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Covid: la variante Pirola è arrivata in Italia. Ecco dove

coronavirus Pirola

Ci siamo: la variante BA.2.86, meglio nota come Pirola sui social – in onore di una specie botanica della famiglia delle Ericacee, la Pyrola – è arrivata in Italia. O, meglio, in Lombardia.

Pirola è infatti stata isolata a Brescia da Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv). E questo a partire dal campione  di “un paziente fragile, portato alla nostra attenzione. Il sequenziamento è in corso”, come ha spiegato all’Adnkronos Salute lo specialista, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’università di Brescia.

Dopo tanti articoli (e un pizzico di allarmismo), dunque, questa nuova variante caratterizzata da una quarantina di mutazioni, è arrivata nel nostro Paese. “Dal canto nostro abbiamo esaminato 10 sequenze isolate in tutto il mondo. Il primo ‘avvistamento’ di Pirola – ricorda a Fortune Italia Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, autore di uno studio ad hoc su questa variante – è stato il 24 luglio in Danimarca, ma a stretto giro questa forma è stata rilevata presto in altri Paesi, anche se non c’è stato un nesso epidemiologico”. I casi, insomma, non sarebbero stati diffusi da soggetti che hanno portato ‘in giro’ nel mondo BA.2.86, come era accaduto per il ceppo di Wuhan.

“Anzi, una delle ipotesi per spiegare il grande numero di mutazioni osservate su Pirola – ricorda l’esperto del Campus Bio-Medico – è dovuta al fatto che questa variante si sia originata da un ospite immunocompromesso, proprio come il paziente di Brescia”.

Le mutazioni

A preoccupare gli esperti, come abbiamo detto, è il fatto che BA.2.86 presenti oltre 30 mutazioni. “Alcune sono secondarie, due però sono davvero peculiari: una è riconducibile al ceppo Covid-19 di Wuhan e un’altra alla variante Delta”. Caratteristiche che secondo lo specialista potrebbero favorire Pirola rispetto a Eris, attualmente dominante nel nostro Paese.

“Quello che colpisce – ribadisce Ciccozzi – sono le oltre 30 mutazioni che rendono Pirola dal punto di vista evolutivo differente dalle altre sottovarianti Omicron. Forse dal punto di vista dell’immunologia BA.2.86 potrebbe eludere i vaccini antigenici basati sulla proteina N”.

La patogenicità

C’è poi il tema dell’aggressività: se per Caruso “non c’è alcuna evidenza che si tratti di una variante più patogena o più aggressiva delle precedenti”, Ciccozzi si dice d’accordo. “Ma continuo a pensare che, per le sue caratteristiche, questa variante sia da tenere d’occhio”, conclude.

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