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Morte di Giulia Cecchettin, la psicologa: “La prima responsabilità si costruisce in famiglia”

Giulia Cecchettin
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Mentre l’Italia piange la morte di Giulia Cecchettin risuonano forti le parole di papà Gino e della sorella Elena: “Vogliamo dare un messaggio: a noi Giulia manca immensamente, ma non tornerà. Da questa vicenda deve nascere qualcosa. Noi come famiglia ci impegneremo attivamente affinché queste cose non accadano più ad altre ragazze”, ha detto l’uomo. Ma come proteggere le ragazze dalla violenza di chi dice di amarle, come interrompere questa catena di femminicidi?

“Dopo la tragedia di Giulia – dice a Fortune Italia Antonella Elena Rossi, psicologa, criminologa, membro commissione pari opportunità Regione Veneto – da più parti si invoca l’educazione sentimentale e sessuale a scuola. Ma da psicologa la prima cosa che mi viene da invocare è un ritorno al dialogo in famiglia e all’assunzione di responsabilità dei genitori. Mi spiace per tutti coloro che vorrebbero dare questa responsabilità alla scuola – continua Rossi – ma la prima responsabilità si costruisce in famiglia“.

Il padre di Giulia

“Ho letto sui giornali le dichiarazioni del padre di Giulia, un padre che ha la forza di affrontare l’ennesimo lutto in un anno, e nel suo cuore spezzato dal dolore – sottolinea Rossi – riescono a farsi strada parole di amore per la sua piccola gemma preziosa, che possa riposare con la madre, quasi a cercare di trovare un filo con il suo angelo volato via troppo presto. Un uomo con gli occhi pieni di angoscia ma asciutti, un uomo che fa il padre in ogni momento, non abdicando mai, non crollando mai, nonostante le prove della vita, perchè ci sono Elena e Davide. Un padre solido  che non ha mai perso di vista il fatto di essere prima di tutto genitore, un uomo che dopo la perdita della moglie ha tenuto tutto insieme, ha condiviso la fatica del vivere e ha responsabilizzato i figli, nessuno si è pianto addosso, nessun cedimento: Giulia aveva portato a termine il suo ciclo di studi , Elena è una lottatrice. Una famiglia che ha trasformato il dolore nella spinta ad onorare chi non c’è più“.

Il padre di Filippo

È durata mille chilometri la fuga di Filippo Turetta, l’ex di Giulia accusato di averla uccisa, fermato in Germania, vicino Lipsia. “Del padre di Filippo la prima affermazione che mi colpisce è ‘gli abbiamo dato tutto’. Non voglio assolutamente giudicare questo padre, ma è evidente che Filippo covava la sua rabbia e la sua fragilità da molto lontano: i raptus – dice Rossi – non sono interruttori, ma la fine di un processo e di segnali ignorati dalla famiglia. Al contrario di Giulia, Filippo è un ragazzo fragile che aveva  difficoltà ad affrontare la vita, purtroppo questi ragazzi vanno in pezzi facilmente, nella misura in cui hanno famiglie in cui il fallimento non è contemplato”.

“Il padre di Filippo dice di aver pensato che ‘fosse un figlio perfetto, perché non mi aveva dato mai nessun problema, né a scuola, né con i professori, mai un litigio con qualche compagno di scuola o che altro. Mai. Con il fratello più piccolo neanche una baruffa’. In quel figlio perfetto si racchiude tutto – continua la psicologa – Nessun figlio è perfetto, i ragazzi tornano tardi, discutono, cercano la propria identità anche attraverso il confronto, ed è attraverso il confronto che conosciamo i nostri figli. Quanto questo padre conosceva suo figlio?”.

Segnali ignorati

“Mi spiace per il padre di Filippo, che sicuramente sarà dilaniato dal dolore – riflette Rossi – ma sono stati ignorati molti segnali del suo malessere, come lo sminuire il fatto che lui controllasse il cellulare di Giulia, facesse mille telefonate e dipendesse da questo rapporto” prosegue la psicologa.

“Questa dipendenza affettiva – evidenzia la psicologa – viene dal sottovalutare segnali e dal continuare ad assecondare atteggiamenti rinunciatari, non spronando il proprio figlio ad  affrontare le difficoltà della vita. È qui che inizia la vera educazione sentimentale, dal rispetto. Comincia da non colludere con i propri figli, ma accompagnarli attraverso le difficoltà della vita”.

La fragilità del maschile

Insomma, va bene l’educazione sentimentale, l’impegno della scuola, ma resta fondamentale la famiglia. D’altra parte, come dice a Fortune Italia  Tonino Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta specializzato in neuro-sviluppo, professore di Psichiatria dell’Università Gregoriana di Roma, occorre tener conto della “fragilità del maschile: c’è una quota di maschi che non riesce ad adeguarsi ai grandi cambiamenti della società. E c’è anche da da dire – aggiunge Cantelmi – che lo stereotipo di genere è incrementato oggi dai social“.

Una società che ha bisogno di padri solidi

Il minuto di silenzio nelle scuole per Giulia e le altre vittime di femminicidio non risolve l’esigenza di interrompere questa catena di violenze. Per Rossi è il momento di guardarsi dentro: “Abbiamo bisogno di padri solidi, che educhino allo sforzo, alla responsabilità. Abbiamo bisogno padri regolativi che si confrontino con i propri figli e non chiudano gli occhi davanti alla fragilità. I figli perfetti non esistono, nemmeno i genitori perfetti: esistono famiglie dove si giustificano sempre i figli e non è mai colpa loro, e si crescono narcisisti maligni. Ma esistono anche famiglie dove la sofferenza viene trasformata in un bene, che è talmente grande da offuscare il male”, conclude la psicologa.

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