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Long Covid e cuore, interruttore immunitario nel mirino

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Tutta colpa di una reazione autoimmune anomala. Nella metà dei casi i pazienti ricoverati per Covid-19 con danno cardiaco soffrono di complicanze al cuore per diversi mesi dopo le dimissioni. Ora un gruppo di ricercatori italiani ha scoperto che  proprio una reazione autoimmune potrebbe spiegare la varietà delle manifestazioni – anche non cardiache – del Long Covid.

Il nostro sistema di difesa è armato contro ‘gli invasori’, ma una sorta di “programma di tolleranza” impedisce alle nostre difese di aggredire le cellule dell’organismo. Secondo i ricercatori di Humanitas l’incontro di alcune di queste cellule immunitarie con Sars-CoV-2 è in grado di spegnere il programma di tolleranza, scatenando le cellule contro il tessuto cardiaco. L’ipotesi dei ricercatori è che durante l’infezione da Covid-19 alcune cellule immunitarie fatte per riconoscere i nostri tessuti vengano accidentalmente stimolate dall’incontro con il virus e spengano così il freno di sicurezza che, in condizioni normali, impedisce l’aggressione del nostro organismo.

Lo studio, pubblicato su ‘Circulation‘, apre la strada a una migliore comprensione del Long Covid. Secondo i ricercatori, infatti, proprio questo meccanismo – che può persistere per mesi dopo la fine dell’infezione – potrebbe spiegare anche altri sintomi associati a questa patologia.

La ricerca

Lo studio è stato condotto su campioni di sangue di pazienti ricoverati per Covid  presso l’Irccs Istituto Clinico Humanitas, ed è stato possibile anche grazie al sostegno del ministero dell’Università e della Ricerca e di Fondazione Umberto Veronesi. Si trattava di persone che non avevano una storia di malattie cardiovascolari alle spalle.

La ricerca nasce dal lavoro congiunto tra il gruppo di Marinos Kallikourdis, a capo del Laboratorio di Immunità Adattiva di Humanitas, e il gruppo di Gianluigi Condorelli, direttore del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas, con il supporto del team di Marco Francone, responsabile dell’Imaging Cardiovascolare di Humanitas.

Se il Long Covid colpisce al cuore

“Le complicanze cardiovascolari sono frequenti nei pazienti guariti da Covid-19, soprattutto in chi ha sofferto di una forma grave dell’infezione – spiega Gianluigi Condorelli, anche docente Humanitas University – Gli studi ci dicono che la metà dei pazienti ricoverati per Covid-19 con alti livelli di troponina (un indicatore di danno al tessuto cardiaco) presentano anomalie nella risonanza magnetica cardiaca anche a 6 mesi dalla guarigione“.

In generale, il danno subito da organi e tessuti dopo Covid può essere spiegato attraverso due fenomeni: l’aggressione diretta da parte del virus e il danno collaterale dovuto alla risposta immunitaria scatenata dall’ingresso virus e poi rivolta – erroneamente – contro il tessuto. Quest’ultimo fenomeno spiega perché questo danno persista anche dopo l’infezione, cioè quando il virus non è più presente, come accade nel Long Covid”.

La perdita di tolleranza immunologica

“Analizzando i campioni di questi pazienti – spiegano i ricercatori Marco Cremonesi e Arianna Felicetta – abbiamo scoperto un’attivazione anomala di alcuni tipi di globuli bianchi – le cellule B, quelle deputate a produrre gli anticorpi – e abbiamo identificato la presenza di alcuni auto-anticorpi che riconoscono i tessuti del cuore. Come abbiamo poi dimostrato in uno studio di laboratorio, questi auto-anticorpi sono assenti nei pazienti ricoverati con Covid-19 ma senza danni cardiaci e sono sufficienti a scatenare una reazione autoimmune contro il cuore”.

I dati dello studio, seppur indicativi e derivati da un piccolo numero di pazienti, “supportano la nostra ipotesi di partenza – afferma Marinos Kallikourdis, capo del Laboratorio di Immunità Adattiva di Humanitas e docente Humanitas
University -il danno cardiaco è compatibile con un meccanismo chiamato “perdita di tolleranza immunologica”.

“Lo stesso meccanismo – conclude lo scienziato – potrebbe spiegare altre reazioni autoimmuni, ad esempio contro il tessuto nervoso, tipiche del Long Covid”.

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