Aumento dei tumori nei giovani, cosa ci dice davvero la ricerca

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I risultati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica specializzata in medicina oncologica, BMJ Oncology, indicano un aumento, di circa il 79-80% dello sviluppo dei tumori a livello globale. Questo aumento potrebbe essere erroneamente considerato come il tributo da pagare per la crescita dell’aspettativa di vita, essendo le patologie cronico-degenerative – e, in particolare il cancro – malattie tipiche dell’età avanzata. Ma il lavoro in questione non solo segnala la presenza di oltre di 3,26 milioni di casi di cancro ma, anche il loro esordio precoce.

In linea teorica si definisce “esordio precoce” la diagnosi per i soggetti tra i 14 ed i 49 anni. I ricercatori hanno esaminato i dati provenienti da 204 paesi tra il 1990 ed il 2019, ed, il risultato ancora più allarmante è che tale incremento risale agli ultimi 30 anni.

Il cancro oggi viene definito una “patologia genetica ambientale” poiché, vengono ritenuti responsabili, oltre all’età, fattori legati allo stile di vita (tabagismo, mancato esercizio fisico, obesità, dieta), e l’esposizione ad insulti ambientali. Quindi, sebbene ci troviamo di fronte a miglioramenti diagnostici, un aumento della diffusione dei programmi di screening, si registra ugualmente un progressivo aumento delle patologie oncologiche. È quindi realistico ipotizzare un ruolo eziologico anche con i fattori ambientali.

La contaminazione ambientale da agenti potenzialmente nocivi per la salute umana è una priorità: il veloce progresso tecnologico, infatti, ha comportato un incremento delle emissioni naturali di elementi come piombo, cadmio e mercurio da processi produttivi e non.

Oggi sappiamo che le informazioni provenienti dall’ambiente “innescano” pathways cellulari complesse e specifiche che modificano l’assetto epigenetico del genoma in modo via, via più stabile e trasmissibile da una generazione cellulare all’altra; che tali modifiche non sono “casuali”, ma riguardano aree specifiche del genoma, cosa che in qualche modo spiegherebbero anche il fenomeno dell’anticipazione dell’esordio dello sviluppo della patologia.

Le problematiche relative all’inquinamento atmosferico, ovviamente assumono un ruolo di particolare importanza in ambito pneumologico. Soffermandoci sul particolato, è noto che l’inquinamento atmosferico da PM 2.5 e PM 10 è uno dei fattori di rischio più importanti per la salute al punto da causare, ogni anno 2.9 milioni di morti premature in tutto il mondo.

Tutte queste criticità acquistano, inoltre, particolare cogenza nella prospettiva di un più efficace contrasto delle malattie infettive diffusive (quale quella che ci travolti e stravolti: la pandemia da SARS-CoV-2), le cui dinamiche di insorgenza e propagazione in forma epidemica sono influenzate da un alterato equilibrio tra l’uomo e il suo ecosistema e le cui conseguenze, in termini di esiti negativi per la salute, possono trovare nella presenza di inquinanti ambientali pericolosi moltiplicatori d’effetto.

Concludendo, possiamo affermare che nell’era delle terapie personalizzate, dell’innovazione tecnologica che ci consente di studiare migliaia di geni contemporaneamente, ancora non è possibile contrastare l’inquinamento ambientale e prevenire lo sviluppo di patologie ad esso correlate. E’ quindi necessario ed urgente un approccio multilivello, che integri le azioni politiche, l’educazione alla salute e un efficiente sistema sanitario.

*Antonio Giordano, oncologo, fondatore e direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Filadelfia e professore di Anatomia ed Istologia Patologica all’Università di Siena

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