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Il ‘gioiello’ Novo Nordisk ha aperto la strada a nuove molecole anti-obesità

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Pochi giorni fa l’European medicines agency (Ema) e la sua controparte inglese (Mhra), hanno lanciato l’allarme relativo a un nuovo fake farmaceutico ai danni delle penne preriempite di Ozempic*, l’ormai celebre farmaco ‘sciogli-grasso’ Novo Nordisk.

Quello dei farmaci contraffatti è un mercato enorme, da 200-432 mld di dollari, che rappresenta un fenomeno dilagante e riguarda farmaci con un’ampia base di consumo (antibiotici, antipertensivi), oltre a best seller con target più specifici. Quello che in passato è toccato al Viagra, oggi sta succedendo con i farmaci anti-obesità, campioni di vendite in un mondo sempre più ‘pesante’.

Non stupisce dunque che il mercato dei falsi abbia accolto tra le sue fila le ‘penne’ di ‘fake-Ozempic’, la semaglutide, diventata nel giro di pochi mesi una delle terapie più ricercate nel mondo. Nonché la gallina dalle uova d’oro per Novo Nordisk che ha sviluppato in-house questo farmaco, diventato in breve un fenomeno di mercato.

Talmente d’impatto da aver ‘dirottato’ la storia di questa company, nata intorno all’insulina e da sempre vocata alla terapia del diabete, spostando decisamente il suo baricentro verso un futuro dominato dal mercato dell’obesità. Con semaglutide, Novo Nordisk si è trovata proiettata nell’olimpo delle vendite, vedendo quadruplicare il valore delle sue azioni nell’arco degli ultimi 5 anni e diventando la società quotata più ‘valuable’ d’Europa, con una capitalizzazione di mercato di 410 mld di dollari, tale da scalzare dalla testa di questa classifica un gigante del lusso del calibro di LVMH.

Ma non è tutto. Nei primi sei mesi del 2023 le vendite della società farmaceutica sono aumentate del 30%, facendo affluire nelle casse di Novo Nordisk 107,7 mld di corone danesi. Un successo trainato ancora una volta da semaglutide. Per avere un termine di paragone, basti pensare che il Pil della Danimarca, pari a circa 400 mld di dollari, è di poco inferiore alla capitalizzazione di mercato di Novo.

A consolidare questo momento d’oro, lo scorso agosto sono arrivati anche i risultati del Cvot (cardiovascular outcome trial) Select, che dimostrano come semaglutide al dosaggio di 2,4 mg (quello previsto per l’obesità) sia in grado di ridurre del 20% i principali eventi cardiovascolari per un periodo fino a 5 anni. Insomma, intanto che dimagrisci, ti proteggo anche da infarti, ictus e dalla mortalità a questi correlata. Risultati importanti, perché scaturiti da uno studio su oltre 17 mila adulti over 45, sovrappeso/obesi senza diabete, né cardiopatici al momento dell’arruolamento.

Un altro colpo messo a segno da semaglutide perché, come ricorda Martin Holst Lange, vice presidente esecutivo Sviluppo di Novo Nordisk, “le persone con obesità sono ad aumentato rischio cardiovascolare, ma finora non esistevano farmaci approvati in grado di produrre un’effettiva perdita di peso e di ridurre al contempo il rischio di infarti, ictus e mortalità cardiovascolare”. Anche Select insomma rappresenta una pietra miliare per semaglutide, ma la sua marcia trionfale non si arresta qui.

“Le performance di questi primi sei mesi – commenta Lars Fruergaard Jørgensen, presidente e Ceo di Novo Nordisk – ci consentono di alzare l’outlook per tutto il 2023”. Più di recente, le azioni della Novo hanno fatto un altro piccolo balzo, all’annuncio che il Data Monitoring Committee ha interrotto precocemente lo studio di fase III Flow, che valuta i benefici di semaglutide nel rallentare la progressione del danno renale e la mortalità nefro e cardiovascolare a questo correlata nei pazienti con diabete di tipo 2 e insufficienza renale. Un’analisi ad interim ha evidenziato un beneficio tale da non rendere più etica la prosecuzione dello studio per il braccio di controllo, trattato con placebo. I risultati completi dello studio su 3.500 pazienti saranno resi noti nella prima metà del 2024.

