La medicina di precisione sfida il tumore, alla scoperta dei radioligandi/VIDEO

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Un cambio di paradigma nella lotta al tumore che, grazie ai progressi della ricerca, diventa sempre più mirata. Parliamo dei radioligandi, uno dei frutti più interessanti della medicina di precisione, che permette di rilasciare radiazioni contro le cellule tumorali, limitando i danni ai tessuti circostanti. Fortune Italia ne ha parlato con Laura Evangelista, specialista in medicina nucleare di Humanitas University. Partendo da un dato: solo nel 2022 in Italia ci sono state circa 391.000 nuove diagnosi di tumore, 14.000 in più rispetto al 2020.

Dobbiamo dire che la ricerca in oncologia sta portando al letto del paziente tante novità. Cosa sono allora i radioligandi e come funzionano?

Si tratta di elementi farmaceutici: coppie di farmaci composti da due parti. Una si chiama radioisotopo e rilascia radiazioni terapeutiche che colpiscono le cellule tumorali, mentre l’altra parte può essere una componente di tipo proteico oppure recettoriale, in grado di legarsi specificatamente ad un target, insomma una molecola in grado di riconoscere le cellule tumorali. In pratica, è una terapia specifica a bersaglio che, in genere, si associa a quella che oggi noi chiamiamo medicina di precisione. Oggi, infatti, siamo in grado di capire esattamente quale elemento biologico colpire e possiamo farlo utilizzando i radioligandi.

Tra l’altro è un avanzamento frutto anche dell’ingegno italiano.

Sicuramente è un frutto dell’ingegno italiano e ovviamente anche europeo. Pensiamo al passato, quando abbiamo applicato le prime terapie per il trattamento dei tumori differenziati della tiroide. Però negli ultimi anni l’evoluzione è stata veramente molto rapida e ha portato all’utilizzo di queste molecole, che sono tante, nella pratica clinica in alcune patologie, soprattutto quelle più rare. Quindi la grande sfida dei radioligandi è partita qualche anno fa, ma adesso è in completa evoluzione e in totale sviluppo.

Possiamo dire che i radioligandi sono parte di una nuova branca della medicina: la teragnostica. Ci può spiegare di che cosa si tratta?

In realtà, lo dice la parola stessa: si unisce la parte di terapia e la parte diagnostica. Quello che facciamo non è altro che vedere grazie alla diagnostica dove trattare, e farlo grazie all’utilizzo di farmaci che vanno a focalizzarsi proprio là dove ci è stato indicato. Sembra quasi futuristico riuscire a vedere quello che abbiamo al nostro interno e a colpirlo con precisione. Ma oggi questo è realizzabile grazie, appunto, ai radioligandi. Quando parliamo di questa abbinata di diagnostica e terapia, dobbiamo pensare a farmaci che hanno lo stesso target biologico; l’elemento che cambia è il radioisotopo: siamo in grado di utilizzare radioisotopi specifici per la diagnostica e radioisotopi specifici a fini terapeutici.

Passiamo proprio al target. Per quali tumori è indicata la terapia con radioligandi e in che direzione sta andando la ricerca?

Oggi la terapia con radioligandi è una realtà per i tumori neuroendocrini e per il tumore della prostata, precisamente nei pazienti con forme metastatiche e resistenti alla castrazione. Ma ovviamente gli scenari clinici in cui questo tipo di terapia è applicabile sono molti: pensiamo al tumore del polmone, a quello della mammella, al tumore del pancreas, al colon. Quindi tante tipologie differenti.

Lei ci ha spiegato che si tratta di terapie complesse anche da somministrare. Sul fronte delle strutture e degli operatori qual è la situazione in Italia? Ci sono abbastanza centri e operatori specializzati?

Questa è una tecnologia utilizzabile principalmente in strutture attrezzate con un armamentario specifico. Quindi sicuramente strutture di medicina nucleare dotate di alcune apparecchiature che consentano il ricovero e la cura di questi pazienti. In Italia ci sono le competenze, ma non ce ne sono abbastanza. In questo momento si contano 35 centri italiani in grado di erogare prestazioni di teragnostica. In uno scenario di evoluzione tecnologica, probabilmente occorrerà implementare le possibilità per tutto il territorio nazionale, nell’ottica di una maggiore equità e accessibilità ai trattamenti in tutta la Penisola. Inoltre, per garantire un accesso equo e omogeneo a quest’innovazione, serve avere anche un numero adeguato di specialisti in medicina nucleare in grado di sfruttarle al massimo per ottenerne tutti i benefici.

Il medico nucleare, infatti, ha un ruolo attivo e sostanziale nella cura del paziente, non si limita alla diagnostica. Questo perché, con la medicina nucleare, diagnosi e terapia viaggiano insieme e c’è la possibilità di integrare l’attività clinica alla ricerca scientifica. È fondamentale, quindi, continuare a formare un gran numero di giovani che occuperanno un ruolo chiave nel futuro del nostro sistema sanitario

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