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Tumore: 3,7 mln di italiani vivono dopo una diagnosi, le sfide

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Adyen Articolo
Velasco25

Il progresso della medicina, la corsa dell’innovazione, l’AI e le terapie di precisione si traducono in una maggior sopravvivenza al tumore. Ma per gli italiani – sempre più numerosi – che vivono con una diagnosi, le sfide non mancano.

A metterle in fila, raccontando anche le importanti novità per quanti convivono con queste malattie, è la Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia), che ha presentato il 17° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, nell’ambito della XX Giornata nazionale del malato oncologico, promossa insieme alle centinaia di associazioni federate.

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Tutti i numeri degli italiani con tumore

Partiamo dai numeri: in Italia 3,7 milioni di persone, il 6,2% dell’intera popolazione, convivono con una diagnosi di tumore. Il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi e almeno 1 paziente su 4 è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può ritenersi guarito. Progressi inimmaginabili fino a qualche anno fa.

Tutto bene allora? Non proprio, ma qualcosa – anche dal punto di vista dell’organizzazione del sistema delle cure – sta cambiando in meglio. E questo proprio grazie alle associazioni di pazienti, che rivendicano un ruolo da protagonisti. Uno spartiacque è la legge di Bilancio per il 2025 (legge 30 dicembre 2024, n. 207): sancisce in modo esplicito il principio della partecipazione delle organizzazioni dei pazienti alle funzioni strategiche del Servizio sanitario nazionale.

La norma apre la strada al coinvolgimento strutturale e istituzionalizzato delle associazioni all’interno delle reti oncologiche regionali (Ror), secondo il modello delineato da Favo  insieme ad Agenas.

Cosa manca e le novità in arrivo

“Con la legge di Bilancio per il 2025, le organizzazioni dei pazienti e le loro federazioni diventano parte attiva del sistema sanitario – spiega Francesco De Lorenzo, presidente Favo – La presenza delle associazioni nelle Ror grazie a Favo è ormai da anni un elemento riconosciuto come essenziale. Ma vogliamo continuare la nostra battaglia per il consolidamento delle reti, per rispondere alle principali criticità dell’oncologia: inappropriatezza, tempi di attesa, disuguaglianze“.

“Esistono ancora disomogeneità tra le Regioni – rileva De Lorenzo – e non tutte le Reti oncologiche presentano lo stesso livello di coinvolgimento delle associazioni. Permangono anche difficoltà di natura burocratica, perché talvolta i processi di partecipazione sono complessi e poco accessibili alle associazioni più piccole”.

“Quasi un anno fa ho avuto l’onore di annunciare l’intesa raggiunta con le Regioni per l’istituzione del Cro – aggiunge Americo Cicchetti, direttore generale della Programmazione del ministero della Salute – Dopo un (troppo) lungo percorso di revisione, sono lieto di annunciare che il nuovo Dm è stato adottato dal ministro Schillaci il 10 aprile 2025 e che a brevissimo – dopo la registrazione presso la Corte dei conti attesa a giorni – potremo convocare la prima riunione”.

Questione di finanziamenti

C’è poi, naturalmente, la questione dei soldi. “L’Italia ha avviato il Piano nazionale, ma senza prevedere i finanziamenti. I 10 milioni messi sono pochi, vuol dire 1,3 milioni per la Lombardia e 270mila euro per la Basilicata. O si investe in sanità o ci accontentiamo di piccoli rimedi. L’ideale era prendere le risorse dal Mes”, dice all’Adnkronos Salute Francesco De Lorenzo. “La comunità oncologica di cui facciamo parte ha indicato le linee guida, ma non ci sono i finanziamenti. Non ho visto neanche un impegno delle opposizioni, le responsabilità sono un po’ di tutti”.

E non è tutto: i bisogni dei pazienti con un tumore “sono in continuo cambiamento, dal punto di vista quantitativo e qualitativo – ricorda Francesco Perrone, presidente Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) – Siamo passati da una fase quasi esclusivamente ospedaliera ad attività che interessano e si integrano con l’assistenza territoriale. Una nuova organizzazione più performante per l’oncologia è richiesta anche da valutazioni epidemiologiche, con l’aumento progressivo dei casi prevalenti, l’incremento dei pazienti cronici sottoposti frequentemente a nuove terapie orali a domicilio, dei pazienti anziani complessi con multi-patologie concomitanti e dei guariti. La Rete Oncologica Regionale è riconosciuta come il modello organizzativo più indicato per la presa in carico dei pazienti oncologici, così complessi e diversificati nei loro bisogni assistenziali”.

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La spesa e il volume dei ricoveri in mobilità effettiva costituiscono una quota significativa per l’Italia, con un totale complessivo di 2 miliardi di euro nel 2022.

“Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, nel 2022, sono risultate le Regioni più attrattive, anche per le patologie oncologiche, assorbendo il 56% dei ricavi complessivi di mobilità attiva”, spiega Carmine Pinto, Coordinatore della Rete Oncologica dell’Emilia-Romagna. “È indispensabile oggi, per permettere l’accesso a servizi di qualità ed in tempi adeguati, una migliore organizzazione e implementazione dei percorsi assistenziali, della gestione delle cronicità, dell’assistenza ospedaliera e territoriale”.

Il nuovo ruolo delle associazioni di pazienti

Come ricorda Elisabetta Iannelli, segretario Favo, “la legge di bilancio per il 2025 individua uno spazio di intervento non in favore della generalità degli enti del non profit, ma circoscritto a categorie ben definite: le associazioni di pazienti, i gruppi da esse costituiti e le relative federazioni. La prossimità quotidiana con i malati, con le loro famiglie e con i caregiver consente a queste realtà di monitorare e valutare, direttamente nei contesti di cura, l’efficacia complessiva degli interventi sanitari e assistenziali, anche attraverso parametri non clinici. Tra questi, assumono rilievo particolare la qualità della vita, le dimensioni sociali della malattia e le condizioni materiali ed emotive che accompagnano il percorso di guarigione. L’oncologia è uno degli ambiti clinici in cui l’associazionismo ha raggiunto un elevato grado di competenza progettuale, consolidando un ruolo attivo e riconosciuto nei processi decisionali”.

In collaborazione con Agenas, Favo ha predisposto un documento, attualmente in fase di revisione finale per l’approvazione in Conferenza Stato-Regioni, che delinea un processo di “istituzionalizzazione” delle associazioni di pazienti per favorirne una partecipazione trasparente e realmente capace di incidere sull’efficienza e l’efficacia delle Reti Oncologiche Regionali. “Si tratta di una sfida cruciale, che può essere vinta solo potendo contare su un impegno continuativo per la qualificazione delle competenze”, conclude De Lorenzo.

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