Tumore al polmone, se il nemico è la scaramanzia

tumore al polmone
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Ormai il legame tra fumo e tumore al polmone è assodato. Ecco allora che può stupire scoprire come, a tenere gli italiani lontani dagli screening, sia quella che potremmo chiamare scaramanzia. In pratica non facciamo i controlli, perché questo tumore viene percepito (erroneamente) come incurabile. Dunque a bloccarci è la paura di scoprire che qualcosa non va.

Vi è mai capitato? Secondo un’indagine Iqvia per Roche Italia il 19% della popolazione italiana ha fumato in passato e il 25% lo fa attualmente. Tuttavia, anche tra i forti fumatori, uno zoccolo duro evita quei controlli che potrebbero fare la differenza.

I numeri

Lo chiamano big killer, e in effetti in Italia il tumore del polmone rappresenta la più frequente causa di morte oncologica, con 34.000 nuovi decessi all’anno. In quasi la metà dei casi (40%) la malattia viene rilevata solo in fase metastatica (stadio IV), con una sopravvivenza a 5 anni inferiore al 10%. Una malattia che ha, oltretutto, un pesante impatto economico: il 27% dei pazienti interrompe definitivamente la propria attività lavorativa e nel 68% dei casi si deve ricorrere a un caregiver per cure e visite.

Intercettare precocemente il tumore al polmone può cambiare radicalmente la prognosi della malattia, con un impatto rilevante sull’aspettativa di vita. Ma questo troppo spesso non accade.

La screening fobia dei fumatori

Secondo l’indagine un fumatore su 3 (36%) ha un approccio passivo nei confronti della propria salute. Tuttavia, anche tra la popolazione dei forti fumatori c’è una quota non minoritaria (quasi il 50%) orientata attivamente alla prevenzione e cura di sé. E il 42% dichiara di sottoporsi abitualmente a controlli preventivi, anche in assenza di disturbi. Ma anche tra i più sensibili alla prevenzione, emergono significative barriere legate allo screening del tumore al polmone.

Il fatto è che questo tumore è ancora percepito come una malattia incurabile. Non esiste, come per altre forme di cancro, una consapevolezza diffusa del valore della diagnosi precoce, a cui si associano concrete possibilità di cura. Un’altra importante limitazione è la scarsa informazione esistente sui programmi di screening. Ci sono, inoltre, timori che lo screening possa essere invasivo, doloroso o inutile. Infine, non meno rilevanti, le barriere legate all’accesso. Gli intervistati esprimono preoccupazioni rispetto alle modalità di prenotazione e al rischio che possano richiedere troppo tempo, essere complesse o costose.

L’analisi degli esperti

“L’Italia – ha detto Silvia Novello, ordinaria di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Torino, Presidente Walce Onlus – conta un numero di fumatori veramente alto in Europa e, purtroppo, anche una delle percentuali più elevate di adolescenti fumatrici. È fondamentale prendere coscienza di questo tema per indirizzare le persone verso scelte consapevoli per la propria salute, adottando un approccio sempre aperto, trasparente e non stigmatizzante”. Il tutto anche grazie all’informazione, che deve essere “fruibile e chiara, così che anche la consapevolezza del cittadino porti da un lato alla riduzione dei nuovi casi, e dall’altro a diagnosi precoci o comunque tempestive – ha aggiunto Novello –  così da poter applicare approcci di cura innovativi che hanno radicalmente modificato la storia di questa malattia”.

“Sorvegliare il proprio stato di salute – ha evidenziato Giulia Veronesi, direttrice del Programma di Chirurgia Robotica Toracica presso l’Irccs Ospedale San Raffaele – è fondamentale per tutte le persone esposte al fumo. Non a caso le società scientifiche internazionali e la commissione europea raccomandano a questi soggetti di effettuare controlli regolari con Tac torace a bassa dose di radiazioni senza contrasto per un monitoraggio adeguato”.

“Sappiamo che il fumo è una dipendenza e quindi i fumatori devono essere aiutati senza colpevolizzazioni. Nel frattempo – ha aggiunto – ricorrere a controlli preventivi risulta di cruciale importanza al fine di intercettare eventuali problematiche in tempo. Il tumore al polmone, quando diagnosticato in fase precoce anche grazie allo screening, è infatti curabile con approccio prevalentemente chirurgico ma anche farmacologico a seconda dello stadio nella maggioranza dei pazienti, con tassi di sopravvivenza a 5 anni intorno all’80%. Stiamo attualmente lavorando insieme ad un gruppo di esperti in sanità pubblica ad un’analisi di costo efficacia che punta a proporre un modello innovativo per stimare l’impatto economico dello screening polmonare in Italia, i potenziali costi risparmiati e la sua sostenibilità per il sistema sanitario: i risultati saranno disponibili nell’arco del 2024”.

“Roche può mettere a disposizione dei pazienti affetti da tumore al polmone trattamenti immunoterapici e a bersaglio molecolare in grado di agire in fase precoce e di ambire alla cura. In questa prospettiva – ha concluso Amelia Parente, Rare Disease, Government Affairs and Transformation Head Roche Italia – l’accesso allo screening e alla diagnosi precoce sono ancora più un atto di responsabilità prioritario”. Screening e diagnosi precoce “possono salvare la vita”, anche nel caso del tumore del polmone.

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