Influenza e raffreddore, i veri cibi ‘scudo’ (anche a Natale)

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Influenza, raffreddore, Covid-19: non sono pochi i virus che minacciano la salute degli italiani nei giorni delle feste di Natale e fine anno. Tra le raccomandazioni per recuperare dai malanni respiratori pullulano i ‘consigli della nonna’, come bere spremute, sorseggiare latte e cognac, mangiare in bianco, fare colazione con uovo sbattuto e marsala. Ebbene, un po’ a sorpresa qualcosa funziona e qualcosa no.

Per orientarsi una soluzione viene dalla chimica dell’alimentazione, che sfrutta gli elementi nutrizionali come principi attivi, come sottolinea Paolo Bianchini, consulente nutrizionale e nutraceutico di Salò (autore dell’omonimo Metodo). Ecco i ‘rimedi della nonna’ promossi, o bocciati, dall’esperto.

Latte e cognac contro influenza e raffreddore?

“Sull’uso di cognac o grappe in caso di malessere escludo il beneficio – sice Bianchini – poiché si tratta di alcool, e dunque di zucchero con gli effetti infiammatori. A ingannare è la sensazione data dalla vasodilatazione o l’effetto serotonina e dopamina rilasciati a causa dello zucchero può fornire questa sensazione di benessere. E’ vero invece che il latte concilia il sonno, e basta pensare a quello materno che non contiene solo proteine, grassi, zuccheri e vitamine, ma anche ormoni e molti altri fondamentali molecole. Non solo: la composizione ormonale cambia a seconda dell’ora, così che la sera e la notte il latte ha molta più melatonina. Lo stesso succede con il latte vaccino che utilizziamo normalmente: se munto durante la notte può contenere molta più melatonina, e questo potrebbe spiegare l’effetto di far dormire meglio che a volte viene registrato bevendo latte prima di andare a letto”.

Un po’ di febbre? Carne e uova per il pieno di zinco

“Premesso che la febbre non sarebbe da reprimere come è la tendenza clinica, consentire il raggiungimento di una temperatura massima a 38,5 consente di combattere certi patogeni in modo naturale e permette al sistema immunitario di rinforzarsi e abituarsi a combattere con le proprie armi – raccomanda – Meglio che l’organismo abbia a disposizione nutrienti favorevoli a ridurre lo stato infiammatorio che prediligere quelli che lo provocano. Prendiamo ad esempio lo zinco che è un microelemento fondamentale per la vita”.

“E’ stato ampiamento dimostrato scientificamente il suo ruolo benefico nelle affezioni alle vie respiratorie, nella riduzione delle infezioni e nell’azione immunostimolante La carenza di zinco è dovuta soprattutto alla dieta basata sui cereali (con un alto contenuto di fitati che ne impediscono l’assorbimento), con quantità insufficienti di carne, soprattutto carne rossa che è una delle migliori fonti di zinco (a parte frutti di mare come le ostriche). Altre fonti importanti di zinco sono le uova (specialmente il tuorlo), i prodotti della pesca, il latte e i suoi derivati, che garantiscono complessivamente un ulteriore 30% dello zinco assunto con la dieta”, dice Bianchini.

Miele e zuccheri contro il mal di gola?

“L’alta concentrazione di zuccheri presente nel miele (66-83% composto da glucosio, fruttosio, saccarosio oligosaccaridi) oltre a quelli di acqua (13-20%) e da destrine (’1-5%) spiega perché è in grado di innescare tutti i meccanismi infiammatori noti. Una delle caratteristiche dello zucchero è che riduce la quantità di ATP intracellulare, ovvero la molecola che si può definire la benzina che le nostre cellule usano. Non solo la riduce – sottolinea l’esperto – ma addirittura ne limita la produzione. Questo crea una cascata di processi che portano a un maggior immagazzinamento di nutrienti nelle cellule adipose, ovvero s’ingrassa di più. Elevati livelli di zucchero portano a una serie di conseguenze, fra cui aumento di peso, aumento di grasso intraviscerale, resistenza all’insulina, aumento dei trigliceridi, abbassamento del colesterolo Hdl, aumento della pressione arteriosa, aumento dell’uricemia e dell’infiammazione sistemica”.

Peperoncino antinfiammatorio

Una buona notizia per gli appassionati. “Nel peperoncino – spiega Bianchini – troviamo preziosi nutrienti come la vitamina C (quasi 230 mg/100 g, mentre il limone ne contiene circa 50 mg) che è un noto immunostimolante, insieme a antiossidanti, minerali, etc. Ma il peperoncino contiene anche il capsiato e i suoi diidro-derivati, che hanno dimostrato di avere la capacità di indurre in laboratorio la morte spontanea nelle cellule tumorali, proprio come la pungente capsaicina, principio attivo noto per le proprietà antidolorifiche. Evidenze scientifiche suggeriscono che possa trattarsi anche di un principio attivo dall’azione antibatterica, analgesica nonostante la sensazione irritante è sicuramente benefica purché, come ogni spezia, sia assunta con moderazione per gli effetti veramente farmacologici attribuiti”.

Mangiare in bianco è inutile

“Il riso, come la pasta, contiene amido (il riso più della pasta a dire il vero), che si compone di catene di glucosio. Un’elevata quantità di glucosio – avverte l’esperto – può essere dannosa per il sistema immunitario, compromettendo la sua capacità di combattere le infezioni. Quando il nostro sistema immunitario viene attivato in risposta a un’infezione, il glucosio viene utilizzato in modo più intenso. Le cellule immunitarie vengono inviate nelle zone infette per combattere i patogeni. Tuttavia, se c’è troppo glucosio nel corpo, può verificarsi un eccesso di produzione di sostanze infiammatorie, che può danneggiare l’equilibrio del sistema immunitario e portare a problemi come infiammazioni croniche e malattie infiammatorie croniche”. Ecco allora perchè non è utile mangiare in bianco nella speranza di recuperare prima.

Spremute di arancia

Pensi di fare il pieno di vitamina C? Sulle spremute arriva una doccia fredda: “Quando beviamo una spremuta di arance – ammonisce Bianchini – assumiamo più zuccheri di vitamine e sappiamo come gli zuccheri inneschino il meccanismo infiammatorio. Il rapporto rischio/beneficio di una spremuta è sfavorevole: bastano 5gr di zucchero per attivare la risposta insulinica e in un bicchiere da 100ml ci sono ben 8gr di zucchero”.

“Ci sono molte discussioni sulla necessità di integrare vitamina C che compete con il glucosio per l’assorbimento nel nostro organismo. Gli esseri umani – ricorda Bianchini – a differenza della stragrande maggioranza degli animali, hanno perso la capacità di sintetizzare vitamina C durante la loro evoluzione, e devono pertanto consumare vitamina C dagli alimenti. Popolazioni essenzialmente carnivore, infatti, non sembrano avere alcun problema di carenza di vitamina C, nonostante l’assenza nella loro dieta, così come la numerosa comunità carnivora (persone che non consumano alcun alimento di origine animale) non riporta alcun problema di scorbuto, la condizione patologica causata appunto dalla carenza di vitamina C che affliggeva soprattutto i marinai nel recente passato. I sintomi della deficienza sono vari, ma i principali è una tendenza ad avere carie e fratture ossee, perdita di capelli, facilità ad avere ematomi, gengive sanguinanti, difficoltà nell’aumentare la massa muscolare, difficoltà a far guarire ferite, debolezza”. Insomma, anche in questo caso, occhio ai ‘suggerimenti della nonna’.

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