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Numero chiuso a medicina, la proposta della Regione Campania per abolirlo

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Una proposta per abolire il numero chiuso alla facoltà di Medicina. L’iniziativa arriva dalla Giunta Regionale della Campania e rimette al centro del dibattito un tema che ciclicamente torna a dividere politica, opinione pubblica e addetti ai lavori. La proposta è stata illustrata alla Conferenza delle Regioni, dove ha incassato l’apertura di Zaia e Bonaccini; dopo essere stata approvata dal Consiglio Regionale della Campania, approderà Parlamento. L’iniziativa di legge rientra nelle facoltà del Consiglio Regionale che, secondo l’articolo 121 della Costituzione, “può fare proposte di legge alle Camere”. 

La proposta – a lungo caldeggiata dal presidente della Campania Vincenzo De Luca – prevede l’accesso libero a Medicina, Veterinaria e alle professioni sanitarie a partire dall’anno accademico 2024-25. Inoltre, entro il 31 gennaio 2024, il ministero dell’Università e della Ricerca dovrà accertare l’eventuale fabbisogno di risorse umane e strumentali necessarie a rafforzare il sistema universitario e a garantirne il corretto funzionamento. Entro il 31 dicembre 2026, andrà invece approvato il quadro inerente il fabbisogno della formazione specialistica.

“Capisco sia importante verificare le conoscenze dei futuri medici in materie determinanti per la loro formazione, ma non mi sembra giusto privarli della possibilità di indossare il camice bianco per un errore su una domanda molto tecnica e specifica che esula dal campo medico”, ha commentato a Fortune Italia Armida Filippelli, assessore alla Formazione professionale della Regione Campania. 

“Moltissimi ragazzi spendono migliaia di euro, quasi sempre in nero, per seguire i corsi di preparazione al test, con enormi sacrifici economici delle famiglie e grande frustrazione per chi non ce la fa. E spesso a non farcela sono ragazzi brillantissimi che escono dal liceo con 100 e lode, è un peccato non valorizzarli. Molti di quelli che non superano la selezione – conclude Filippelli – pur di inseguire il sogno di diventare medici, sono costretti ad andare a studiare in Romania o in Bulgaria. Se possiamo correggere questo sistema, credo sia doveroso farlo”. 

Il tema del numero chiuso e della sua abolizione non è assente dai pensieri del Governo. Nei mesi scorsi la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini ha annunciato la decisione di aumentare di 4mila unità i posti a Medicina, aiutando le università a sostenere il nuovo ritmo, affinché l’incremento non si traduca in un abbassamento della qualità dell’offerta formativa. Un passaggio importante che già andava nella direzione – auspicata da Bernini – di un graduale superamento del numero chiuso.

A difesa del criterio selettivo si schiera da tempo la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. “Col numero aperto si ripresenterebbe il dramma dell’imbuto formativo: medici laureati che non possono concludere il loro percorso formativo”, ci dice il presidente Fnomceo Filippo Anelli. “La formazione erogata dai nostri atenei è di altissima qualità, col numero aperto si rischierebbe di smantellarla o comunque di comprometterla in modo pericoloso. Non possiamo tornare al passato, quando c’era chi seguiva le lezioni da fuori le aule e il rapporto con i docenti era pressoché inesistente”. 

La soluzione più sensata, per Anelli, è quella di attuare una programmazione puntuale delle risorse e degli organici del Servizio sanitario nazionale. “Il direttore Mantoan e l’intera Agenas stanno facendo un ottimo lavoro nella definizione degli standard minimi di personale in rapporto ai posti letto e alla tipologia di assistenza. È un punto di partenza importante che ci consentirà di avere una mappa dettagliata del fabbisogno di personale negli ospedali”, conclude.

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