Effetto sorpresa: perchè diventiamo indifferenti

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Quanti di noi si sono fermati a guardare uno dei tanti video che, sul web, mostra la sorpresa del bimbo che per la prima volta “vede” il viso della mamma grazie agli occhiali. Il suo sorriso, il suo stupore, la sua gioia irrefrenabile sono contagiose. Allo stesso modo, pensate al volto di un bimbo leggermente più grande che ascolta una storia, agli occhi che si illuminano aprendo un dono, allo sguardo perduto nel fissare un mistero che lo attanaglia. Ebbene sì. L’effetto sorpresa esiste. Ed è un coacervo di reazioni che vanno conosciute, anche perché sul fronte della neurofisiologia appare di grande importanza capire quali processi si nascondano dietro questa reazione e soprattutto come e quanto, crescendo, perdiamo la capacità di sorprenderci ed emozionarci quasi come se ci “adattassimo” alla realtà della vita.

Così, con lo slogan di Antoine di Saint-Exupéry “tutti i grandi sono stati bambini”, proviamo a vedere come il sistema nervoso apprende, nel tempo, a riconoscere l’inaspettato. Creando una barriera sicuramente utile, ma allo stesso tempo perdendo una dinamica estremamente importante.

Non dimentichiamolo: la capacità di sorprendersi davvero, quando ha significato, senza cadere nella banalità, insomma, va considerata una vera e propria capacità cognitiva. E occorre esercitarsi, anche per evitare di ritrovarsi senza protezione di fronte agli eventi esterni. Attenzione: questo non significa evitare i nuovi stimoli o derubricarli senza considerarli. Ma piuttosto esercitare delle potenzialità che si apprendono nel tempo.

Il percorso lo svela un’originale ricerca apparsa su ‘Science Advance’ e condotta dagli esperti dell’Università di Basilea sui topi, proprio per rivelare quanto accade di fronti ad eventi o stimoli inattesi e bruschi nel cervello in via di formazione.

Dall’analisi emerge chiaramente che non sono le sorprese che mutano, ma noi. O meglio, l’elaborazione che facciamo dell’effetto “wow”, caso per caso. E allora? Allora si scopre che crescendo le sorprese vengono elaborate diversamente nel cervello, perché questo cambia progressivamente. E soprattutto vive di esperienza. Gli stimoli insoliti vengono classificati molto più rapidamente come “importanti” o “poco interessanti” e sono significativamente meno sorprendenti la seconda e la terza volta che compaiono.

Ma come si arriva a questo punto? Proprio su questo si concentra la ricerca degli esperti coordinati da Tania Barkat, concentratasi sulla risposta agli stimoli sonori.

L’esperimento

I topi sono stati sottoposti ad una serie di suoni, con un tono diverso a intervalli regolari di una serie di suoni perfettamente identici. Studiando cosa accadeva a livello del cervello, valutando le onde elettriche degli animali, gli esperti hanno visto che progressivamente la reazione tende a sfumarsi, fino a diventare simile nei topi giovani studiati a quella osservata negli adulti. L’effetto sorpresa legato alla tonalità sonora, insomma, si affievolisce.

Ma attenzione. Questa sorta di acclimatamento acustico non si verifica ugualmente in tutte le aree cerebrali deputate alla percezione del suono. Pensate che il collicolo inferiore, che si trova all’inizio del percorso dal nervo uditivo alla corteccia omonima, risulta completamente maturo già presto. Il talamo uditivo, arriva invece ad avere una reazione da adulti scafati alle sorprese qualche giorno più tardi. Infine, la corteccia uditiva primaria richiede più tempo ancora per maturare, poco meno di due mesi. Un periodo sicuramente significativo nell’esistenza dell’animale.

Provando a traslare questi dati nell’uomo, si può dire che per la corteccia cerebrale l’effetto sorpresa sonoro, legato magari ad una canzone che ci colpisce e ci emoziona o a un suono impercettibile della natura, tende a sfumarsi definitivamente intorno ai vent’anni. Insomma, pensiamoci.

L’esperienza ci fa crescere, ma forse non dobbiamo avere troppa fretta di diventare grandi, almeno per mantenere la capacità di stupirci. Magari anche fingendo. Ma l’amore e lo shock per la sorpresa che ci fa diventare di nuovo bambini, non dobbiamo perderlo. Magari anche provando a ingannare le vie nervose, che piano piano si organizzano per evitare l’effetto “wow”. A volte, forse, abbiamo bisogno di far dominare la passione, magari sforzandoci al contrario per vincere il raziocinio e la legge del sistema nervoso ormai adulto.

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