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AI: sarà la chiave per fermare l’antibiotico resistenza

antibiotici superbug
Adyen Articolo
Velasco25
Una “pandemia silenziosa” che minaccia di riportarci a un’era pre-antibiotica, un’epoca in cui infezioni comuni e semplici interventi chirurgici potrebbero tornare a essere letali.Parliamo dell‘antibiotico resistenza. Ma la soluzione decisiva contro questa minaccia può arrivare dall’AI (intelligenza artificiale).
A suggerirlo è l’articolo pubblicato dal gruppo di ricerca Gabie su ‘Antibiotics’, un lavoro che offre una prospettiva innovativa ma pragmatica: sfruttare l’AI per vincere una battaglia che la medicina tradizionale sta perdendo.

Le potenzialità dell’AI contro i superbug

“Uno degli aspetti più rivoluzionari dell’AI – sottolinea Massimo Ciccozzi dell’Università Campus Bio-Medico, che insieme a Francesco Branda (Campus Bio-Medico di Roma),  e Fabio Scarpa (Università di Sassari) ha promosso il nuovo hub dell’epidemiologia Gabie – è la capacità di analizzare grandi volumi di dati in tempi brevissimi. Mentre un laboratorio tradizionale impiega giorni per identificare un batterio resistente, gli algoritmi di deep learning possono farlo in poche ore, semplicemente analizzando immagini microscopiche o sequenze genomiche”.
Parliamo di un cambio di paradigma che potrebbe salvare vite umane, specialmente in contesti critici come le terapie intensive o i Paesi a risorse limitate. Ma c’è un problema: “Se un algoritmo sbaglia, chi è responsabile? E come possiamo garantire che questi strumenti funzionino altrettanto bene in un ospedale africano come in uno europeo? La mancanza di dati diversificati nei set di addestramento rischia di creare disuguaglianze nell’accesso a queste tecnologie“, avvertono i ricercatori.

Stop alle terapie empiriche

Oggi molti antibiotici vengono prescritti empiricamente, senza sapere con certezza se funzioneranno. L’AI promette di cambiare le cose “grazie a sistemi di supporto alle decisioni cliniche che incrociano dati del paziente, resistenze locali e letteratura scientifica in tempo reale.
Esempi come la gestione ottimizzata della vancomicina o dell’amikacina mostrano come dosaggi tailor-made possano ridurre tossicità e resistenze”, affermano i ricercatori.

La sfida

Eppure l’AI non è per tutti: questi sistemi richiedono infrastrutture digitali avanzate e medici formati ad hoc. Senza investimenti nella digitalizzazione degli ospedali e nella formazione, “rischiamo di creare un divario tra chi ha accesso a queste tecnologie e chi no”, dicono gli studiosi.
Scoprire nuovi antibiotici è un processo lento e costoso, tanto che molte aziende farmaceutiche negli anni hanno abbandonato il settore. L’AI sta invertendo questa tendenza: algoritmi come DeepARG identificano geni di resistenza in metagenomi, mentre modelli generativi progettano molecole in silico prima ancora che vengano sintetizzate in laboratorio. È un’accelerazione senza precedenti, che potrebbe ridurre i tempi (e i costi) della ricerca farmacologica.

Chi controllerà queste tecnologie?

Ma se l’AI diventa lo strumento principale per lo sviluppo di antibiotici, il rischio è che il know-how si concentri in poche mani, rendendo i farmaci meno accessibili. “Servono modelli di condivisione dei dati e collaborazioni internazionali, come già avviene per il sequenziamento genomico dei patogeni”, dicono i ricercatori, convinti che l’entusiasmo per l’AI non deve far dimenticare i suoi limiti.
Un errore potrebbe portare a terapie sbagliate. Inoltre, i dati usati per addestrare l’AI spesso riflettono disparità geografiche o demografiche: un algoritmo sviluppato in Europa potrebbe non funzionare altrettanto bene in Asia o Africa.

I tre pilastri per l’AI

Gli esperti indicano tre pilastri ‘guida’:
• Trasparenza.
• Equità: creazione di dataset diversificati e inclusivi.
• Regolamentazione: linee guida chiare per l’approvazione di algoritmi in ambito clinico.
Il lavoro dei ricercatori di Gabie delinea un futuro in cui l’AI si rivelerà un alleato indispensabile contro la resistenza agli antibiotici. Ma la tecnologia da sola non basta: serve un approccio One Health, che integri davvero il benessere degli esseri umani, degli animali e dell’ambiente, insieme a politiche globali per ridurre l’abuso di antibiotici negli allevamenti e nella medicina.
“L’AI è come un bisturi affilatissimo: può curare o tagliare male, dipende da chi lo usa. Per questo serve una governance globale, prima che la resistenza ai farmaci diventi una pandemia impossibile da fermare”, concludono gli autori.
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