L’altra faccia della longevità, prevenzione 2.0 per una sanità sostenibile

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Di fronte alle sfide per la salute globale e ai problemi sempre più stringenti di sostenibilità delle cure, occorre puntare sulla collaborazione, ma anche su nuove strategie. Rivalutando un approccio rimasto sempre un po’ nell’ombra: la prevenzione. Che deve evolvere per contribuire a ridurre il carico di malattia. E, magari, anche il peso sull’economia della mancata produttività.

“L’Italia oggi è di fronte a un cambiamento demografico importante, con la crescita di popolazione con più di 65 anni e che presenta almeno una malattia. Stiamo arrivando a un nuovo paradigma in cui è fondamentale curare lo stile di vita, quindi alimentazione e movimento, ma anche integrare la vaccinazione come strumento preventivo e parte della terapia per pazienti con una o più patologie”. Può sembrare strano ma a dirlo è il numero uno di un’azienda farmaceutica, Fabio Landazabal, presidente e Ad di GSK Italia. Che ha organizzato un evento ad hoc sulla Global Health, l’innovazione sanitaria e il ruolo del nostro Paese, con esponenti di Governo, Parlamento, Regioni, ma anche associazioni, accademia, società scientifiche e industria.

“Non c’è vera innovazione – ha detto Landazabal – se questa non arriva al cittadino, quindi occorre potenziare la collaborazione pubblico-privato in modo trasparente. Il Pnrr è una grande opportunità per sviluppare il potenziale economico italiano di un vero e proprio piano Marshall per le scienze della vita”.

L’altra faccia della longevità

Entro il 2030 gli over 60 arriveranno a 1,4 miliardi di persone. L’Italia è uno dei Paesi più longevi: si conferma al secondo posto tra i 27 stati dell’Unione Europea, con 83,6 anni, dopo la Spagna.Gli over 65 italiani rappresentano il 23% (oltre 4 punti percentuali in più rispetto alla media Ue) della popolazione totale, e nel 2050 saranno il 35%. È necessario perciò ripensare l’attuale sistema di welfare e sanitario, considerando che 4,8 milioni di persone sono a rischio di esclusione sociale.

Non parliamo solo di un costo: questa fascia di popolazione vale il 19,4% del Pil in termini di reddito, pari a 321,3 miliardi di euro (37,2% di quelli rilevati a livello nazionale), con 176,1 miliardi di euro di consumi. Se si pensa ai cinquantenni, in dieci anni sono cresciuti più del 50% tra gli occupati, ossia 8,9 milioni nel 2020 rispetto ai 5,9 del 2010. Mantenere in buona salute la popolazione adulta significa quindi favorire la ricchezza, incrementare i consumi e ridurre i costi socio-assistenziali nel tempo.

Prevenzione 2.0

È essenziale prevedere un percorso di salute che ruoti attorno a una “Prevenzione 2.0”, una presa in carico della persona – spiegano da Gsk – che possa contribuire a garantire un futuro di salute alla popolazione. Occorre disegnare un percorso che, dall’allattamento al seno alle vaccinazioni dell’infanzia e dell’adolescenza, sino ad arrivare alle vaccinazioni dell’età adulta, insieme agli screening, favorisca un invecchiamento in salute.

Tuttavia, se si esclude quanto fatto per Covid-19, quasi l’80% dei Paesi europei investe meno dello 0,5% della propria spesa sanitaria per i programmi di vaccinazione. L’Italia investe lo 0,7% della spesa farmaceutica totale (20,5 miliardi nel 2022 secondo Aifa) nei vaccini per adulti, ovvero circa 144 milioni di euro.

Eppure proprio grazie all’innovazione farmaceutica, in 20 anni in Italia la mortalità per le patologie croniche è diminuita del 40% e nel 2022 il settore si è confermato fra quelli a più alto tasso di innovazione, con investimenti pari a 3,3 miliardi di euro, di cui 1,4 destinati agli impianti di produzione e 1,9 alla ricerca e sviluppo.

L’impegno Gsk

L’azienda del pharma ha scelto l’Italia dagli inizi del ‘900 per insediare poli strategici di ricerca e produzione: oggi può contare su oltre 3.600 dipendenti di 47 nazionalità diverse, di cui il 65% di laureati e il 51% donne, con un fatturato di 1,2 miliardi di euro nel 2022 . Nel periodo 2020-2025  GSK investirà  800 milioni di euro, di cui il 59% destinato ai vaccini ed il 41% ai farmaci, mentre alla sola ricerca va il 14% del totale.

“Noi crediamo nel Sistema Paese e vogliamo continuare a contribuirvi – ha detto Landazabal – ma come tutto il settore siamo soggetti alla pressione competitiva di altri Paesi che sanno attrarre gli investimenti con migliori condizioni di accesso all’innovazione, di tutela della proprietà intellettuale e con sistemi decisionali e regolamentari più rapidi”.

“Con i cambiamenti dell’economia e il progressivo invecchiamento della popolazione non basta aumentare le risorse a disposizione per migliorare la salute della popolazione, salvaguardare l’economica ed incoraggiare il settore. Serve un nuovo piano nazionale per le scienze della vita – ha affermato l’Ad – pensato insieme da politica, istituzioni nazionali e regionali, accademia, associazioni e settore privato che integri le nuove tecnologie e consenta una presa in carico della persona a 360 gradi, nella prevenzione e nel trattamento e che faciliti l’accesso all’innovazione, generando attrattività all’investimento e sviluppo per il Paese”.

“Tra il 2021 e il 2030 Gsk punta ad avere un impatto positivo su oltre 2,5 miliardi di persone, di cui 1,3 appartiene a Paesi a basso reddito nei quali ambiamo a cambiare la traiettoria delle malattie ad alto carico, specialmente quelle infettive come tubercolosi, malaria, malattie tropicali trascurate e Hiv, insieme alla resistenza antimicrobica”, ha aggiunto Deborah Waterhouse, Ceo di ViiV Healthcare e presidente Global Health presso Gsk. Non solo: “Stiamo lavorando allo sviluppo di nuovi farmaci e vaccini nei nostri due centri di ricerca e sviluppo, uno dei quali è qui a Siena. A ciò aggiungiamo l’obiettivo di dare un accesso equo al portafoglio e alla pipeline di Gsk e di rafforzare le partnership per sostenere i sistemi sanitari, per garantire che la nostra innovazione raggiunga i pazienti che ne hanno più bisogno. Per raggiungere questi obiettivi – ha concluso – l’anno scorso abbiamo annunciato l’investimento di 1 miliardo di sterline in 10 anni per accelerare la ricerca e lo sviluppo nel settore sanitario globale”.

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