Tumori, 2 novità dalla ricerca ‘targata’ Istituto Regina Elena

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Utilizzare vecchi farmaci per colpire nuovi obiettivi e sfruttare al meglio la terza via della moderna oncologia (insieme alla pratica clinica e agli studi): i Molecular tumor board (Mtb). Sono gli ultimi filoni di ricerca in corso all’Irccs Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, che promettono di accelerare l’arrivo nella pratica clinica di terapie sempre più mirate contro i tumori, in particolare quelli più insidiosi.

Il riposizionamento

I tumori al seno triplo negativo sono al centro di un progetto di ricerca illustrato su “Aging Cell”. Annamaria Biroccio e il suo gruppo di ricerca dell’Unità di Oncogenomica Traslazionale, in collaborazione con centri di ricerca nazionali e stranieri, puntava a sfruttare il riposizionamento farmacologico, ovvero valutare se farmaci già sviluppati in precedenza ad altri scopi possono essere efficaci anche contro alcuni tipi di cancro.

Una sorta di ‘riciclo’, che ha il vantaggio di mettere in luce le potenzialità di prodotti già sottoposti a prove di sicurezza, tollerabilità, assorbimento e distribuzione nell’organismo umano, e a volte già approvati per l’uso umano. Riducendo così tempi e costi della sperimentazione.

In questo caso i ricercatori sono partiti da 527 farmaci noti, per trovare un composto capace di indurre alterazioni a livello dei telomeri. Si tratta delle estremità dei cromosomi, indicatori dell’età della cellula. Ma anche di elementi indispensabili per la proliferazione incontrollata delle cellule tumorali.

Il risultato

Come spiega Anna Biroccio, il lavoro ha messo in luce un farmaco conosciuto con il nome commerciale di Daporinad*(FK866). “Sviluppato come inibitore dell’enzima nicotinamide fosforibosil transferasi per la terapia di tumori come la leucemia linfocitica cronica a cellule B, il melanoma, e il linfoma a cellule T”, si è rivelato “capace, a livello molecolare, di causare la morte delle cellule tumorali”, dice la ricercatrice. E questo “attraverso un nuovo meccanismo di stress ossidativo che induce la perdita dei telomeri, provocando danni a regioni del Dna ricche nel nucleotide guanina”.

Il farmaco è risultato efficace in esperimenti di laboratorio, con cellule tumorali ottenute da diversi tipi di cancro. E potrebbe essere particolarmente utile per i tumori del seno tripli negativi, ancora difficili da curare, anche per la loro capacità di sviluppare resistenza ai farmaci attualmente approvati.

Il Molecular Tumor Board funziona, ma non basta

L’altro studio, pubblicato su ‘Journal of Translational Medicine’, mostra che circa l’80% dei pazienti trattati con farmaci “fuori indicazione”, ma raccomandati dal Mtb sulla base di evidenze scientifiche e cliniche inoppugnabili, ha risposto alle terapie: il 42% con una  risposta parziale, e il 37% con stabilizzazione della malattia.

“L’importanza strategica dei Mtb è dovuta all’ aumento esponenziale, in questi ultimi anni, delle opportunità terapeutiche per i pazienti con tumori avanti”, ha spiegato Gennaro Cliberto, direttore scientifico dell’Istituto Regina Elena. Questo perchè “conosciamo meglio le basi molecolari della malattia oncologica e la sua evoluzione nel tempo, il sequenziamento massivo del Dna chiamato Next generation sequencing è diventato sempre più accessibile, ed è aumentato in modo considerevole il numero di farmaci capaci di bersagliare mutazioni cosiddette “driver”, quelle cioè che guidano la progressione tumorale in quanto si verificano in punti chiave di geni responsabili della malattia”.

Cosa cambia tutto questo nella pratica clinica? “Possiamo – ha precisato l’esperto – identificare in un paziente con malattia avanzata, una mutazione rara che può essere trattata con un farmaco che già approvato e in commercio per quella stessa mutazione genica” in un altro tumore. Si parla in questo caso di terapia “off label”. Il Mtb è chiamato ad esprimersi per raccomandare o meno un trattamento “off label”. “Un processo molto articolato, che non può essere quindi gestito da un singolo operatore e che genera grandi aspettative nei pazienti”.

Il punto debole

Tutto bene, allora? “Purtroppo, solo una parte dei pazienti eleggibili per il trattamento (22/39, il 56%) ha potuto ricevere la terapia raccomandata dal Mtb Ire, per una vasta serie di motivi, tra cui spiccano la difficoltà di accedere a studi clinici spesso troppo lontani geograficamente, e le lunghe procedure di accesso ai farmaci “off-label”, hanno precisato dal Regina Elena.

Limiti che non potranno essere superati se i Mtb continueranno ad agire singolarmente. La soluzione? Reti italiane ed europee per la condivisione su larga scala di esperienze cliniche, risorse, opportunità di cura e dati. Insomma, occorre superare ancora qualche ostacolo e soprattutto metterli in rete, ma i Mtb si annunciano come uno strumento indispensabile per trovare finalmente risposte efficaci anche per i pazienti con tumori rari. 

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