La risposta ai farmaci? La prevede l’algoritmo

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Sembra quasi uno slogan, la terapia su misura. O, se preferite, il farmaco che calza esattamente sulle necessità del paziente, in base alle caratteristiche genetiche e molecolari del suo organismo. Trovare davvero i trattamenti che funzionano, e senza effetti collaterali per il signor Rossi, che invece possono rivelarsi meno efficaci e tollerati per il signor Bianchi è una delle grandi sfide della farmacologia moderna.

E può diventare la chiave per l’ottimale gestione delle risorse economiche per trattamenti che saranno sempre più calati su realtà di singoli pazienti o di piccoli cluster di malati, piuttosto che puntare a divenire “blockbuster” come accadeva qualche decennio fa.

A fronte di queste indicazioni di principio, sostanziali anche in termini di farmacoeconomia, si fa comunque ancora fatica a disegnare sulla carta chi potrà trarre i massimi benefici (e con effetti collaterali davvero insignificanti) da uno specifico trattamento e chi invece ne avrà vantaggi limitati.

Ed è su questo fronte, in una sorta di “tracciamento molecolare” lungo un percorso invisibile, che l’AI potrebbe diventare un’arma vincente. Grazie ad un algoritmo, quello sì, su misura. A farlo pensare è una ricerca internazionale apparsa su Cell Reports, coordinata da Kirill Martemyanov, che lavora all’Herbert Wertheim UF Scripps Institute for Biomedical Innovation & Technology.

In pratica, grazie all’algoritmo messo a punto da esperti che hanno collaborato da una parte e dall’altra dell’Atlantico (basilare il contributo di Bruno E. Correia, dell’Istituto svizzero di bioinformatica di Losanna), si riuscirebbe a prevedere con un margine di errore inferiore al 20% se e quanto i recettori presenti sulla superficie della cellula rispondano agli stimoli di molecole simili ai farmaci.

La proposta del gruppo di Martemyanov, come riporta l’Università della Florida, è apparentemente semplicissima. Prima si è impiegata una tecnologia di tracciamento molecolare per delineare l’azione di oltre 100 importanti bersagli farmacologici cellulari, considerando anche le loro variazioni genetiche più comuni. Poi si è sviluppata e resa progressivamente sempre più edotta una piattaforma di Intelligenza Artificiale. Elementare, si potrà dire. Ma è il punto di partenza che fa riflettere. Perché, come segnala l’esperto, “siamo tutti sostanzialmente mutanti anche se siamo perfettamente normali”. E abbiamo una grande variabilità genetica, che può guidare l’efficacia e la tollerabilità dei farmaci.

Alla scoperta dell’algoritmo

La chiave di comprensione impiegata nel lavoro descritto su Cell Reports si chiama GPCR, speciali recettori accoppiati a proteine ​​G che entrano in gioco nel meccanismo d’attracco invisibile di circa un principio attivo su tre. In pratica, il farmaco si lega a questa “stazione” che ha un ramo destinato all’interno della cellule. Questo, muovendosi, attiva una proteina G intracellulare e dà il la per la reazione voluta.

Il risultato dell’attivazione o del blocco di questo processo potrebbe rivelarsi in grado di trattare il colore, abbassare la pressione, far agire meglio neurotrasmettitori. Gli scienziati hanno catalogato circa 800 GPCR negli esseri umani. Circa la metà è dedicata ai sensi, in particolare all’olfatto. Altri 250 circa ricevono medicinali o altre molecole conosciute.

La squadra di Martemyanov ha dovuto inventare un nuovo protocollo per osservarli e documentarli. In questo modo i ricercatori hanno trovato molte sorprese. Alcuni GPCR hanno funzionato come previsto. Altri no. Per questo occorreva una chiave di comprensione diversa al fine di sviluppare un programma di IA. Così gli studiosi hanno studiato i GPCR con un segnale bioluminescente nelle proteine ​​delle cellule, per valutare il cambiamento quando la cellula veniva esposta a molecole che attivano i GPCR.

Poi da quel punto di partenza si è provveduto ad aggiungere le varianti genetiche umane e quindi si è misurato quanto e come possono operare diversamente nelle varie persone i recettori. Inserendo tutte queste informazioni si è creato l’algoritmo di AI che ha permesso di agire correttamente in oltre 8 casi su 10. Siamo all’inizio, ma il percorso appare tracciato. Nella speranza che si arrivi ad una vera “terapia su misura”, accompagnata dalla sapiente guida dell’intelligenza artificiale.

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