Salute e ricerca, le tante sfumature del gender gap

gender gap

Questione di sfumature, si dirà. Ma se in famiglia sono spesso le donne a prendersi cura della salute, quando guardiamo al gender gap in sanità scopriamo che a essere coinvolta è la donna come paziente, medico e ricercatrice.

Sottorappresentate negli studi clinici, le italiane sono sono indietro anche per quando riguarda la digital health. E la loro salute è destinata a risentirne. Ma non è tutto: pur essendo ormai numerose negli atenei e negli ospedali, il soffitto di cristallo che ostacola la carriera dei ‘camici rosa’ è ancora straordinariamente robusto nel nostro Paese.

A mettere a fuoco le tante sfumature della disparità di genere nell’ambito della salute e della ricerca è il nuovo Libro bianco sulla salute della donna, realizzato da Fondazione Onda con il contributo incondizionato di Farmindustria.

Gender gap tra uguaglianza ed equità

Una lettura interessante: applicare un approccio di genere nella ricerca e nei percorsi di cura è importante, non solo per migliorare la comprensione dei fattori determinanti la salute e la malattia, ma anche per garantire una maggiore equità di accesso alle cure e una medicina davvero personalizzata, ‘chiave’ per la sostenibilità del sistema delle cure.

“Uguaglianza ed equità sono due dei pilastri del nostro Servizio Sanitario Nazionale, talvolta erroneamente intesi come sinonimi – ha detto Francesca Merzagora, presidente Fondazione Onda – L’uguaglianza presuppone di poter fruire dei medesimi diritti, indipendentemente da qualsiasi differenza, mentre l’equità si basa sulla modulazione degli interventi in relazione alle differenze, alle specificità, ai bisogni. L’uguaglianza è dunque il presupposto, il punto di partenza, mentre l’equità rappresenta l’obiettivo finale, il punto di arrivo, che consente di garantire a tutti le medesime opportunità, tenendo conto delle differenze. Proprio sulla valorizzazione delle differenze si basa la Medicina di genere, con l’obiettivo di assicurare pari opportunità nell’ambito della prevenzione, della diagnosi e della cura”.

Istruzione

Ampliamo l’orizzonte: nel mondo le donne rappresentano ancora quasi i due terzi dei 771 milioni di adulti analfabeti. Se poi esaminiamo la sfera occupazionale e le condizioni lavorative, a livello mondiale a parità di qualifica vengono assunti più uomini che donne. E le assunte, a parità di mansione, hanno spesso una retribuzione inferiore agli uomini. Insomma, su questo fronte si potrebbe dire che tutto il mondo è Paese.

Salute e carriera

L’analisi del gender gap in sanità, nella ricerca scientifica e nell’innovazione digitale, evidenzia quanto ancora sia lunga e tortuosa la strada per un’effettiva parità. La variabile “sesso e genere” non viene sempre adeguatamente considerata nella ricerca epidemiologica: le analisi spesso riportano un dato complessivo, che non fa emergere le eventuali differenze fra uomini e donne.

Se cellule maschili e femminili reagiscono in modo diverso a stimoli chimici e ambientali, nella maggioranza degli studi preclinici non viene riportato il sesso dell’organismo da cui le cellule derivano. L’identificazione e caratterizzazione dei fattori determinanti le differenze di sesso/genere consentirà invece interventi mirati e lo sviluppo di percorsi di prevenzione, diagnosi e cura sesso e genere specifici.

C’è poi la questione della carriera: dal 1995 le giovani studiano Medicina in misura uguale o maggiore rispetto agli studenti maschi. Eppure la presenza di donne medico è inferiore al 30% nella chirurgia. E, soprattutto, solo l’8,3% delle donne medico riveste un incarico dirigenziale, a fronte del 20,6% dei colleghi maschi.

La scarsa presenza femminile nelle posizioni apicali è il risultato di una serie di barriere – a livello individuale, interpersonale, istituzionale e comunitario – che impediscono alle italiane di raggiungere i piani alti.

Una scienza per le donne

Qui siamo di fronte a un problema globale, con delle peculiarità se esaminiamo chi lavora nella scienza. La parità è maggiore nel periodo del dottorato, ma a partire da cinque anni dall’inizio della carriera il divario si accentua a favore dei maschi. Le ragioni sono molteplici, dalla gravidanza, a ragionamenti economici o di stabilità del lavoro, alle discriminazioni culturali.

Nella scelta dei corsi universitari, sotto la forte influenza di motivi culturali, le ragazze ancora prediligono le materie umanistiche o sociali rispetto alle discipline Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), dove invece la diversità di genere può stimolare soluzioni più innovative e fuori dal coro.

Il pharma controcorrente

“Nelle aziende farmaceutiche la presenza femminile è pari al 45% del totale degli addetti e a oltre il 50% nella R&D”, ricorda Marcello Cattani, presidente di Farmindustria. “Con un modello di welfare aziendale che prevede molte e concrete misure per il benessere lavorativo, la genitorialità, l’equilibrio tra tempi di vita e di lavoro. Ma anche per la prevenzione, la formazione, lo sviluppo di competenze. Un esempio virtuoso, in un quadro variegato e complesso”.

Il ritardo della digital health

Triste a dirsi, il gender gap riguarda anche la digital health. E questo a causa di diversi problemi, come la ridotta rappresentatività del pubblico femminile nei campioni sui quali algoritmi di machine learning vengono istruiti. E anche l’intelligenza artificiale che plasmerà il futuro rischia di parire col piede sbagliato. Ebbene, avere un quadro completo delle sfide da affrontare può aiutare istituzioni e imprese a colmare il gender gap in sanità e ricerca, e a migliorare la salute delle donne.

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