Salute e Ssn, cos’è che non funziona per gli italiani

lista d'attesa salute
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Se guardiamo alla salute, potremmo dire che tutto sommato gli abitanti della Penisola non se la passano poi troppo male: sei italiani su 10, infatti, si sentono in buona salute e poco più di 2 su 10 addirittura molto bene (altrettanti lamento uno stato di salute non ottimale).

In generale, poi, gli italiani ritengono di essere in grado di gestire la propria salute in modo efficace (67%). Quando però guardiamo al Ssn (Servizio sanitario nazionale), emerge una generale insoddisfazione.

Nel mirino (e non è una sorpresa) le liste d’attesa, ormai insostenibili (per 9 su 10), e le difficoltà di accesso alle visite specialistiche. Così, in barba alle polemiche su dati e numeri, sette italiani su 10 ritengono che il Governo debba investire di più nella sanità pubblica. I risultati dell’indagine di EngageMinds HUB, il Centro di ricerca dell’Università Cattolica campus di Cremona, arrivano nello stesso giorno dell’ultimo report Gimbe, che ancora una volta accende i riflettori proprio sulla spesa sanitaria.

Nel prossimo futuro, lamenta la Fondazione presieduta da Nino Cartabellotta, scenderà il rapporto spesa sanitaria/Pil: dal 6,3% nel 2025-2026 al 6,2% del 2027. E questo, secondo il documento, mette a rischio la tenuta del sistema. “Rispetto alle previsioni di spesa sanitaria sino al 2027, il Def 2024 certifica l’assenza di un cambio di rotta e ignora il pessimo stato di salute del Ssn, con conseguenze che condizionano la vita delle persone, in particolare delle fasce socio-economiche più deboli e delle persone residenti nel Mezzogiorno”, dice Cartabellotta.

Il problema della sanità pubblica

Il male del Ssn è chiaro: i tempi di attesa per una prima visita sono troppo lunghi (per 88% degli italiani), e questo sia per esami diagnostici specifici o di controllo (85%), che per eventuali interventi chirurgici (84%). Così non resta che metter mano al portafogli, rivolgendosi alle strutture private.

Specialista cercasi (disperatamente)

E ancora: quasi 7 connazionali su 10 considerano difficile reperire uno specialista, mentre 5 su 10 lamentano di non riuscire a trovare sempre medici competenti. Così forse non stupisce che se il 49% ripone piena fiducia nel Ssn, il 51% non si fida più. Quasi 8 italiani su 10 sono critici sulla qualità del sistema sanitario regionale (9 su 10 se si guarda a quello nazionale).

Rispetto alle difficoltà sui tempi di prenotazione, inoltre, le donne manifestano maggiormente questo disagio (90%), forse – ipotizzano gli autori – perché tradizionalmente sono loro a farsi maggiormente carico delle iniziative di cura della famiglia. A seguire troviamo gli abitanti di Sud e Isole (90%), gli over 59 (94%) e i malati cronici (95%).

E i medici?

Altro tasto dolente: non per tutti il personale sanitario risponde adeguatamente alle esigenze, mentre il Ssn non sta al passo con le richieste dei cittadini. La survey mostra una spaccatura tra gli italiani per quanto riguarda la percezione della competenza dei medici: più critiche le donne (55%), coloro che si orientano politicamente a destra (59%) e chi ha già una bassa fiducia nel Ssn (54%).

Come sottolinea Guendalina Graffigna, direttrice di EngageMinds Hub dell’Università Cattolica, i risultati “tratteggiano il quadro di un cittadino sempre più attento alla sua salute e proattivo nella gestione della cura, le cui aspettative di engagement nel percorso sanitario sono in qualche modo frustrate dall’esperienza di un personale sanitario non sempre disponibile o pronto a cogliere anche questa nuova dimensione partecipativa e psico-sociale del paziente”.

La barriera del silenzio

Ma il silenzio è difficile da rompere. Quando rilevano sintomi che ritengono inusuali o variazioni nel loro stato di salute, solo 4 connazionali su 10 ne parlano con il medico. Per lo più lo fanno gli anziani (68%), ma anche chi ha fiducia nel Ssn (73%) e nella ricerca scientifica (65%). Inoltre il 47% degli italiani non condivide con i medici di famiglia le preoccupazioni sul proprio stato di salute. Insomma, su questo fronte c’è parecchio da fare.

Dove investire?

Stando così le cose, oltre 7 italiani su 10 ritengono che il Governo debba investire più risorse sul sistema sanitario pubblico, mentre solo 2 connazionali su 10 pensano che sia meglio farlo nel privato. Mentre 8 su 10 sono sfiduciati sull’impatto reale del Pnrr in materia.

Dal canto suo, Gimbe propone di aumentare progressivamente la spesa sanitaria, con l’obiettivo di allinearla entro il 2030 alla media dei Paesi europei, rilanciando le politiche del personale sanitario, l’erogazione uniforme dei Livelli Essenziali di Assistenza e l’accesso equo alle innovazioni.

Lo sappiamo, la coperta è corta. Ma in questi anni difficili gli italiani si sono resi conto dell’importanza della salute (e della fragilità del Ssn). La sensazione è che, dopo decenni di tagli, siamo arrivati a un momento decisivo per il futuro della sanità pubblica. Le decisioni prese adesso potranno fare la differenza, plasmando la realtà di domani.

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