Novo Nordisk insomma ha capito, da tempo e prima di molti altri, che l’obesità è un’importante patologia cronica e dunque un enorme business in un mondo che taglierà presto il traguardo di 1 miliardo di persone obese. Quello che la company danese non aveva previsto è che le cose potessero decollare a questa velocità, anche grazie al passaparola dei pazienti. Nel vuoto pneumatico delle terapie anti-obesità (non c’è nulla, a eccezione della vecchia associazione naltrexone/bupropione e di liraglutide, un GLP1-agonista, sempre della scuderia Novo Nordisk, dall’effetto molto più blando), non poteva infatti passare inosservato l’arrivo di un farmaco così efficace nel liberarsi dei chili in eccesso (la punturina settimanale fa perdere circa il 15% del peso iniziale). E questo anche quando le ‘penne’ erano ancora disponibili prevalentemente al dosaggio-diabete (semaglutide 0,25 o 0,5 mg per iniezione settimanale).

Ecco perché il passaparola tra i pazienti ha provocato una grave crisi di reperibilità del medicinale, prescritto ‘off-label’ per il trattamento dell’obesità e quindi ‘sold-out’ per i diabetici. Fatto che ha costretto l’Agenzia italiana del farmaco la primavera scorsa ad avvertire gli operatori di questo stato di carenza, destinato probabilmente a durare per tutto il 2023. A farne le spese sono state soprattutto le persone con diabete in terapia da tempo con Ozempic; molti, per evitare interruzioni di trattamento, sono stati ‘dirottati’ su altri agonisti GLP-1. Ma anche se Aifa ribadiva nella sua nota che “qualsiasi altro uso, anche per la gestione del peso, rappresenta un uso off-label e attualmente mette a rischio la disponibilità di Ozempic per la popolazione indicata”, il vaso di Pandora era ormai stato scoperchiato. Il farmaco era diventato un fenomeno mediatico planetario, corredato dalle foto di volti di personaggi noti – tra questi anche Elon Musk – che esibivano le loro ‘Ozempic face’, con le guance orgogliosamente scavate dalla perdita di peso indotta da semaglutide.

Intanto, il ‘vero’ farmaco anti-obesità, Wegovy*, cioè semaglutide al dosaggio settimanale di 2,4 mg, già approvato negli Usa, in Europa e autorizzato da Aifa (medicinale soggetto a prescrizione medica, in classe C, cioè a carico del cittadino) si fa ancora desiderare perché la Novo non riesce a tener dietro alla richiesta ed è costretta a centellinare i ‘lanci’.

Ad assorbire la produzione sono soprattutto gli Stati Uniti e dunque in Europa Wegovy è stato lanciato col contagocce per ora solo in pochi Paesi (ecco anche il perché del nascente mercato del falso). Un problema nel problema è che questo farmaco è per ora destinato a restare poco ‘democratico’ perché ha un costo molto alto per una terapia cronica, che andrà forse proseguita vita natural durante. Negli Usa un mese di trattamento costa circa 1.350 dollari, in Gran Bretagna 250-350 euro a settimana. Insomma non è alla portata di tutte le tasche. E nemmeno dei budget sanitari statali (la Danimarca ha calcolato che dovrebbe spendere 4 mld di dollari l’anno per renderlo disponibile ai 900 mila danesi considerati obesi). Anche molte assicurazioni hanno deciso di non rimborsarlo; per questo il sito americano di wegovy.com è prodigo di consigli per esplorare ulteriori opzioni di copertura. E anche se di tanto in tanto una research letter, come l’ultima pubblicata di recente su ‘Jama’, richiama l’attenzione su una pletora di possibili rischi derivanti dal trattamento con GLP-1 agonisti – quali pancreatiti, gastroparesi e ostruzione intestinale (che si aggiungono alle segnalazioni sporadiche di un possibile aumento di ideazione suicidaria, strettamente monitorate da Fda e dal produttore) – il successo delle punturine sciogli-peso non accenna a rallentare.

E intanto all’orizzonte stanno scaldando i motori una serie di competitor. Quello di più prossimo arrivo è tirzepatide (Mounjaro*), un duplice agonista recettoriale GLP-1 e GIP di Eli Lilly che, in una recente metanalisi presentata al congresso europeo di diabetologia (Easd), ha dimostrato di essere più efficace di semaglutide sia nel controllo della glicemia, che nella perdita di peso. Più avanti, incalza la schiera dei tripli agonisti ‘GGG’ (GLP-1, GIP e glucagone) e ancora più oltre nel futuro le pipeline delle aziende ‘ribollono’ di altre categorie di farmaci anti-obesità dalle performance estese anche al fegato grasso e al diabete. Si va dai ‘sensibilizzatori della leptina’, agli agonisti Y2R, agli agonisti duali dell’amilina/calcitonina, ai farmaci anti-ghrelina, ai ‘disaccoppiatori’ mitocondriali.

Sembra fantascienza e invece è il futuro della terapia dell’obesità. Che è appena iniziato.

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