Lavoro, i benefici della riflessione di gruppo

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Introspezione. C’è bisogno di riflettere. Da soli e insieme al team di lavoro. Per ottenere i migliori risultati in termini professionali, pare essere questo il “leitmotiv” che accompagna il singolo e la squadra nella ricerca delle migliori prestazioni. Oltre che, aggiungiamo, per limitare i potenziali danni da burnout.

A offrire questa chiave di lettura, che vede nella capacità di riflettere una via di sviluppo personale e di gruppo valida ed efficiente, è un’originale ricerca che ha puntato l’attenzione proprio sui rischi di conflitto tra desideri e ambizioni del singolo versus bisogni e necessità del team, provando ad offrire soluzioni in grado di conciliare al meglio questi aspetti che a volte non riescono ad essere convergenti.

Perché a volte, nonostante le iniziative di “Team Building”, può sembrare un’impresa trovare la quadra tra i singoli membri e i bisogni del gruppo in termini di crescita e una valida percezione di sé del singolo.

La ricerca, condotta da un’equipe internazionale coordinato da Emma Nordbäck, della Hanken School of Economics e Niina Nurmi dell’Università di Aalto, è apparsa su Journal of Organizational Behavior. Ed è la prova che, attraverso un approccio scientifico, si possono limitare i rischi di individualismi eccessivi nell’ambito di un’organizzazione senza necessariamente spegnere il valore del singolo, per trovare quel “giusto mezzo” che dovrebbe diventare la naturale contromisura per ridurre i pericoli che il team non cresca e che il singolo entri in un pericoloso vortice di burnout.

L’analisi ha preso in esame una settantina di persone facenti parte di 12 diversi modelli organizzativi, in epoca di Covid-19, quindi con tutte le complessità del periodo. Grazie a questionari autocompilati dai partecipanti si sono definiti l’impegno del singolo ed il rischio burnout, oltre alla percezione di realizzazione del gruppo di lavoro e al valore più o meno positivo dei rapporti interpersonali tra i costituenti della struttura operativa.

I risultati, analizzati dagli esperti, lasciano davvero spazio a mille diverse interpretazioni. Ma soprattutto confermano quanto esista una differenza tra squadra e singolo, in termini di bisogni percepiti. I team e i loro componenti hanno infatti bisogno di risposte diverse.

E gli studiosi non negano che molti dei partecipanti allo studio abbiano dato priorità alle proprie esigenze senza riguardo per il benessere del gruppo, con un impatto negativo sul morale e sull’impegno del team stesso. Ma dall’indagine emerge anche il contrario. E cioè che a volte c’è il rischio di “annullarsi” anche in termini di benessere psicofisico del singolo perché l’equipe abbia successo. Il che, se si entra in una dinamica fuori controllo, può anche condurre al rischio di burnout.

Come rispondere a queste innegabili divergenze, che a volte possono anche rimanere celate nell’ambito di indagini condotte sul benessere della popolazione aziendale, sia come singoli componenti che come gruppi di lavoro?

Probabilmente le strategie più efficaci, almeno a detta degli studiosi, passano attraverso un percorso di riflessione che coinvolga non solo il singolo ma anche la squadra. Chiedersi con attenzione cosa si sta facendo e poi condividere, insomma, potrebbe risultare utile non solo per slatentizzare eventuali malesseri professionali della persona, ma anche per evitare di sentirsi poco connessi come team.

D’altro canto, trovare il giusto mezzo per favorire la sopravvivenza ottimale delle organizzazioni non appare semplice, visto che sempre di più ci si orienta verso l’individuo, quando invece occorre trovare il giusto mezzo tra singolo e team.

La condivisione, che passa attraverso lo scambio di pensiero e di obiettivi, può rappresentare la ricetta per raggiungere i migliori risultati. Senza “bruciare” nessuno. Per i leader, insomma, si tratta di un impegno. Da non sottovalutare. Che va decodificato in termini di ascolto, ricezione e risposta. Per favorire il benessere di ognuno e la crescita del gruppo di lavoro.

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