Tumore al pancreas: Aifa e il caso olaparib

Brca
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La morte a 58 anni dell’ex calciatore Gianluca Vialli, a cinque anni dalla diagnosi di un tumore al pancreas, ha rilanciato il caso legato al farmaco olaparib, un medicinale autorizzato come terapia di mantenimento per un particolare tipo di pazienti (ma non rimborsato in Italia).

Fortune Italia ha deciso di analizzarlo con l’aiuto di Giampaolo Tortora, direttore del Comprehensive Cancer Center del Gemelli e Ordinario di Oncologia all’Università Cattolica, e di Piero Rivizzigno, presidente dell’associazione Codice Viola (che rappresenta i pazienti con cancro del pancreas).

“L’Italia è fanalino di coda su questo aspetto, perché negli altri Paesi il medicinale viene regolarmente somministrato”, sottolinea Tortora. Ma cerchiamo di capire meglio il problema.

La storia

Quella di olaparib è una storia molto particolare: il farmaco, già impiegato contro il tumore dell’ovaio e del seno, si è dimostrato utile nelle persone con cancro al pancreas portatrici della mutazione Brca – i famosi ‘geni di Angelina Jolie’ – tanto da essere stato autorizzato come terapia di mantenimento da Fda (Food and Drug Administration) ed Ema (European Medicine Agency), mentre l’Aifa ne ha deciso la non rimborsabilità.

Risultato? In Italia il farmaco è prescrivibile, ma il paziente deve sostenerne il costo, pari a circa 4mila euro al mese. La decisione di Aifa era arrivata qualche mese fa come una doccia fredda, suscitando le proteste delle associazioni di pazienti, ma anche degli oncologi. Circa 230 specialisti di tutta Italia avevano firmato un appello indirizzato al presidente dell’Aifa, Giorgio Palù, su iniziativa della task force oncologica dell’Aisp, Associazione italiana studio pancreas. Nel frattempo, però, nulla è cambiato.

Così in questi giorni Aifa, dopo il rinfocolarsi delle polemiche – dal momento che le opzioni disponibili contro questo tumore non sono molte – ha ribadito la sua decisione in una dichiarazione, ricordando che la non rimborsabilità era stata stabilita dalla Commissione Tecnico Scientifica (Cts) “al termine di un lungo iter valutativo”.

La posizione dell’Agenzia del farmaco

“Alla fine del lungo iter valutativo e dei numerosi approfondimenti effettuati, e in linea con il parere unanime del Comitato Consultivo Area Oncologica dell’Aifa, la Commissione Tecnico Scientifica (Cts) – scrive l’Agenzia sul suo sito – ha stabilito che il farmaco non poteva essere ammesso alla rimborsabilità in quanto non aveva dimostrato né di prolungare la sopravvivenza né di migliorare la qualità della vita dei pazienti”.

Dunque, “pur riconoscendo l’elevato bisogno terapeutico correlato a questa patologia”, la Cts ha ritenuto che “l’inevitabile aggravio di tossicità legato al trattamento non fosse compensato da un beneficio clinico sufficiente”.

La parola ai pazienti

Basta parlare con un paziente in terapia, per constatare come le cose non stiano proprio così. “La tossicità è incomparabilmente minore rispetto al platino – sottolinea Piero Rivizzigno, presidente dell’associazione Codice Viola – Stiamo parlando di un farmaco protagonista di uno studio randomizzato di Fase III pubblicato sul ‘New England Journal of Medicine’. Obiettivo dello studio era dimostrare che, con olaparib, ci fosse un miglioramento del periodo libero da progressione della malattia, e questo è stato provato con chiarezza. Il farmaco dà una sopravvivenza migliore, con meno tossicità”.

Oltretutto olaparib si assume per bocca, in pastiglie, semplificando le cose a chi deve assumerlo. “Dopo la decisione di Aifa, solo i pazienti che avevano già iniziato la terapia hanno potuto proseguirla. Adesso il risultato è che per avere il farmaco, prescrivibile, i pazienti stanno andando all’estero per comprarlo là dove trovano sconti. Non solo: in alcune regioni l’ospedale, dopo il via libera del comitato etico, si fa carico del costo del prodotto, mentre in altre questo non succede”. Dunque c’è anche un problema di diseguaglianze. “Questo fa veramente male”, dice Rivizzigno.

Cosa ci dice la ricerca

“E’ da poco uscito un aggiornamento dello studio sul ‘Journal of Clinical Oncology “, racconta l’oncologo Giampaolo Tortora, che conosce bene olaparib per aver firmato anche il primo lavoro, insieme a numerosi colleghi fra i quali l’italiano Michele Reni.

“Nel primo studio i dati sulla sopravvivenza libera da malattia erano molto forti, mentre quelli sulla sopravvivenza globale (che però non era l’endpoint primario) non mostravano benefici particolari. Questo ha portato le autorità italiane a prendere quella decisione. Noi oncologi però, insieme alle associazioni dei pazienti, avevamo obiettato che in un tumore come questo, in cui la sopravvivenza è breve e i periodi di benessere prima che la malattia si ripresenti sono molto ‘pesanti’, l’spetto della sopravvivenza libera da malattia fosse estremamente importante”.

In questo secondo studio “abbiamo valutato una serie di altri obiettivi”, racconta Tortora, tra i quali l‘intervello tra olaparib e la ripartenza della malattia, ovvero il periodo in cui il paziente non deve fare una nuova chemioterapia. “Parametri secondari, ma che per i pazienti contano, eccome. Ebbene, i risultati sono tutti molto significativi e gli obiettivi sono stati centrati”. Quindi olaparib ha confermato il suo effetto nel prolungare l’intervallo libero da malattia, oltre ad altri importanti fattori. “A fronte, oltretutto, di una tossicità modestissima”.

“Nelle conclusioni – dice l’oncologo – scriviamo che, sebbene non siano stati riscontrati benefici significativi nell’overall survival, lo studio ha evidenziato benefici clinicamente significativi” quanto agli altri obiettivi, “anche in termini di sopravvivenza per un sottogruppo di pazienti che ha avuto una durata della risposta importante. Dati che dovrebbero spingere Aifa a una revisione della decisione”, auspica Tortora. 

L’impatto economico

Oltretutto il peso di questa terapia sul Ssn sarebbe estremamente esiguo: olaparib è indicato per i pazienti con Brca mutato, “che sono meno del 10% del totale di quelli con tumore del pancreas. Inoltre quelli che hanno avuto un beneficio con il platino e dunque potrebbero accedere a olaparib sono ancora meno. Parliamo di spese davvero ridotte”, aggiunge Tortora.

Infine “non tutti i pazienti con tumore del pancreas vengono sottoposti al test per rilevare la mutazione Brca. Quindi i potenziali benefeciari della terapia sarebbero anche meno”, conclude Rivizzigno, precisando che oltretutto “il fornitore non è mai arrivato a parlare dell’aspetto economico”.

Chissà se tutti questi elementi, insieme alla voce di oncologi e pazienti, spingeranno l’Agenzia a rivedere la propria posizione.

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