Obesità: non è un vizio, il peso di geni e stigma

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Non è solo un problema di peso o di accettazione di sè: l‘obesità è una malattia che, oltretutto, aumenta il rischio di incappare in una serie di altre patologie. Nella Giornata mondiale dell’obesità Fortune Italia ne ha parlato con Edoardo Mocini, medico dietologo e ricercatore di Università Sapienza e Policlinico Umberto I di Roma, che sottolinea: “La concezione dell’obesità come vizio, il risultato di scelte sbagliate che andrebbero corrette, è una visione sostanzialmente scorretta e antiscientifica”.

Allora, intanto i numeri: quanti sono gli italiani obesi in Italia e chi rischia di più?

Circa il 10% della popolazione risulta affetta da obesità, se consideriamo come criterio diagnostico esclusivamente il rapporto peso/altezza. Nel tempo, però, la definizione sta cambiando e oggi si preferisce considerare la condizione del singolo paziente (e il danno di salute consequenziale).

Quali sono i rischi aggiuntivi che l’obesità comporta per la salute?

L’obesità rappresenta di per sé una patologia e, dunque, da sola compromette il funzionamento globale dell’individuo. Oltre a essere una patologia, però, rappresenta un fattore di rischio per altre malattie, in particolare il diabete mellito tipo 2 e le patologie cardiovascolari.

Uomini e donne sulla bilancia, ci sono differenze?

Sostanzialmente no, la prevalenza è pressoché uguale.

In che modo influiscono geni e ambiente sull’obesità?

La genetica, evidenze scientifiche alla mano, ha un impatto enorme sullo sviluppo dell’obesità. La concezione dell’obesità come vizio, il risultato di scelte sbagliate che andrebbero corrette, è una visione sostanzialmente scorretta e antiscientifica. Si tratta di una patologia multifattoriale in cui il paziente non ha colpe ma piuttosto subisce l’interazione di un ambiente obesogenico, di una genetica e di una storia di vita, a cui si possono aggiungere scelte scorrette, che rappresentano in genere non una scelta, quanto più una conseguenza delle sue caratteristiche.

Cosa ne pensa del movimento body positivity e della rivendicazione del diritto all’autodeterminazione a fronte, appunto, dei pericoli per la salute?

Non vedo il conflitto tra le due cose, anzi. Lo stigma nei confronti delle persone con obesità è ampiamente riconosciuto come problematico per la salute delle persone. Ogni corpo è valido e ogni persona merita cure e attenzioni. Questo non significa che alcuni corpi non possano rappresentare una condizione patologica o un fattore di rischio per lo sviluppo di altre patologie.

Diete, attività fisica, intervento di bypass gastrico, semaglutide… oggi sono molti i possibili approcci disponibili.

Le terapie sono strumenti. Qualunque terapia è giusta o sbagliata nel paziente giusto o sbagliato. Serve un medico obesiologo esperto, che sappia accompsgnare il paziente non verso la magrezza a qualunque costo, ma verso il miglior stato di salute possibile per lui/lei. Sicuramente i farmaci rappresentano una frontiera incredibilmente potente e interessante, purtroppo ad oggi non sono rimborsati e sono dunque a carico dei pazienti.

Qual è, allora, il messaggio corretto che dobbiamo dare alle persone con obesitá?

Che non sono colpevoli della loro patologia. Che non sono obbligati a curarsi perché la salute è un diritto non un dovere. Che, se vogliono farlo, possono farlo in ambienti accoglienti e non stigmatizzanti dove trovare una soluzione che non riguardi una taglia o un peso, ma un benessere fisico, psicologico e sociale e una salute globale, una salute unica per ogni persona.

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