Mur, lo studio ha individuato un nuovo meccanismo responsabile degli effetti positivi dell’esercizio fisico sulla plasticità cerebrale.

Lo studio, che vede come principali autrici le dottoresse Gioia Marino e Federica Campanelli, ricercatrici della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, campus di Roma, ha utilizzato diverse tecniche per misurare un effetto neuroprotettivo dell’esercizio fisico sul comportamento motorio e sulla cognizione visuo-spaziale.

I risultati

Sebbene i risultati siano stati ottenuti su un modello sperimentale di malattia, gli autori vedono importanti implicazioni per il paziente. “La novità del nostro studio – sottolinea Paolo Calabresi, corresponding author dello studio, Ordinario di Neurologia all’Università Cattolica e direttore della Uoc Neurologia al Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs – risiede nell’aver scoperto un meccanismo mai osservato prima, attraverso il quale l’esercizio fisico effettuato nelle fasi precoci della malattia induce effetti benefici sul controllo del movimento volontario che possono durare nel tempo anche dopo l’interruzione dell’allenamento”.

Paolo Calabresi

La scoperta suggerisce infatti che “un’attività fisica intensiva effettuata in maniera regolare è in grado di indurre modificazioni funzionali e strutturali nei neuroni e consente di contrastare gli effetti di eventi che provocano tossicità neuronale. Questo nuovo meccanismo può permettere di identificare nuovi target terapeutici e marcatori funzionali da tenere in considerazione per sviluppare trattamenti non-farmacologici da adottare in combinazione con terapie farmacologiche attualmente in uso”, dice il neurologo.

L’attività fisica e il Parkinson

L’attività fisica intensiva si associa a un aumento della produzione di un fattore di crescita fondamentale per la sopravvivenza dei neuroni, il brain-derived neurotrophic factor (BDNF).

In questo studio gli autori hanno osservato lo stesso fenomeno in risposta ad un protocollo di allenamento su tapis roulant e, per la prima volta, hanno dimostrato il meccanismo attraverso cui questo fattore neurotrofico agisce nel determinare gli effetti benefici dell’attività fisica a livello cerebrale e quindi comportamentale.

In dettaglio, gli esperti hanno dimostrato che un protocollo di esercizio fisico della durata di quattro settimane può rallentare la progressione di malattia in un modello animale di Parkinson in fase iniziale.

L’effetto principale osservato dai ricercatori è stato la riduzione della diffusione degli aggregati patologici di alfa-sinucleina, che nella malattia di Parkinson porta alla graduale e progressiva degenerazione delle cellule nervose di alcune aree cerebrali (la sostanza nera pars compacta e lo striato – la cosiddetta via nigrostriatale), deputate al controllo del movimento.

L’effetto neuroprotettivo è associato alla sopravvivenza dei neuroni che rilasciano il neurotrasmettitore dopamina e alla capacità dei neuroni del nucleo striato di continuare a svolgere la loro funzione, aspetti altrimenti compromessi dalla malattia.

I neuroscienziati hanno anche scoperto che gli effetti dell’attività fisica intensa  perdurano nel tempo, anche oltre l’interruzione dell’esercizio fisico.

Le prospettive

“Il nostro gruppo è coinvolto in uno studio clinico – conclude Calabresi – per verificare se l’esercizio fisico possa rallentare la progressione della malattia di Parkinson nei pazienti in fase precoce e individuare nuovi marcatori in grado di seguire il decorso della patologia”.

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