Memoria, i segnali che devono allarmarci

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È una delle grandi paure di chi ha passato il traguardo degli ‘anta’, ma talvolta anche dei più giovani. E di solito scatta quando ci sfugge la parola, o il nome che avevamo proprio sulla punta della lingua.
La memoria sta mostrando i primi segni di cedimento? Una semplice dimenticanza è il segnale dell’arrivo di una malattia neurodegenerativa? A fare chiarezza sono i medici anti-bufale di Dottoremaeveroche.it, il portale contro le fake news della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici).

Che sottolineano come invecchiando sia normale avere vuoti di memoria. Anzi, “fisiologico. Come accade a ogni organo del corpo umano, anche nel cervello si verificano cambiamenti con l’età. Così, con la vecchiaia, le attività mentali, la capacità di ragionamento e la memoria rallentano progressivamente. Del resto, anche il cervello invecchia”. Ma c’è una buona notizia: in attesa di cure per il declino cognitivo, per le quali a ricerca scientifica è molto impegnata, “esistono delle strategie per prevenire o ritardare l’oblio. Tutto, o quasi, dipende da uno stile di vita sano”, assicurano gli esperti.

I numeri

Iniziamo col dire che in Italia le persone con quello che si definisce declino cognitivo lieve (poi vedremo meglio cos’è) sono circa 950mila, secondo le ultime stime Istat. La malattia di Alzheimer, invece, oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni. Nel nostro Paese si stimano circa 500mila ammalati. Dati in costante incremento da anni, a causa dell’aumento della popolazione e della longevità.

Le cause dell’indebolimento della memoria

Sono diverse: si restringono alcune parti del cervello, il flusso sanguigno è più lento, i neuroni non comunicano con la stessa efficienza del passato. Quando questa situazione è presente regolarmente si può trattare, appunto, di decadimento cognitivo lieve (mild cognitive impairment, MCI), che si manifesta proprio con i vuoti di memoria.

Chi ne soffre ha difficoltà a ricordare, sente che il pensiero è un po’ confuso ma ciò non compromette la vita quotidiana. Anzi, in alcuni casi, si tratta di disagi sporadici e transitori. Il deterioramento delle facoltà cognitive varia per ogni soggetto secondo modalità e tempi diversi. In generale, questi disturbi colpiscono persone che hanno superato i 65 anni di età e, in misura maggiore, gli over 80.

Come distinguere i vuoti di memoria dalla demenza

Occorre fare attenzione, raccomandano gli esperti, alla frequenza di episodi come questi: ripetizione della stessa domanda a breve distanza di tempo; disorientamento in luoghi familiari; confusione sui nomi e sui volti di parenti e amici; poca cura di sé stessi (ad esempio non mangiare o mangiare male, non lavarsi). Il rischio è che il soggetto perda autonomia.

Inoltre la depressione, per questi soggetti, è molto comune (la prevalenza è del 32%). In misura minore, i deficit di memoria possono essere legati anche a traumi, a patologie del cervello o di altri organi, ad abuso di sostanze o alcol, oppure nascere come effetto collaterale di alcuni farmaci.

Cosa fare, allora? In presenza di sintomi è opportuno consultarsi con il medico di medicina generale. Per valutare la salute cognitiva esistono inoltre diversi test ed esami, effettuabili anche nelle strutture specializzate di ogni servizio sanitario locale.

Nel caso di una malattia neurodegenerativa importante, come quella di Alzheimer, i sintomi sono più complessi e irreversibili. Ma attenzione, “i sintomi di lieve decadimento cognitivo non sempre sono segni precoci della demenza né della malattia di Alzheimer. Non tutti coloro che soffrono di decadimento cognitivo, quindi, vivranno un peggioramento”.

Come difenderci in 12 passi

Si può tentare di prevenire la demenza “evitando i dodici fattori di rischio modificabili: inattività fisica, fumo, alcol, esposizione all’inquinamento atmosferico, traumi cranici, isolamento sociale, basso livello di istruzione, obesità, ipertensione, diabete, depressione, problemi di udito. Escludendo, ove possibile, queste abitudini scorrette dal proprio stile di vita il rischio di demenza può ridursi fino al 40%. Questa strategia, però, “va mantenuta per tutto l’arco della vita fino all’età matura; è provato che, persino dopo i 65 anni, sia ancora possibile ridurre le probabilità di sviluppare forme di demenza”, sottolineano i dottori anti-bufale.

E questo anche perché non abbiamo ancora terapie specifiche per rallentare il declino cognitivo né per prevenire le demenze. Dunque la prevenzione è fondamentale per proteggere la memoria dal declino legato all’età.

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